martedì 2 agosto 2011

C'era una volta

Venerdì notte scorso, scesa per prima dalla macchina nel buio fitto della verzura ciociara brandendo una torcia accesa onde evitare di finire a faccia avanti sui gradoni del portico, la figlia giacobina prima borbotta qualcosa a proposito di roba viva addossata al bordo del portoncino d'ingresso e poi caccia un urlo che dalle pendici della mezza collina dove la nostra casetta rosa sta abbarbicata lambisce le cime degli appennini lontani all'orizzonte e ci fa accapponare la pelle.
Che è? Vociamo noi a nostra volta con i capelli ritti.
"Un topo" bercia lei inquieta e irritata "o piuttosto un rospo. Sì, è troppo lento, è troppo tondo: dev'essere un rospo."
Ferma restando la nostra meraviglia sulla capacità di un rospo non tanto di saltellare dal fiume, un paio di chilometri a valle, sino alla nostra proprietà, quanto di riuscire a salire la veranda centrando gli scalini, ci avviciniamo e constatiamo che sì, effettivamente, c'è un rospo davanti alla porta.
Un grosso rospo. Grigio, livido sotto la luce della luna, e gonfio.
E' la prima volta che, in più di vent'anni di frequentazione del luogo, ci imbattiamo in un rospo appoggiato al muro di casa.
Mi viene da vomitare al solo buttarci un'occhiata. Se fosse una palla morta, non mi farebbe tanta impressione. Ma è vivo. Devo girare la testa, perché se lo vedessi muoversi mi sembrerebbe di sentirmelo addosso, viscido, repellente. Bleah.
Grido anch'io un po', tanto per fare scena, e per richiamare i prodi maschi di casa, soprattutto perché è passata mezzanotte, saranno quindici gradi, è umido e voglio entrare dentro per evitare di morire congelata nella mia scamiciata con le bretelline.
Arriva prima il figlio naturalista, che con placido interesse ed estrema attenzione lo esamina, affascinato.
"Sbrigati!" strilliamo noi parte femminile della famiglia. "Fa' qualcosa, portalo via!"
Il giovane non trova di meglio da fare che provare a stimolare la motilità del rospo mediante una lieve pressione di spinta effettuata sul corpo del medesimo con una scopa trovata nei pressi. La qual cosa per fortuna non sortisce effetti, ma fa lo stesso intensificare i nostri strilli, al pensiero che l'animale, così sollecitato, faccia un paio di zompi nella nostra direzione.
La giostra continua così per una decina di minuti. Il tempo, per il plantigrado capofamiglia, di andare con la massima calma ad aprire la sottostante cantina e riemergerne brandendo una pala. Con la quale raccoglie il rospo come se fosse un mucchio di letame, e lo lancia al di là della rete di recinzione.
Noi tutti rabbrividiamo, attendendo uno "splash" che per fortuna non arriva.
"Ma papà, che cavolo, l'hai spiaccicato" protesta vibrante il naturalista.
"Macché" replica sereno il genitore. "Quello sta meglio di me. Sarà già tornato al fiume."
Fine dell'interludio, si può accedere alla dimora senza ostacoli.
E mentre mi avvio veloce verso l'entrata, storcendomi una caviglia nell'erba rugiadosa, penso che una come me, se le fanno tanto schifo i rospi, non può poi lamentarsi di non aver mai incontrato un principe.

6 commenti:

  1. Voi femmine eravate spaventate? Pensate a quella povera bestia finita, chissà come, in territorio nemico che si ritrova circondata da quattro umani che fame di buoni proprio non l'hanno.

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  2. Ma difatti, Gap. Credo che stia lì una gran fetta delle mie nevrosi di vecchia ragazza inquieta: nella difficoltà di abbandonarmi ad una reale empatia con gli esseri diversi da me. Non sono naturale, e la mia natura ne risente...

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  3. Ahahahahha! Concordo con Gap. Tra l'altro 'sta cosa mi ricorda quando da piccina misi in fuga tutte le amiche di mia mamma.
    Avevo trovato un rospetto sotto un sasso nel giardino del bar dove ci trovavamo ed essendo abituata a prendere in mano e ammirare tutte le bestie che mi si paravano davanti lo portai come un trofeo alla Ceci e che stava chiacchierando con le amiche dicendo:
    "Mamma, guarda bellino!"
    Apro la mano e "zack!" il rospetto si tuffa sul prato seminando il panico tra le signore che zompano peggio di lui per la paura! Roba da morir dal ridere, solo che lì per lì rimasi perplessa dalla reazione: possibile che i rospetti potessero fare un tale effetto?! :D

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  4. Ahahahahahaah, Angie, non avrei dubitato :D

    Mi immagino la scena! Meravigliosa...
    E non riesco a smettere di ridere!

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  5. Poveri tutti quelli di genere maschile che hanno la sventura di incappare in me o nel frutto dei miei lombi :D

    :*, Tazza

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