Il tempo era passato, passava, ma Thea se ne accorgeva appena.
Vedeva appena la nuda stanza crudamente illuminata, le grosse sbarre alla finestra, i due uomini scuri e immobili sulla panca di fronte a lei, la guardia seduta accanto alla porta semiaperta su un qualche corridoio.
Due ore, forse tre ore, in cui Thea aveva, puntigliosamente, appassionatamente, ripassato la storia della letteratura, la storia del teatro, la storia del cinema. Il sospetto, e poi - via via collegando, richiamando, trasponendo, con crescente meraviglia - la certezza di una rivelazione straordinaria. Ecco, le Pleiadi tramontavano alla finestra di Saffo, Calipso salutava per l'ultima volta Ulisse. Stendhal galoppava nella notte verso Milano, saliva di corsa lo scalone di un palazzo. Ecco, Giulietta rabbrividiva al canto dell'allodola, Jean Gabin e Michèle Morgan, con l'impermeabile nero, si stringevano sotto un viadotto, Natascia si abbandonava tra le braccia del principe Andrea.
Bravi, pensò Thea. Bravi.
La cosa, stanotte finalmente lo capiva, non era esprimibile, non era dicibile. Ma quelli ci avevano provato, s'erano ingegnati, arrabattati con coraggio, una buona volontà ammirevoli. S'erano aggrappati a tutto, alla luna, all'anima, a un gesto, a una rima, a un ricciolo, al sesso, a un paio di guanti; avevano tirato dentro tutto, oceani, alabastri, cascate, uragani, vulcani, violette, perle, fiamme.
L'amore, pensò. Ecco.
E succedeva ancora, insomma. Succedeva sempre. In condizioni ritenute ormai sfavorevolissime, per non dire impossibili, continuava a succedere.
L'amore, appunto. Ma anche lasciando stare lei e Graziano (Graziano?), si trattava chiaramente di un fenomeno carico di conseguenze sconvolgenti, inaudite, estreme. Il solo fatto che potesse esistere quaggiù, fianco a fianco con le infinite e misere cose che non erano l'amore, già bastava a dare le vertigini... Guardò incuriosita i due uomini grigi davanti a lei, la guardia impassibile. Vedevano? Sapevano anche loro?
Non ne avevano l'aria. Ma, rifletté Thea, c'era chi doveva saperlo e tuttavia nessuno aveva l'aria di farci caso, di averne mai preso atto adeguatamente. Perché nessuno me l'ha mai detto? pensò con subitanea indignazione. Perché mi hanno spiegato come nascono i bambini e non m'hanno invece informata della fantastica verità? Era vergognoso. Era incredibile.
Si accigliò. Le sembrò di intravedere una vasta e subdola cospirazione. Perché per parlarne ne parlavano, anche troppo Ah, l'amore! dicevano con un sospiro. Eh, l'amore...! alzando gli occhi al cielo. Oh, l'amore! con una smorfia. Ne parlavano tanto, non si poteva negare. Ma sempre per scorci, allusioni, sottintesi, eufemismi, parabole. Come di uno scandalo esplosivo che la prudenza consigliava di minimizzare, diluire, banalizzare il più possibile, con ogni mezzo. Il carro della Dea iniziava la discesa verso il centro di Torino, e loro gli preparavano una bella rimessa all'aeroporto di Caselle. Questo doveva essere il senso, lo scopo segreto delle nauseanti scempiaggini che avevano per argomento l'amore. La pubblicità. I fotoromanzi. Le canzonette che piacevano a Graziano (Graziano?).
Era una situazione inammissibile.Una volta saputo, come lei adesso sapeva, che l'amore c'era, bisogna tenerne il debito conto. Quale conto? Thea non lo sapeva, ma sentiva che quella stanza astratta e disadorna, con quella nuda panca di legno, era il posto ideale per rifletterci.
L'assalì la paura che venissero a distorgliela dalla sua concentrazione.
- Che ora... - disse con voce troppo forte, o che le sembrò troppo forte dopo il lunghissimo silenzio. - Che ora è, - ripeté più piano, - per favore?
- Non si può parlare, - disse la guardia senza severità.
Uno dei due uomini scuri aveva già estratto l'orologio a catena. Guardò di sbieco il compagno, e l'altro abbassò impercettibilmente le palpebre.
- Le due meno dieci, - disse il primo.
- Non si può parlare, - ripeté la guardia, seccata.
Il secondo uomo, che era anche il più anziano, fece a Thea un sorriso impercettibile.
Forse lui sapeva, si ricredette immediatamente Thea. Forse anche il suo compagno. E così la guardia, gli altri poliziotti della questura, quel prete che era volato giù dalla sue torre, tutta la gente che c'era in chiesa e tutti i torinesi, tutti gli abitanti della terra. Forse non c'era nessuna congiura, ma solo una terribile impotenza, un'incapacità, un'impossibilità di raccontare tutto, di dire veramente, di spiegare sul serio... Ora lo capiva bene, il loro problema.
Ma sua madre, santoddìo, almeno un accenno, una mezza parola, avrebbe potuto dirgliela, per metterla sulla strada. Altro che le raccomandazioni sulla pillola, l'aborto, le malattie veneree, la droga...
Poi s'intenerì. "Se tu fossi innamorata me ne sarei accorta", le aveva detto ancora ieri. Povera mamma, non aveva idea. Perché forse invece ce n'erano che non ne sapevano veramente niente, che non c'erano mai arrivati, che la grande, l'impossibile, la miracolosa montagna di cristallo non l'avevano vista mai, non la vedevano.
Povera mamma, pensò, ma allora come faccio a spiegarle?