giovedì 20 giugno 2013

Miracle of love

"...l’insetto che percorre la superficie… può credere in ogni momento che sia una faccia che non ha ancora esplorato, quella che è il rovescio della faccia che sta percorrendo. L’insetto può credere a questo rovescio, benché di fatto non ci sia… Senza saperlo, esso esplora l’unica faccia che c’è, eppure, in ogni momento, c’è anche un rovescio.”
Leggo Lacan, o, per meglio dire, leggo un saggio su Lacan, oscuro e sconcertante psicoanalista e filosofo francese che mi attira da anni ma di cui solo oggi mi pare di riuscire a capire a tentoni qualcosa, e trovo questo insetto che passeggia sul nastro di Möbius, dove il diritto e il rovescio sono tutt'uno in quanto non esiste un solo punto in cui non si uniscano: l'affascinante immagine che Lacan sceglie per quantificare l'indeterminatezza dei confini della mia soggettività, la continua, incessante, necessaria e mai compiuta ridefinizione della corrispondenza tra la realtà a me esteriore e il mio pensiero intimo su di essa.
Sono io, piccolo insetto Cri, ad affannarmi a battere palmo a palmo un qui che è sempre un altrove inafferrabile che io percepisco solo per contrasto e negazione, eco, orma, traccia di un'assenza, brama, desiderio, nostalgia, specchio, riflesso capovolto di qualcosa che, man mano che avanzo, si sposta, per il mio spostamento - sono io che la allontano, è il mio stesso incedere a provocarne il differimento -, di un nulla più in là, inclina portata, prospettiva, accessibilità di quell'infinitesimo gradiente che è la misura dell'immensità incolmabile dello scarto tra il significante e il significato dell'essere, del mio, essere, ritorto nella torsione primigenia tra i contorni della sua finitudine mortale e l'impalpabile universo che lo circonda e lo invade "fuori" e "dentro" di sé.
Quella quarta dimensione, quel quid inconoscibile, quella discrepanza enigmatica che Shakespeare riempì di metafore meravigliose: "Siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d'un sogno è racchiusa la nostra breve vita", "Tu non hai né giovinezza né vecchiaia, ma un sonnellino pomeridiano nel quale sogni di entrambe", "La vita è un'ombra che cammina, un povero attore che si agita e pavoneggia la sua ora sul palco e poi non se ne sa più niente. È un racconto narrato da un idiota, pieno di suoni e furore, che non significa niente" e che tanti si assoggettano invece dalla notte dei tempi, se ci riescono, a colmare con la fede in una soprannaturale entità creatrice e ordinatrice demandata del senso teleologico in cui poter far riposare la mente inquieta, smarrita, esausta.
Quello squarcio ancestrale, quel trauma incurabile di cui si ammala ogni anima che si segmenta nella coordinate della vita in una nascita, che si guarisce solo con la morte.

Sono quasi giunta al giro di boa, alla canonica, convenzionale metà dell'esistenza. Forse sono anche molto più in là, non lo so, e mentre lo scrivo una strana commozione mi fa pizzicare le narici.
Certo è che tutto quello che solo ieri era ancora progetto da realizzare - studi, lavoro, figli da crescere - l'ho compiuto. Non ho più tutta la vita davanti, il tempo della mia giovinezza è finito, e devo reinventare nuovi motivi, nuovi obiettivi. Stavolta centrati su me stessa.

Probabilmente avrei dovuto farlo anche da prima. 

