lunedì 25 novembre 2013

She


Ultimi scampoli della giornata contro la violenza sulle donne.
L'anno scorso lisciai l'appuntamento, troppo concentrata su me stessa per rendermi conto di ciò che mi circondava ed includeva. Feci invece sul tema un post appassionatamente controcorrente due anniversari orsono. Che si concludeva così:


condivido l'allarme per la violenza sulle donne, gli occhi ce li ho, ho un cuore, vedo e sento, sono solidale, comprendo l'enormità del problema, che denuncia una tragedia epocale, un dramma relazionale ed esistenziale che è tale sia per le donne che per gli uomini. Però, sarà che nella mia vita ho ricevuto le peggiori violenze non da maschi ma proprio da donne, sarà che sono carente, incerta, nella determinazione di me stessa e dunque nel mio riconoscermi nel mio genere, non riesco a non considerarmi, e a non voler essere considerata, prima di tutto, prima ancora che una donna, una persona.


Era una vita fa. 

E io sono comunque diversa, tanto diversa, se oggi, pensando a questa giornata, non mi viene altro in mente che questa canzone, piena di tutte le parole insincere più dolci ed emozionanti che un uomo, qualsiasi uomo, possa esser capace di concepire e di pronunciare, credendoci, quando è coinvolto da una donna.

Una donna idealizzata, e in quanto tale strumentalizzata, osannata, omaggiata. 
Una donna che è tutto fuorché una donna concreta con cui entrare in relazione, con cui spartire la vita, la quotidianità faticosa, non sempre esaltante, spesso frustrante.

Ma ho visto commenti, post, status su FaceBook, così tanto - giustamente - amareggiati e incupiti, oggi, che non mi sembra abbia senso aggregare a quelli il mio lamento.
Preferisco ricordare la donna, anziché la violenza. Lei. She.

Con una canzone ruffiana e bugiarda, ma veramente tanto, tanto bella.



Lei può essere il viso che non posso dimenticare
La scia di piacere o di rimpianto
Può essere il mio tesoro o il prezzo da pagare
Lei può essere la musica cantata d’estate
Può essere il freddo portato dall’autunno
Può essere centinaia di cose differenti
Come il misurare del tempo di un giorno
Lei può essere la bella o la bestia
Può essere la fame o l’abbondanza
Può cambiare ogni giorno nel paradiso o nell’inferno
Lei può essere lo specchio dei miei sogni
Il sorriso riflesso in un torrente
Lei può non essere quello che sembra essere dentro al suo guscio
Lei che sembra sempre felice fra la gente
I suoi occhi possono essere cosi lucidi e cosi fieri
Nessuno ha il permesso di vederli quando piangono
Lei può essere l’amore che è troppo sperare che duri
Forse viene da me dall’ombra del passato
Ma la voglio ricordare fino al giorno in cui morirò
Lei può essere la ragione per la quale sopravvivo
Il motivo e il fine della mia vita
Quella di cui voglio prendermi cura durante gli anni difficili
Io, voglio prendere il suo sorriso e le sue lacrime
E farne miei souvenirs
Dove lei va io voglio esserci
Il significato della mia vita è lei
Lei

10 commenti:

  1. Cri, questa canzone mi innervosisce perché ho già sentito le dolci parole e mi ricordano una storia lontana nel tempo, con un uomo cui dicevo "Tu non sei innamorato di me, sei innamorato di una tua immagine letteraria di me". E' incredibile come tu, con la tua acuta sensibilità, abbia perfettamente centrato il problema e, senza conoscerla, questa mia storia, sicuramente non solo mia, ma di tante. Una donna che una compagna non è, solo una donna vagheggiata quale strumento di qualcosa e avulsa dalla realtà.
    Quel lontano amore della maturità: troppo spesso mi associava a figure letterarie, appunto, trovando similitudini che vedeva solo lui e che avrei molto apprezzato se solo non avessi pensato che mi sentivo fastidiosamente usata.

