"All'università non sapevo scegliere tra matematica e filosofia. Allora ho fatto fisica."
Questo mi ha detto circa un anno fa un amico qua dentro. Un giovane fisico.
L'ho risentito stanotte.
"Azz, non dirmi che tuo figlio ha preso fisica"
"Non so ancora, dovrà decidere tra pochi mesi. Deve fare il quinto..."
"Io gli auguro una vita migliore. Ma alle volte il destino è invincibile."
Mi piacerebbe che mio figlio prendesse fisica.
Non ho mai parlato tanto in tutta la mia vita, e con tale profondità ed intensità nella discussione, con le persone come in quest'ultimo anno ho fatto con i fisici.
Non ho mai affrontato conversazioni più divertenti e stimolanti di quelle con loro.
Non ho mai trovato gente così difficile da definire, in perenne bilico tra una capacità di spaziare con la mente verso l'infinito e la tendenza a stringere il fuoco su ogni dettaglio con perfetta minuzia e puntigliosità, come loro. Anelanti ad immaginare un assoluto costantemente parametrato sulla visione del relativo.
Non m'è mai sembrato di stare così in sintonia, in complementarietà con gli individui come con questi tizi qui.
E pensare che di fisica a scuola non c'ho mai capito niente.
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