Intanto tiro un po' di somme, apro le palme e mi guardo cosa ho dentro le mani.
Beh, una nuova consapevolezza: di aver scelto di essere moglie e madre per spostare il fuoco, "di-vertirmi" ovvero distrarmi dalle mie pregresse sofferenze, colmare le mie lacune affettive, specchiarmi negli occhi dei miei figli, dare compagni di giochi alla mia solitaria bambina interiore, nutrire la sua meraviglia delle loro meraviglie, la sua gioia delle loro gioie. Pagando un caro prezzo, non essendo adeguatamente attrezzata all'impegno che mi sobbarcavo, e facendolo pagare anche a loro.
Ma ormai i figli non sono più bambini dipendenti, sono entità adulte, staccate da me, questa brevissima frazione di tempo è passata in un "fiat", mi è scivolata via come acqua tra le dita, e non tornerà mai più.
Così a questa prima consegue la seconda consapevolezza: di essere sola. Di accettare di esserlo, e di esserlo sempre stata. Come peraltro lo sono tutti. Come lo canta Quasimodo: "Ognuno sta solo sul cuor della terra...". 
Percepita, questa solitudine dell'insettino Cri (una formichina, va bene, Jacques? So che tu saresti d'accordo), con una pena così squisita da sbigottirmi e struggermi di tenerezza immensa e dolcissima. Di autentico amore.
La formichina Cri, che nel bagaglio dei suoi ricordi non ha souvenir di un'esistenza grandiosa.
Che non ha mai avuto un grande amore - e probabilmente non l'avrà più, visto che l'unico uomo con cui si senta minimamente in schietta sintonia oggi è il suo maestro jedi, col quale, a prescindere da un'indubbia (e benedetta, per l'efficacia della relazione terapeutica) simpatia reciproca, sussiste un legame forzoso, funzionale, finalizzato, all'interno del quale lui è costretto a non essere spontaneo e incontrollato, e lei ad esserlo troppo - e forse anche quello l'ha fatto per scelta, per proteggere il suo cuore delicato e vibrante, già ammaccato per i colpi presi nell'infanzia, da emozioni troppo violente da sopportare.
Che non ha viaggiato e non ha visto quasi nulla del mondo e delle persone.
Che non ha mai fatto un colpo di testa, non si è mai concessa una trasgressione, mai avuto una minima audacia.
Che non ha realizzato nemmeno una piccola parte delle potenzialità che molti riscontravano in lei, e lei stessa si riconosceva, da ragazza.
Che è sempre stata qui. Tra i libri e la musica e i film e i passatempi - i puzzle, il Mahjong, scrivere scempiaggini - e la sua immaginazione.
Che però ha conosciuto l'altra parte della poesia di Quasimodo, la vertigine della trafittura del raggio di sole, e ancora oggi sa riconoscerla: il calore che l'attraversa, la commozione che le dilata il petto, la dolcezza che le pervade l'anima, una dolcezza di miele che la inonda tutta, e che la convince a vivere, vivere ancora, nonostante tutto, per vedere come andrà a finire la sua piccola avventura su questo pianeta.

"... immagina la tua vita come un grande fiume, e di librarti in volo come un uccello e di osservare questo fiume dall'alto, con le sue anse, ciascuna corrispondente ad un tuo ingorgo, un momento di sofferenza o di vergogna. E osserva che non c'è uno snodo che potresti tagliare senza interrompere il corso del fiume, che ti ha portato alla magia di quest'istante".
Questo non è Lacan, ma mi convince lo stesso.


How many sorrows
Do you try to hide
In a world of illusions
That's covering your mind?
I'll show you something good
Oh I'll show you something good
When you open your mind
You'll discover the sign
That there's something
You're longing to find

The miracle of love
Will take away your pain
When the miracle of love
Comes your way again

Cruel is the night
That covers up your fears
Tender is the one
Who wipes away your tears
There must be a bitter breeze
To make you sting so viciously-
They say the greatest cowards
Can hurt the most ferociously
But I'll show you something good
Oh I'll show you something good
If you open your heart
You can make a new start
When your crumbling world falls apart


16 commenti:

  1. La speranza di una qualche rivelazione finale è la fregatura.

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    1. No, io non penso affatto ad una rivelazione finale: penso solo di voler vedere, giorno per giorno, quello che incontrerò sul mio cammino, e di non volermi perdere niente, attimo per attimo.

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  2. Viviamo in tre dimensioni e la quarta ci appare impalpabile, come un miraggio. Vivessimo in due dimensioni ci apparirebbe impalpabile la terza. Mai letto "Flatalandia"?

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    1. No, ma lo conosco: e a questa cosa che dici ci penso spesso, fin da quando ero bambina...

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  3. Un lacaniano che ha fatto strada:
    http://www.youtube.com/watch?v=b44IhiCuNw4

    ciao Cri

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    1. Oh, vedi che c'è chi la pensa e l'ha saputa elaborare prima e molto meglio di me! Grazie, Matt, ora ho un altro ambito da esplorare ^_^ :*
      (P.S.: e anche Lacan parte da Spinoza...)

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  4. tempo di ascoltare se stessi, si inizia a guardare il mondo con occhi diversi, tutto assume un significato, e tu con questo splendido post (attenzione non è tuo) che è di tutti stai un passo avanti. secondo me la difficoltà è quella di non scegliere la strada più facile, le risposte da pubblicità, ma quella più difficile quando si capisce che non servono più domande e le esperienze che ti hanno formato sono servite ad arrivare a quel punto in cui tutto raggiunge un equlibrio.

