Eccomi, finalmente! Vi ho trascurati tutti, sciagurata che sono! Devo ancora rispondere ai commenti del fantastico trio di ultimi carissimi amici che mi hanno scritto nel post precedente: lo farò quanto prima, giuro! Per ora li saluto qui: Ambra, Bruno, Sandra, vi mando tutto il mio autentico affetto!
E' che sono stata molto occupata con una mia nuova idea che mi ha assorbito completamente, data la bambina che sono.
Perché questo mi è successo in questi giorni, ad andare da mercoledì scorso in poi.
"Volta la pagina, la puoi voltare": Martina la racconta, questa sua e forse anche altrui esortazione a se stessa, per qualcosa di profondamente serio, profondamente incidente sulla sua vita.
Io questa esortazione me la sono fatta per mesi per una faccenda molto meno importante, molto più risibile di qualsiasi concreto vissuto. Ma non meno dolorosa. Perché, pur riguardando un avvenimento in sé inconsistente, è stata in grado di riattivare tutti i dolori pregressi della mia vita.
(La causa di questo effetto: solo questo mi resta da capire. Ma sarà un percorso che farò autonomamente, per me stessa, perché riguarda solo me e non coinvolge nessun altro.)
Ho sofferto tanto, ormai è di pubblico dominio, per una persona, che è entrata nella mia vita prepotentemente, attaccandosi a me per sua necessità temporanea, e poi ne è uscita, altrettanto prepotentemente, senza preavviso.
Una persona che ho conosciuto sul web e poi ho frequentato anche nella realtà.
Fino a che non mi ha mollata.
Sì, signori. Sono stata mollata. Non ho vergogna ad ammetterlo.
E ho patito la sua mancanza stando male come un cane per tanto, tanto tempo.
Tutti mi dicevano "volta pagina!"; io stessa avrei dato l'anima per farlo: ma non mi riusciva. Ho pianto, spinto, tirato, riflettuto, cercato di farmene una ragione, argomentato, protestato, ingiuriato, poi ho pure taciuto, tentando di chiudere i contatti, di fare tabula rasa. Ma ero impaludata in una melassa vischiosa che mi aveva avviluppato e mi faceva soffocare, sprofondandomi sempre più giù in un abisso di malinconia, desolazione e disperazione.
Finché, improvvisamente, in occasione del mio compleanno, questa persona si è rifatta viva, in qualche minima maniera. Che era solo un manierismo. Ma a me lì per lì è sembrato di rinascere, per la speranza che quest'occasione pareva offrirmi di riappropriarmi del suo affetto.
Forse c'era stato solo un brutto equivoco, tra noi, come diceva lei, che attribuiva a me la rottura. Incomprensioni che potevano sanarsi.
Nel giro di pochissimi giorni ho finalmente capito la verità. L'ho assorbita dai pori della pelle, mi è penetrata nella carne, non solo nella testa, dove avevo cercato di conficcarla invano per tutti questi mesi addietro.
L'ho captata da una sua telefonata, mercoledì scorso. Una telefonata fatta per prassi, per buona creanza. Dove si sentiva dalla sua voce il fastidio, l'assenza di interesse e di ogni minimo sentimento in lei per me.
E' stato come se finalmente mi cadesse un velo dagli occhi. E mi sono liberata.
Questa persona non esiste. E' aria. La relazione tra noi due, il suo bene, sono state tutte proiezioni della mia mente riflesse sullo spazio bianco che costituisce tutta la sua essenza.
E' vuota. E' un fantasma. Uno dei tanti che circolano qua dentro, e che si alimentano della vita degli altri, arraffando quello che trovano, senza manco stare ad andare per il sottile, senza discernere, senza nemmeno vagliare in base ad un proprio gusto.
Sono capitata io, poteva essere un'altra. Lei non mi ha mai manco vista davvero, non sa chi sono, non si è mai curata di saperlo. Perché tutto ciò che rientra nella sua sfera di interesse è il proprio basico, angusto benessere al grado zero dell'umanità, da procacciarsi in modo lucido e asettico, coattivo, senza odio né amore per l'individuo che va a colonizzare per ottenerlo.
