"io ti racconto del mio ultimo uomo. “Vuoi parlarmene?”. Conoscendoti, ho rilanciato: “Ti interessa sul serio oppure è tanto per parlare di qualcosa?”. Il tuo lapidario “Cinquanta e cinquanta” di risposta mi convince a costruire una frase di due righe per raccontarti in sintesi nove mesi di sogni e la loro fine. “Pensavo fosse ‘quello della mia vita’ e invece non solo non è andata così, ma mi ha anche tirato a distruggere completamente come persona”."
Minerva! Devo assolutamente leggermi e rileggermi questo tuo avvincentissimo post con calma... (Slurp) :P
Eli! :*
La battuta che ho trascritto ad ogni modo non è rivolta a lei, ma a lui: è lei che fa questa domanda a lui, quando alla fine del film lo rincontra e parlano della morte del suo vecchio maestro di liuteria... Praticamente è la sua dichiarazione di amore a lei, e non gli si caverà niente più di così; per un anaffettivo come lui è il massimo, e colpisce al cuore. (Quanto l'ho amato, questo film...)
Mi pare di capire che questo è il genere di film che più apprezzi e che addirittura ami. D'altra parte hai ragione, la risposta a quella domanda colpisce molto specialmente per chi ha un carattere romantico e sentimentale.
Sì, Aldo, mi sa che il mio carattere è così :D Di norma io ho bisogno del "lieto fine". Che non sia scontato, che non sia melenso, che sia in un delicatissimo e intelligente equilibrio tra sogno e verosimiglianza, che possibilmente sia anche lieve e latore di quel tocco di soffice ironia che lo renda divertente per una persona esigente intellettualmente, diciamo... Però, quando una cosa è tanto, tanto bella, posso anche accettare di rinunciare al lieto fine, e godermi la squisita sofferenza di un amore perduto o mai espresso. Come in questo fulgido, delicatissimo caso :)
:')
RispondiElimina"io ti racconto del mio ultimo uomo.
RispondiElimina“Vuoi parlarmene?”.
Conoscendoti, ho rilanciato: “Ti interessa sul serio oppure è tanto per parlare di qualcosa?”.
Il tuo lapidario “Cinquanta e cinquanta” di risposta mi convince a costruire una frase di due righe per raccontarti in sintesi nove mesi di sogni e la loro fine. “Pensavo fosse ‘quello della mia vita’ e invece non solo non è andata così, ma mi ha anche tirato a distruggere completamente come persona”."
Qui: http://minervajones.blogspot.com/2010/10/la-gattaviva-racconto.html
Non sapevo di scrivere cose che avessero una tale dignità :-D
Minerva! Devo assolutamente leggermi e rileggermi questo tuo avvincentissimo post con calma... (Slurp) :P
RispondiEliminaEli! :*
La battuta che ho trascritto ad ogni modo non è rivolta a lei, ma a lui: è lei che fa questa domanda a lui, quando alla fine del film lo rincontra e parlano della morte del suo vecchio maestro di liuteria... Praticamente è la sua dichiarazione di amore a lei, e non gli si caverà niente più di così; per un anaffettivo come lui è il massimo, e colpisce al cuore. (Quanto l'ho amato, questo film...)
Mi pare di capire che questo è il genere di film che più apprezzi e che addirittura ami.
RispondiEliminaD'altra parte hai ragione, la risposta a quella domanda colpisce molto specialmente per chi ha un carattere romantico e sentimentale.
Sì, Aldo, mi sa che il mio carattere è così :D
RispondiEliminaDi norma io ho bisogno del "lieto fine". Che non sia scontato, che non sia melenso, che sia in un delicatissimo e intelligente equilibrio tra sogno e verosimiglianza, che possibilmente sia anche lieve e latore di quel tocco di soffice ironia che lo renda divertente per una persona esigente intellettualmente, diciamo...
Però, quando una cosa è tanto, tanto bella, posso anche accettare di rinunciare al lieto fine, e godermi la squisita sofferenza di un amore perduto o mai espresso. Come in questo fulgido, delicatissimo caso :)