una cosa che dovremmo imparare, sia io che tu
è avere meno inerzia
e lo intendo nel senso fisico
di massa inerziale
di quantità di materia che si oppone al cambiamento dello stato di moto
non bisogna opporsi troppo
quando lo stato di moto cambia
non voglio nemmeno dire che ci si deve far trasportare
Cri: non oppormi al libero fluire dell'esistenza
ma rimuginare no
Cri: e accettare le cose che vengono e che vanno
Cri: questo, vero?
sì
Cri: hai ragione :)
(Dialogo dell'altra notte tra me ed un illustre filosofo cabalista spagnolo del XIII secolo)
Sono una donna estremamente ansiosa. Chi di voi mi conosce di persona lo sa, e credo sia intuibile dai toni dei miei post.
Cos'è l'ansia? E' un errore funzionale del sistema nervoso. Un picco di adrenalina improvviso che ti squassa. Una risposta fisiologica esagerata ad una presunta inadeguatezza E' l'ingombrante residuo dell'arcaica percezione del pericolo supremo per un essere umano: essere isolati perché rifiutati dai propri simili. Legata alla necessità istintiva ed ancestrale di far parte di un gruppo per poter sopravvivere nell'epoca preistorica, quando stare soli o essere in compagnia segnava effettivamente la differenza tra morte certa e facoltà di mantenimento in vita.
Oggi invece non è altro che, appunto, un residuo evolutivo di cui doversi liberare. Lungi dall'essere meccanismo indispensabile all'esistenza, è per lo più fardello di sofferenza ostativo al benessere. Perché quella previsione subliminale di catastrofe che all'improvviso ti dilaga dentro ti atterrisce, ti agghiaccia le membra, ti affanna il respiro, ti devasta il cuore, ti offusca la vista, ti sfinisce e sfilaccia il sistema nervoso. Insomma ti fa campare malissimo.
Non viviamo più ai tempi delle caverne. Non è necessario questo surplus di reazione, quest'attivazione a vuoto davanti a un pericolo non più reale. Perché allora il mio sistema, come quello di molti altri, è diventato difettoso al punto di attivare questa assurda, irrazionale premonizione di disastro?
Lucio Della Seta, psicologo junghiano, racconta la risposta di una sua paziente:
"Da grande ho avuto modo di scoprire che, se ti capita in sorte una madre che non sa amarti in modo adeguato, la prima cosa che senti, ancora prima di imparare a pensare, è di non valere niente. Questo è quello che è successo a me. Crescendo poi, anche dopo che ti sei reso conto che era tua madre a non essere adeguata, o così malata da diventare incapace di amare, anche se la mente può elaborare e capire, in certo senso è troppo tardi: ogni singola cellula del tuo corpo si è formata intorno a quella prima sensazione: non valgo abbastanza, non valgo niente. Anche quando tutto dimostra il contrario, hai degli amici che ti apprezzano, una persona con cui vivi e che ti ama, dei figli che crescono felici, quella convinzione resta lì, al fondo di tutte le cose." Il dispositivo ormai si attiva per riflesso condizionato. E sei abbastanza fottuta.
Effetto collaterale di questa sventura è anche il disturbo narcisistico. Quando sei stata variamente umiliata durante l'infanzia da un padre, una madre, che usavano il potere come mezzo di controllo, è facile che tu ne sia affetta. Oltretutto è avvenuto che alle umiliazioni si alternassero puntualmente comportamenti seduttivi, coi quali ti veniva fatta balenare la promessa di un trattamento speciale, una peculiare intimità, se ti fossi adeguata ai loro desideri; desideri spesso iniqui, latori di pretese illegittime nei confronti di una bambina. Ti è dunque stata inoculata la convinzione che eri una merda, sì, ma una merda speciale, una merda principesca. Un momento venivi innalzata, il momento successivo demolita, a seconda delle necessità degli adulti, in un'altalena di frastornante, sfibrante ambivalenza. Di cui l'ansia, ora da prestazione, ora di abbandono, si nutriva per crescere in misura esponenziale.
Ansia, lotta per il potere, delirio di onnipotenza e correlati sensi di colpa, invalidante mancanza di autostima e disperato tentativo di controllo, è questo il purulento intreccio che stringe in catene la tua psiche dolente. Sei cattiva, ossia, sei prigioniera. Ti liberi solo quando sei emozionata. Perché le emozioni non fanno parte delle reazioni pavloviane che ti hanno indotto a forza, sono roba tua, che ti fluisce spontaneamente, autonomamente, autenticamente, dall'anima. In quegli istanti ti apri, respiri, vivi.