Può una iena uccidere per cattiveria? Per rancore verso la sua preda? Certo che no. Semplicemente, ha necessità di nutrirsi. E' il cerchio della vita. Così va il mondo.
Non aveva dunque intenzione di farmi del male, no no. Non prevede, nelle sue azioni ed intenzioni, conseguenze in bene o in male. Doveva solo soddisfare le sue necessità. Nulla di personale: si è semplicemente nutrita di me in mancanza di pasti più appetitosi. Pure i leoni, quando non trovano carne, mangiano gli insetti. Mi ha assecondato perché non le costava niente. Ha continuato a frequentarmi come ultima spiaggia fino a che non ha trovato qualcosa che fosse meglio - meglio per i suoi standard, ovvio. E quando ha scovato chi era in grado di gratificarla di più nei suoi bisogni primari ha girato i tacchi ed è sparita senza manco darmi il tempo di rendermene conto.
E' una delle tante entità ectoplasmatiche che popolano questi luoghi virtuali. Gente che rovista nel mare della rete come in un cassonetto della spazzatura, sfoglia collezioni di esseri umani come fossero figurine, piglia e lascia le persone come i bambini al supermercato le cose sugli scaffali: vedono le caramelle, prendono quelle. Poi, se trovano i cioccolatini, lasciano cadere le caramelle. Senza riflessione, senza responsabilità. Dei Gurdulù che vanno appresso alle farfalle guidati esclusivamente dall'impulso, dalla volatile voglia del momento. Che passa repentinamente quando è soppiantata da un'altra, e allora si abbandona la precedente senza rimpianti né rimorsi.
Gente che non ha persistenza né consistenza. Che asseconda solo i propri stimoli finché li percepisce, senza scrupoli come può esserlo un neonato, incapace di distinguere il suo sé dal mondo circostante.
E lì ho avuto una folgorazione. Mi son detta, alla maniera di Pirandello: ma allora non è una cosa seria!
Così, dopo tanto penare, mi è venuta la benedetta ispirazione di scherzarci su. Di non pigliarla, e non pigliarmi, sul serio. Che c'è di meglio per ridimensionare una situazione che vederla con umorismo? Con l'umorismo si fa fronte anche alla morte. Campanile docet.
L'idea mi è venuta da una compagna di sventura, diciamo, che giovedì sera, su Twitter, in seguito ad una mia battuta spiritosa ha lanciato un cosiddetto hashtag, ossia, un argomento su cui chiacchierare: "DilloallaCri".
La mattina dopo, assecondando quell'improvvisa ispirazione, ho aperto una pagina su FB che si chiama giustappunto così: DilloallaCri. E ci ho messo come frase di lancio quel piccolo scambio di battute che mi era stato rivelatore, al telefono. (La mia risposta in realtà non m'era venuta subito. Ho dovuto ritelefonarle il giorno dopo per controreplicare.)
- Come va?
- Non mi posso lamentare.
- Ecco perché non mi cerchi più!
Con meticolosità ci ho invitato tutti i miei contatti, ci ho aggiunto un po' di cogestori - un paio amati e assidui frequentatori di questo blogghino - e ho cominciato a scriverci dentro.
Ecco un assaggio dei primi status. Ma nella pagina c'è molto di più.
"Primi rudimenti di apprendistato di laCri: laCri è prevalentemente femmina. Si osservano solo occasionalmente esemplari di laCri maschio. In questi individui il fenomeno è in prevalenza transitorio; mentre una laCri femmina è per sempre, un laCri maschio è sovente interessato da una momentanea ed isolata perturbazione psichica che cesserà al cessare della causa scatenante (una figa di legno o una troia, quasi sempre). Esiste tuttavia una ristretta tipologia di soggetti di genere maschile dove si ravvisa una tendenza laCri radicata e connaturata con intensità pari a quella delle femmine della specie.