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    1. E' che al di là di tutti i drammi e i casi di cronaca, le prevaricazioni, le botte, io sento che la vera violenza nasce da qui: dal negare alla donna il diritto di esser vista, come individuo, non vagheggiata come un narcisistico orpello, che è tutto quello che ancora troppo spesso le viene concesso.
      Io sono molto sensibile al tema di questo diritto negato, ho un'autorevole background in materia. Per questo lo vivo così acutamente proprio come persona, prima ancora che come donna. Sul versante strettamente specifico, invece, devo rimettere l'onore al mio casumano: un essere intellettualmente assai colto e vivace, ma così tanto verbosamente, enfaticamente, fastidiosamente manierato e letterario nei confronti miei e delle donne tutte, tanto all'apparenza devoto, aulico e lirico quanto invece di sostanza misogino e impaurito dalla figura femminile, che l'averlo frequentato è stato un'autentica palestra di vita. La pagina dellaCri, che ho aperto per rimettermi in piedi, ha fatto il resto, facendomi avvicinare a decine di altre storie simili alla mia, quando non squisitamente peggiori. Averlo incontrato, dunque, ha avuto i suoi indubbi vantaggi. Prima di conoscerlo io ero davvero un'ingenua che non sapeva stare al mondo. Sarò anche una che impara in fretta, ma lui è stato per parte sua estremamente generoso di insegnamenti, e mi ha donato una tale dovizia di materiale che mi basta e mi avanza per l'eternità ;) :)
      (Buonanotte, Ambra mia carissima :* )

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  2. LEI, la DONNA, l'ho sempre adorata, amata, ammirata e, soprattutto, rispettata.
    Aggiungo il mio parere personale e, come ho sempre detto, le LEI sono più intelligenti di noi uomini.

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    1. Mannò, Aldo: abbiamo un'intelligenza diversa, tutto qua. Che non ci impedisce, talvolta, di fare castronerie imperdonabili come mettere l'apostrofo ad "un" nel commento che ho lasciato qua sopra ad Ambra :D :D :D
      Sapevo che avresti detto così. E scommetto che ti piace anche la canzone. A me non dispiace affatto, oggi che non soffro più e sono fuori dall'agone amoroso ;)
      Buonanotte, caro Aldo, caro amico mio :) :*

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  3. è un periodo di tempo che stò cercando la donna, prima c'era la donna idealizzata, quella dei cartelloni pubblicitari, quella della tv, delle copertine, ora credo che ci sia di più. forse è questa la violenza quotidiana (di cui mi sono reso partecipe anch'io) che deve subire la donna, e a cui si presta spesso consolidando il concetto "tette e culi" che il modello cultural/televisivo ci impone.

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    1. Idealizzata o reificata? Non ci si pensa, ma i due concetti sono antitetici - pur, se, come tutti gli estremi, finiscono per toccarsi... Ambedue i processi sono, ad ogni modo, sopraffazioni della verità. Intonare peana emozionanti come questo che ho postato, iperboli liriche che conglobano e trascendono la carnalità, può avere una sua verità, se questo non sostituisce l'autentica visione della persona che si ha davanti. Viceversa invece è qualcosa di profondamente disturbante: un sopruso travestito da omaggio, una pugnalata inferta con guanto di velluto. Credo che non sia solo un problema culturale (lo è, moltissimo), ma anche sociale, e più ancora individuale, psichico. Ma è senz'altro un problema epocale, a cui bisogna cercare soluzione.

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  4. Nella mia vita coniugale non ho conosciuto violenza. Piottosto nella mia famiglia d'origine c'era una forma di mentalità violenta riguardo al ruolo subalterno della donna. Mia mamma ha ora 99 anni e all'epoca della mia adolescenza, il modo di vedere la vita, era quello dell'anteguerra. Specifico che vivevo nella campagna veneta lontano 40Km da un centro che si potesse definire città. Ma quando ho cominciato a lavorare ho capito quante insidie ci fossero per le ragazze. Quando, finalmente, sono riuscita ad accedere a un impiego statale mi sono sentita "fuori pericolo" pur se anche lì c'era da usare cautela. Bisognava rinunciare all'ambizione di fare "carriera", comunque a me non è pesato, non ero particolarmente ambiziosa e soprattutto non ero disposta a compromessi.
    Ho conosciuto la difficoltà di molte ragazze e donne che non sono state fortunate come me. La violenza fisica è intollerabile e viene da una violenza psicologica e di disturbo della personalità difficili da combattere. La solidarietà e l'aiuto a chi è immerso in questo dramma è dovuto e sentito.
    Un abbraccio
    Nou