Ma l'ansia è sempre lì, in agguato, inversamente proporzionale ai tuoi effimeri stati di benessere. Come si ritira la fiamma, come ti raffreddi un poco, l'angoscia, l'oppressivo senso di vuoto, di mancanza di significato, torna a morderti. Impedendoti di dare i giusti contorni, le giuste dimensioni, agli avvenimenti che occorrono via via nella tua vita. Di vederli dalla giusta angolazione, di dar loro il giusto peso.
Finisce così che ti tormenti in modo esagerato per tutto. Ti attacchi alle abitudini, alle situazioni, alle persone. La tua affettività si alimenta di una inusitata tenerezza e della gratitudine che ti viene di elargire a piene mani a chiunque sappia stimolarti, interessarti, mentalmente, e quindi emotivamente, traboccandoti dal cuore come una cascata, in un dispendio di energia psichica di cui non avverti la fatica fino a che dura la circostanza scatenante, salvo poi ritrovarti a pezzi quando l'incantesimo è finito.
Perché, ovviamente, non è mica vero che tu hai i superpoteri che ti illudi di avere. La tua resistenza è sicuramente di livello superiore, forgiata com'è dalle esperienze estreme che hai dovuto sostenere, e così pure l'intensità nel provare emozioni e sentimenti, e anche la tua sconfinata, ottusa generosità e volontà di comprensione, la tua strenua empatia verso l'altro che non di rado tracima nell'accondiscendenza. Però arriva sempre lo stesso il momento in cui ti rendi conto che, con tutta la tua migliore buona volontà, questo non basta perché il mondo reale coincida con la piccola, rassicurante, idilliaca immagine racchiusa nel carillon che conservi con cura nella tua testolina svagata. Che i rapporti con le persone sono soggetti a mille variabili indipendenti dal tuo controllo. Che non devi colpevolizzarti se i tuoi figli soffrono frustrazioni e dolori, se il comprendonio di tua madre non ha margini di miglioramento, se una relazione è naufragata. Che non ti spetta doverti violentare per uniformarti ai voleri delle persone fino ad arrivare a provare rabbia e rancore per uno sforzo inutile, da cui hai tratto più umiliazioni che gratificazioni. Che se tu hai fatto quanto era in tuo umano potere per mantenere saldo un legame che ti era caro, beh, non hai da rimpiangere nulla. Che non sei costretta a cercare sempre di entrare nella testa della gente, di comportarti come immagini ci si aspetti da te, o, peggio ancora, come piacerebbe all'altro. Che gli amici, se sono davvero amici, capiranno i tuoi momenti di crisi, e sapranno starti vicino. Se ci tengono a te. Così come gioiranno dei tuoi successi e della tua felicità. Che non puoi fare tutto tu, per mascherare le defaillance altrui e non soffrirne. Perché tu ti rapporti con individui adulti, non con bambini o con invalidi a cui fare da crocerossina. Perché se così non è, se il riscontro non è adeguato, beh, non puoi, e non devi, farci niente. Vuol solo dire che, dopotutto, non ne valeva la pena.
(Edit dell'ultima ora: buon compleanno, filosofo!)
Mi viene ... l'ansia a leggere il tuo post, perché non è poi del tutto vero che l'ansia scaturisca come retaggio della vita nelle caverne. Ancora oggi ci spaventa la morte che è dietro l'angolo creando quel groviglio di paura dell'ignoto che verrà, che devasta l'anima.
RispondiEliminaMi risolleva il tuo finale dove l'emozione è più controllata e dove le risposte alle domande sono pacate e condivisibili in pieno.
Ma difatti questo è l'ansia: paura della morte, niente altro... Solo che è una paura inutile e costantemente prematura, fuori contesto. Sarà corrispondente al reale una volta sola, quella definitiva (e lì, forse, nemmeno si tratterà di aver paura). Finora, se stiamo qui a raccontarla, non lo è stata ;)
EliminaMi piace molto l'incipit, meccanicistico-materialistico :-)
RispondiEliminaE' un filosofo laureato in fisica. Una volta mi ha detto pressappoco "all'università ero indeciso tra filosofia e matematica, allora ho preso fisica per non rinunciare a nessuna delle due"
Eliminaa volte vorrei che inventassero l'ansiolitico perfetto e definitivo... ma poi mi viene da pensare che esiste già, e si chiama morte... e allora meglio vivere con la maledetta ansia, anche perché senza di lei, chissà, magari svanirebbe anche la mia sensibilità artistica...