Poiché quella tra una laCri e un casoumano è a tutti gli effetti una relazione, occorre, perché la dinamica si dispieghi in tutta la sua armonia e potenza di fuoco, che si sprigioni tra i due attori casoumano e laCri corrispondente una tipica sorta di vischiosa, più (da parte dellaCri) o meno (da parte del casoumano) larvata e ambivalente attrazione. Si è riscontrato che le interazioni più idonee all'armonioso sviluppo della stessa sono quelle formate da una laCri femmina piuttosto maggiore di età del suo casoumano, e da un laCri maschio coetaneo della sua casoumano controparte, con la quale si è incaponito perché, pur essendo tanto bisognosa d'affetto, non gliela dà. Questo perché, laCri femmine o laCri maschi, si ricade comunque nella conditio sine qua non ricordata dal Magnani nel post precedente, peraltro inscritta nel DNA della natura della specie laCri, connotante significativamente il legame ch'ogni laCri instaura con l'esemplare della specie casoumano: laCri è tale solo se va in bianco."
Man mano che scrivevo, ad ogni nuovo pensiero che formulavo, sentivo che mi lasciavo alle spalle un'ulteriore scoria, sedimento, incrostazione, che componeva un guscio di sozze squame le quali, via via che cadevano una dopo l'altra, andavano liberandomi una pelle liscia e vellutata, come stessi rinascendo. E aggiungendo dettaglio a dettaglio ci ragionavo come se fosse la prima volta, e me ne convincevo.
Così la mia paginetta, oltre ad essere un efficace diversivo ai miei pensieri ossessivi, è divenuta una sorta di autoterapia. Che ha contribuito a dare forza allle gambe su cui mi ero appena rialzata.
La dedico a tutte le donne che ho incontrato qui dentro che hanno patito storie simili alla mia. Sono tante. Alcune hanno subito esperienze molto più devastanti e difficili da archiviare. Altre non riescono ancora ad uscire dal gorgo.
Una di loro, domenica, mi ha detto "ti ringrazio, Cri. La pagina mi sta facendo tanto del bene."
Ecco, due cose ho imparato in questi due giorni. Una è che cambiare punto di vista può salvarti la vita. E che riuscire a ridere dei propri guai è un magnifico modo di mutare prospettiva.
L'altra è che sostenersi vicendevolmente moltiplica gli effetti benefici di qualsiasi azione.
Ah, ce ne sarebbe una terza.
Pensando che per contrastare un'attrazione potente occorresse la forza altrettanto potente di un'altra attrazione, disperavo di poter uscire da questa situazione anche per la mia scarsissima propensione a rificcarmi in un ginepraio di dipendenza con un'altra persona.
E invece è stata la creazione di questa pagina l'attrazione potente in grado di controbilanciare con piena efficacia l'altra.
Un perfetto chiodo scaccia chiodo.
Solo che il chiodo sono io.
Ho finalmente sostituito nella mia testa l'immagine costantemente presente di quella persona con una molto più importante: la mia. Invece di appassionarmi ad un altro individuo, mi sono appassionata a me stessa. Invece di chiacchierare, passare il tempo, dedicarmi ad un altro ulteriore da me, ho chiacchierato, passato il tempo, mi sono dedicata a me.
Ho riacquistato forma e dimensione. Le cose intorno a me hanno ripreso densità. Non sono più schiava. Sono libera, signora e padrona del mio cuore e della mia mente. Dove, ho scoperto, c'è un sacco inesauribile di roba interessante, divertente, stimolante.
Che meravigliosa sensazione. Dà senso alla vita, quel senso che temevo di avere perduto.
La auguro a ciascuno di voi, con tutta l'anima.
(Scusate la pessima impaginazione: blogger fa i capricci, e non ho più un amico che mi aiuti a districarmi tra i codici HTML...)
Sei stata bravissima, perché è vero che normalmente solo un'altra attrazione altrettanto potente è in grado di liberarti dalla precedente. Ma tu ce l'hai fatta da sola, senza un aggancio tranne quello di una personalità forte nel senso della capacità di sentire intensamente.
RispondiEliminaNon c'è schiavitù peggiore di quella che crea dipendenza da un'altra persona, perché è rivestita di profumi paradisiaci.
Beh, ripeto, e te lo dico assolutamente convinta e sincera, sei stata bravissima.