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    1. Comprendo molto bene quello che racconti, Nou: e garantisco che vivere alla periferia del centro di Roma negli anni settanta non era poi tanto diverso da quello che racconti tu. Sono anch'io un'impiegata pubblica, e la cautela a cui accenni la conosco bene... Del resto lavoro alla Regione Lazio, amministrazione assurta al favore delle cronache grazie alla passata gestione: non certo l'unica, anche se la più chiassosa, indicativa di una netta tendenza di svilimento del ruolo della donna e di retriva, indomabile misoginia; un'atmosfera greve e malsana che ho respirato sin dal mio ingresso nell'amministrazione, alla fine degli anni ottanta, e attraversato in tutte le sue possibili implicazioni man mano che da ingenua e vulnerabile venticinquenne diventavo moglie, madre, donna matura, oggetto sessuale sempre meno appetibile in maniera inversamente proporzionale alla mia progressione di carriera, da dattilografa a funzionario.
      La violenza ha fatto comunque parte del mio vissuto fin dalla più tenera età: e, come ho accennato, in maniera straordinariamente contraria alla consuetudine sociale. Mio padre, tutt'altro che un padre padrone, uomo fragile e inetto, è stato una figura assente dapprima metaforicamente e poi da un certo momento in poi anche sostanzialmente: è morto a fine marzo scorso e io nemmeno riesco a ricordarmelo, essendo vissuta senza avere sue notizie più o meno dall'età di vent'anni fino a oltre quaranta. A usarmi violenza, di ogni genere - fisica, psichica, morale, sessuale - ci hanno pensato solo figure femminili: mia madre, mia nonna, le monache a cui sono stata affidata nell'infanzia. Il mio è stato un mondo a metà, dove il maschile era il dolore di un'assenza che pesava a mia insaputa nella mia anima e che mi ha resa irrimediabilmente invalida come per la mancanza di un arto, o di un senso come la vista o l'udito. Sono una donna fallata per questo: ma forse anche per questo non sono stata vittima degli stereotipi di genere. Forse mi piace raccontarmela così, chissà :)
      Un abbraccio forte, cara cara Nou :)

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  5. Non amo La Donna. Amo la persona con cui ho scelto di vivere e con la quale ho scelto di affrontare i casi della vita.
    Ogni individuo va rispettato e amato (a volte anche odiato) nella sua individualità non nel suo genere.

    Spesso gli uomini che usano violenza con la propria donna, sono dei perdenti frustrati e malati (SENZA giustificazione) che cercano di spuntarla almeno dove riescono, cioè in famiglia, sui deboli. Figli e mogli.

    Non possiamo più accettare questa situazione. Mi unisco all'abbraccio e alla solidarietà per chi si trova invischiato in questo dramma. Ribellatevi!

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    1. Quando hai l'universo contro - o almeno così ti sembra, per quello che ti hanno inculcato giorno dopo giorno da quando sei nato - ribellarsi pare un atto impossibile. Io ora so che non è così, che è solo una percezione distorta della realtà: ma non tutti e tutte hanno l'opportunità, o il coraggio, o l'istinto, di affrontare i propri demoni, e restano a galleggiare nel limbo del loro equilibrio instabile, preferendo affrontare una sofferenza conosciuta, familiare, che le procelle di un ignoto che invece potrebbe essere la salvezza. Certa è una cosa: che quando senti realmente la tua vita in pericolo si attivano i sani istinti di sopravvivenza. A me è successo così: e quando si avvia quel processo, pur tra i mille tormenti che ti tocca di attraversare, capisci che indietro non ci puoi proprio più tornare. Puoi andare solo avanti, e salvarti la vita :)
      (I due primi capoversi del tuo commento li sottoscrivo parola per parola. Grazie :) )

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