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    1. Caro, caro, caro endi :)
      Questo post non è mio non solo perché è di tutti (che cosa meravigliosa hai scritto...) ma anche perché è composto all'inizio dalle riflessioni di un grande pensatore e alla fine dalle suadenti parole rivoltemi da un uomo buono e bello, pacato e vitale, passionale e amorevole, dagli occhi sorridenti, che da un anno a questa parte mi sta aiutando a scoprire la gioia, e la voglia, di vivere :)
      E avere la certezza che da qualche parte insieme a me, in mezzo alla gente, nella folla metropolitana, c'è uno come te è un altro buon motivo per gioire di essere ancora al mondo. Grazie :)

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  5. Giunto all'ultima frase virgoletta ho tirato un sospiro di sollievo.
    Se ho interpretato bene il testo di questo tuo post - ma non ne sono certo - nel mezzo del cammin della tua vita stai trovando la tua pace interiore.

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    1. Bella la frase virgolettata, eh? Difatti non è mia ;)
      Oddio, non c'avevo pensato che stavo nella condizione di nostr padre Dante nell'Inferno! Fantastico!!! ^_^
      (L'Inferno spero di averlo superato e mi pare di esser uscita a riveder le stelle. Bel viaggio che mi retta ancora da fare, allora, per arrivare a vedere l'Amor che move il sole e l'altre stelle!!!)
      :*

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  6. Non so' perché ma questa tua riflessione mi rammenta il navigare di una barca a vela. In effetti sei al "giro di boa" e, come accade in mare quando ci si appresta a quel "giro" e pensi a come hai sfruttato quel vento che gonfiava la vela e ti sospingeva nel mare, ti stai guardando anche tu indietro e stai valutando se quel vento, fino ad oggi, l'hai sfruttato appieno. Ora sei al classico giro, prepari la vela a ricevere il vento da una direzione diversa, sei pronta a sfruttarlo appieno, magari ricordando i tuoi precedenti errori... insomma, Cri, purtroppo noi impariamo "navigando"! Ti auguro che la nuova "rotta" ti dia molte soddisfazioni. (eventualmente, cazza bene la randa e controlla sempre le cime!!!)

    Ciao Cri, buon fine settimana.

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    1. Grazie infinite del tuo augurio bellissimo, Carlo: augurio che contraccambio con tutto il cuore! Farò tesoro dei tuoi consigli, prometto!
      Hai ragione su tutto: solo che io, fino a un anno fa, nemmeno m'ero resa conto di navigare su una barca a vela, e credevo di annaspare a nuoto in mezzo al mare... E considera che nemmeno so nuotare ;)
      Buon fine settimana, carissimo amico :)

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  7. Scrivo solo per condividere e dirti che provo le stesse cose, molto ben espresse, con intensità e un pò di sgomento, che scrivendo si stempera, almeno così succede a me. Sono un pò più avanti, oltre il giro di boa, non sola, ma intimamente forse sì, in certi momenti, e il mondo mi appare ancora terribile e bellissimo. La quarta dimensione: come scrive Alberto, una volta letta Flatlandia, si capisce che la quarta dimensione è il tempo , che ci domina e ci permette di esistere, ma forse non le apparteniamo, forse siamo qui solo di passaggio.

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    1. L'intensità e lo sgomento, il mondo che appare terribile e bellissimo... Come me le sento calzare perfettamente sulla pelle queste parole!
      Anch'io non sono sola, ma intimamente (forse, e in certi momenti sicuramente) sì :)
      Sul passaggio la penso anch'io come te. E penso però anche che questo passaggio, se passaggio è, sia solo un tratto: un segmento, appunto, su una linea energetica di cui non si conosce né l'origine né il proseguo, né ciò che c'era "prima" né ciò che ci sarà "dopo" (che magari è il nulla, ma il nulla cos'è?); e che, appunto, la consapevolezza di essere di passaggio dia contorni e dimensioni vivide ed intense ad ogni dettaglio e momento della vita, e colori ogni cosa della struggente, bellissima tenerezza della caducità :)

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  8. "Probabilmente avrei dovuto farlo anche da prima"

    probabilmente si, come tanti, forse tutti, d'altronde...

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