Grazie, Ambra :)))
EliminaIn verità non ce l'ho fatta proprio da sola. Non ce l'avrei mai fatta, da sola... Sicuramente il mio istinto di sopravvivenza, un nucleo di energia buona, in me è potente e continua a salvarmi la vita oggi come quando ero bambina: ma è solo un istinto, una molla, non un kit di riparazione completo. Diciamo che forse sono stata brava a cercare di farmi aiutare dove sentivo di non farcela da sola. A pigliarmi gli agganci giusti da varia gente ben selezionata. Anche dall'esposizione alla tua, alla vostra, energia di persone positive, equilibrate, affettive. E siccome so di non esserne veramente uscita del tutto, già ho messo in conto che ci saranno dei colpi di coda che mi causeranno altra sofferenza; ma io so di avere ora un'altra formidabile arma a disposizione: tornare qui a pigliarmi un'incredibile forza, e tanto coraggio, e incrollabile saldezza dal tuo commento :)
Grazie, davvero :*
Che si fotta.
RispondiEliminaOh, sì! Anche perché il contrario sarà difficile...
Elimina\__/ (grandegrandegrande)
Ho voluto leggere questo tuo post tutto d'un fiato tanto che alla fine respiravo a fatica. Ma mi interessava sapere "dove andavi a parare". E ci sei riuscita benissimo. L'"autoterapia" è riuscita
RispondiEliminadove da troppo tempo tu non riuscivi ed infatti hai "voltato pagina"
Ed infatti il post m'è piaciuto come affermi tu.
Riguardo a "DilloallaCri" come già ti ho scritto non metterò la cravatta ma userò il papillon, come molti anni fa così potrò fare il cameriere, niente di più.
Santi numi, Aldo, mi fai sentire responsabile di farti pigliare una sincope :D
EliminaSicuramente questo è solo un primo passo: non è che tutto si risolverà continuando a pigliarmi e pigliarlo in giro su una paginetta di FaceBook... C'è da costruire, da costruirMI, ristrutturarmi. La strada è lunga, bisogna rimboccarsi le maniche e andare avanti. Ma in qualche modo mi sono rimessa in cammino.
Ti ho infilato in mezzo a DilloallaCri senza manco chiederti il permesso, perdonami. E' che mi faceva bene pensare di averti testimone delle mie bravate. E poi, davvero, spererei tantissimo che tu ci buttassi qualche perla della tua caustica, birichina saggezza... ;)
Beh mia cara, sono onorata della citazione... certo, io volta la pagina a cose diverse, non virtuali, ma tant'è che ci sono cascata anch'io in passato, come sai... e questa tua frase devo copiarla e citarla:
RispondiElimina"E' una delle tante entità ectoplasmatiche che popolano questi luoghi virtuali. Gente che rovista nel mare della rete come in un cassonetto della spazzatura, sfoglia collezioni di esseri umani come fossero figurine, piglia e lascia le persone come i bambini al supermercato le cose sugli scaffali"
Quante ce ne sono, vero? Gente che si maschera, dietro pseudonimi e doppie personalità. Si apposta e si nutre delle vulnerabilità altrui.
E non si può insegnare questa cosa, bisogna apprenderla da soli, rimanerci fregati alla grande.
Comunque per me è esperienza passata, le mie pagine ora si voltano per altri motivi, ma mai prendere troppo sul serio queste pagine virtuali... perché tali sono.
Un abbraccio, come sempre.
E' proprio così, esattamente così :)
EliminaTutto il mio lavoro, ora, è concentrato sul voltare pagine di vita reale, grondanti lacrime e sangue ... Ferite autentiche che le pagine virtuali hanno semplicemente stuzzicato e ridestato.
Atto, questo del voltare pagina, che chissà se le entità ectoplasmatiche di cui sopra saranno mai in grado di compiere :D
(ma non è problema che ci riguardi... ^^)
:*
Quoto Dan :-)
RispondiEliminaE io ti rispondo allo stesso modo, con autentico affetto:
Elimina\__/
(Grazie sempre, grazie di tutto :) )
Pure io ho letto il tuo post tutto d'un fiato. La prima volta.
RispondiEliminaLa seconda volta, no. Mi sono soffermato ad ogni capoverso e con lentezza ho sentito affiorare una parola.
