Caro Arnoldo Foà, come fare a separarsi da te? Tu sei parte dell'immaginario di chiunque, almeno in Italia, sia stato bambino, ragazzo, adulto, dalla prima metà del Novecento in poi. Sei l'indimenticabile malvagio Sir Daniel de La freccia nera, l'ambizioso e ipocrita avvocato Maralli de Il giornalino di Gian Burrasca, sei il capitano Smollet de L'isola del tesoro, sei il magnifico barone di Sigognac del Capitan Fracassa, sei l'inafferrabile ladro, e poi inestimabile compagno di avventure, del sacerdote investigatore ne I racconti di Padre Brown.
Come è possibile conciliare l'idea che il nostro mondo vada avanti, oggi uguale a ieri, con la percezione di ciò che abbiamo perso con la tua dipartita? Chi verrà a colmare, ora, la desolazione del vuoto che fino a ieri era il tuo posto sulla terra?
Nessuno. Ci lasci la tua impronta: un immenso buco non occupabile. Ma un altrettanto immenso tesoro. Di cui ha goduto la moltitudine delle persone che, chi prima chi dopo, tra le sue esperienze di vita, ha avuto la fortuna di vederti recitare: ed è una schiera davvero innumerevole quella che hai accompagnato, arricchito e dilettato, nel corso di una sterminata carriera cominciata ottant'anni fa, e di fatto mai cessata se non con questa definitiva chiusura di sipario.
Chi ha anche avuto il privilegio di sfiorare la tua esistenza racconta di una tua grandezza di essere umano che addirittura travalica quella di artista.
Chi ha anche avuto il privilegio di sfiorare la tua esistenza racconta di una tua grandezza di essere umano che addirittura travalica quella di artista.
I giusti, nella cultura in cui tu sei nato, sono i Gentili che hanno rispetto per Dio, e per i principi etici contenuti nelle leggi a fondamento dell'alleanza del popolo eletto con lui.
Popolo da cui anche tu sei disceso (e origini ingombranti anche per te: nonostante la tua autonomia dalla religione, il tuo professarti ateo, l'appartenenza alla stirpe ebraica per la fanatica tirannia fascista era una macchia che non si poteva emendare, e per questo anche tu subisti l'infamia delle leggi razziali).
Popolo da cui anche tu sei disceso (e origini ingombranti anche per te: nonostante la tua autonomia dalla religione, il tuo professarti ateo, l'appartenenza alla stirpe ebraica per la fanatica tirannia fascista era una macchia che non si poteva emendare, e per questo anche tu subisti l'infamia delle leggi razziali).
Dunque tu, tecnicamente, non puoi essere un Giusto.
Eppure lo sei stato, giusto. Nel modo creativo, ampio, imprevedibile che immagina Borges, e che tu qui reciti.
Eppure lo sei stato, giusto. Nel modo creativo, ampio, imprevedibile che immagina Borges, e che tu qui reciti.
Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere una etimologia.
Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che intuisce un colore e una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.
Sei stato tutto questo e molto di più:
il che dà la misura della straordinarietà della tua persona.
Ti sia lieve la terra. Che per noi, da oggi, senza te, si fa più arida e solitaria.
Prima della televisione, nella mia casa di bambina, c'era un giradischi e la sera ogni tanto il mio babbo ascoltava Arnoldo Foà che recitava il "Lamento per la morte di Ignacio Sanchez Mejias" di Garcia Lorca. Mi faceva piangere quel grido No! Non voglio vederlo! Non voglio vedere il sangue di Ignazio sparso sopra l'arena! La sua voce era magnifica.
RispondiEliminaChe posso aggiungere più di quello che hai già detto tu? Del tuo elogio a questo rimpianto compagno lontano della nostra vita? La tua memoria è ricca, completa e fa onore all'uomo e all'artista. Vorrei solo dire che quelle tue parole"Ora che te ne sei andato ... la tua assenza è pesante" girano nella mia mente ogni volta che qualche personaggio più o meno noto o qualche vicino se ne va portandosi via anche un pezzo della mia vita, quantomeno i momenti in cui io ho parlato di lui o di lei o ne ho visto l'immagine o un film che ha scatenato considerazioni, riflessioni, dolori o entusiasmi nella mia mente. Piano piano la loro assenza riduce la mia vita reale che si contrae su se stessa, stringendomi l'anima.
RispondiEliminaHai scritto un post bellissimo sul grande Arnoldo Foà che mi sarebbe piaciuto scrivere ma non ci sarei mai riuscito. Tu sì, io no.
RispondiEliminaQuello che lasciava stupefatti era la sua versatilità.
E poi il suo tono di voce che tuttora mi risuona nelle orecchie.
Anche quando recitava battute piuttosto lunghe o monologhi, le sue pause parlavano.
Anche questo lutto apre un vuoto, purtroppo, destinato a rimanere tale.
RispondiEliminaCi lasciano uomini e donne che hanno rischiarato le tenebre del secolo breve, con la luce del loro pensiero e delle loro azioni.
All'orizzonte non si scorgono nuove presenze che consolino questo secolo, che rimane ancora "breve".
uomini e attori di altri tempi e di altra tempra
RispondiEliminaE' già da un po di tempo che ho l'impressione, ogni volta che scompare un personaggio di una certa notorietà che ha accompagnato la mia vita, che questo nostro Paese stia perdendo qualcosa di importante e che, alla fine, la nostra sia una civiltà in decadenza (anche perché, nel frattempo, non abbiamo fatto nulla per diffondere una cultura ed arricchirla con nuovi personaggi).
RispondiEliminaHai trovato delle magnifiche parole per ricordare chi era e cosa lascia Arnoldo Foà.
Ciao Cri.
Grazie Cri per questo post. Non avrei saputo scrivere parole appropriate come tu hai fatto per Arnoldo Foà che ho molto amato come attore di grandissimo talento e una voce affascinante.
RispondiEliminaUn abbraccio
Nou
Grazie a tutti voi di aver condiviso con me questo dispiacere, e insieme la gioia della passione per un grande, un altro grande che se ne va, declinandolo in tutte le sfumature possibili, arricchendo a dismisura il mio ricordo di lui, e anche di me stessa bambina.
RispondiEliminaAmbra e Carlo hanno pienamente ragione, nel loro sentire "restringersi" gli spazi vitali, individuali e collettivi, in occasione di dipartite come questa. E' una sorta di contrazione dolorosa di cui ho grande consapevolezza anch'io.
Allo stesso tempo però mi conforta sapere che la sua eredità resta tra noi. E che ci sono ancora tanti uomini e donne come voi che condividono con me il senso di voler testimoniare, in modo nettissimo e profondo, il senso di questa eredità, la sua immensa ricchezza, che si è impressa dentro di noi. Anche questi sono momenti per cui vale la pena vivere. Grazie. :)