"Emblematico"
Nel senso che tutto il post è emblemetico o meglio ancora, "paradigmatico" di un certo modo di cadere e di rialzarsi.
Perchè si può cadere e non capire perchè si è caduti.O cadere e non capire come fare a rialzarsi. Ma qui io ci sento consapevolezza del perchè è accaduto e del perchè oggi nonostante la sofferenza attaversata ne puoi stare fuori.
L'unica obiezione che potrei fare è di evitare di generalizzare. Non è che tutti quelli che scelgono di scrivere o comunicare tramite la Rete siano in un modo più che in un altro.
Ognuno è un mondo a sè. Ognuno è un universo. Estendere a tanti le caratteristiche di un individuo non è mai corretto. Poi è anche vero che la Rete come la realtà di tutti i giorni è fatta di persone profonde e di persone superficiali, di squilibrati e di parassiti e tutto ciò che serve è imparare a vederli per quel che sono, da piccoli segnali che ci mandano. Una volta che si hanno le antennine per individuarli questi soggetti diventano innocui. Li si evita o li si compatisce. In genere sono quelli che ci vogliono usare e subito dopo gettare. E non c'è distinzione di genere, lo fanno gli ometti e lo fanno le donne. Occorre solo affinare le antenne e girare alla larga
Poi tu hai fatto un passo in più, hai trovato che l'ironia, il giocare sia un alleato incredibile per uscire fuori anche dalla amarezza che ce ne viene. E' vero. Accade proprio questo, se siamo capaci di ridere di noi stessi e di chi ci ha fatto soffrire il mondo ci si spalanca e appare più grande, più accogliente, più luminoso e meno cupo. E' la strada per ritrovare la serenità. Per questo credo, dopo averti letto mi è venuta quella parola "emblematica"... perchè è questo la storia che indirettamente ci hai raccontato con estrema lucidità.
Un caro saluto.Carlo
Carlo, grazie: hai detto tutto tu :)
EliminaSolo una precisazione sulla "generalizzazione": generalizzare è un difetto che mi riconosco, e fa parte dell'abituale eccessiva enfasi che metto di norma nelle cose. Ed è vero che il web, come la vita, pullula di persone di ogni tipo, ognuna con le sue proprie caratteristiche. Però, che devo dirti? Sarò stata sfortunata, ma mi pare che la concentrazione di soggetti disturbati, problematici, dannosi, qui dentro sia maggiore. La protezione di uno schermo da una parte incoraggia gente psicotica che però nella realtà sarebbe troppo vigliacca per agire allo scoperto a lanciarsi; dall'altro lato, è lo stesso mondo virtuale a creare, in soggetti predisposti, un progressivo scollamento dalla realtà, che alla fine porta conseguenze perniciose nei soggetti medesimi e in quelli con cui questi si trovano ad avere a che fare. Non ho nostalgie dei bei tempi andati, credo che bisogna sapersi rapportare con questo nuovo modo di comunicare: credo però che dobbiamo, soprattutto quelli come me che sono nati in epoche in cui manco esistevano i videoregistratori, imparare a governarlo, questo processo, e a non farcene travolgere :)
Sono tanto, tanto contenta che tu abbia visto "emblematica" la mia storia. Ne ho ascoltate davvero tantissime, qua dentro, simili alla mia, credimi. E hai ragione tu, superficiali, squilibrati e parassiti si dividono equamente tra ometti e donnine. Difatti io ho usato il termine "persona" per indicare quello con cui ho avuto a che fare io, perché davvero non si tratta di cadere nel solito stereotipo "gli uomini sono tutti stronzi" o "le donne sono tutte puttane". Davvero qui si tratta di qualcosa di molto profondo, che coinvolge due esseri umani e la loro relazione malsana, al di là del genere o dell'orientamento sessuale. Per dire, mi sarebbe potuto capitare lo stesso con una ragazza anziché un ragazzo: avrei provato lo stesso dolore e lo stesso senso di vuoto, poi :)
La cosa dell'ironia è grandiosa. E il tuo è un altro commento che leggerò e rileggerò ogni volta che ne avrò bisogno. Ora ho un altro tesoro a cui attingere. Grazie di cuore, ancora, davvero :)