RispondiEliminaCrimercoledì 23 maggio 2012 22:49:00 CEST
EliminaE' vero, l'ansia è vita, dopotutto, anzi, vita molto travagliata, per quelli i cui cinque sensi sono spalancati e pronti a cogliere fin minuscoli dettagli con eccessiva puntuale percezione, esasperata attribuzione di significato e stravagante attitudine alle correlazioni. E per questo, purtroppo, mi sa che hai ragione anche sul binomio ansia-sensibilità artistica...
Eccomi all'appello. Io, una che ha vissuto d'ansie gran parte della sua vita. Fino a di recente. Ansie, attacchi di panico. Ma te le ho raccontate queste cose.
RispondiEliminaE' irrazionale, ancenstrale,vero? come hai descritto bene cose che anch'io ho provato. E tutti i tentativi? Terapia, pasticche. Tonnellate di filosofie orientali. Yoga e meditazione forse sì hanno aiutato, a lungo andare.
Ma non solo.
Qualcosa è successo. Letteralmente, da un giorno all'altro. Mi sono resa conto che il mondo andava avanti, che io fossi ansiosa oppure no. Me lo ripetevano tutti in coro, ed io finalmente ho realizzato. Ho dovuto razionalizzarlo. Ho dovuto capirlo da sola.
E l'ansia è sparita. Ho cominciato a vivere e a dirmi, cazzo, era così semplice?
Un abbraccio, mia cara, cerca quel momento dentro di te, ne vale la pena.
Io quel momento sto aspettando, Martina cara, con tutta l'anima. Che ne valga la pena ne sono arcisicura. Ti abbraccio anch'io, sperando che attraverso questo contatto ideale mi passi anche la tua consapevolezza...
EliminaCiao Cri, eccomi ci sono anch'io a farti compagnia, con ansia, attacchi di panico e un pò di depressione. E' un'altalena che mi perseguita da anni, periodi più tranquilli e periodi dove improvvisamente vengo risucchiata nel vortice... Mi dicono che succede alle persone più sensibili. Ma la cosa bella, che mi accade ogni volta poco prima di stare meglio , è sentire come una fiammella di luce dentro di me che mi invita a guardare il sole perché è caldo e luminoso, o il cielo azzurro che sta li anche per me, o il sorriso di un bambino, il quale mi fa credere che qualcosa di buono nella vita ancora c'è... ed è così che risalgo la china e riesco a passare dei periodi buoni. Sono convinta che pian piano non mi lascerò più annegare nel vortice.
RispondiEliminaUn caro saluto e un abbraccio
Vania! Vedo il tuo, di sorriso - il tuo magnifico sorriso -, mentre mi dici queste cose :)
EliminaDi attacchi di panico veri e propri ho sofferto in passato, per un periodo in modo davvero invalidante, poi gradatamente sempre con meno frequenza. L'ultimo l'ho avuto una decina d'anni or sono. Ero in macchina, da sola, attraversavo un ponte su un fiume, era una sera di fine estate, chissà cosa mi si è smosso dentro. Ed ecco la familiare sensazione di stare per morire, il terrore cieco che prende la gola. Improvvisamente, invece di irrigidirmi come al solito, mi sono abbandonata alla sensazione, pensando "se muoio, vorrà dire che sarà un'esperienza anche questa. Non c'è motivo di averne paura solo perché non l'ho mai provata. Vediamo com'è". Per la prima volta nella vita l'attacco si è fermato. E da quel giorno non ne ho avuti più.
L'ansia e la depressione invece, purtroppo, le conosco ancora molto bene. Ed è proprio come dici tu: un risalire continuo la china, un alternarsi di periodi brutti e periodi buoni. E i periodi buoni, come sovente accade alle persone sensibili, sono davvero bellissimi, per la capacità che abbiamo di emozionarci e commuoverci davvero oltre la norma per le cose che tu racconti, di coglierci attimi di pura felicità. Viviamo così, ad ondate, sempre facendo passi avanti verso la luce. Ti abbraccio forte forte.
Rimanere colpiti - e non piacevolmente - da questo tuo post vuol dire poco. A volte ci assale la rabbia a volte ci si commuove. Che un'amica come te soffra così fa male ed io che ti leggo posso solo esprimerti tutta la mia più sincera comprensione, la mia solidarietà e la mia vicinanza.
RispondiEliminaLa tua frase finale mi conforta.
Un abbraccione,
aldo.
Caro Aldo, sappi un segreto: io non riesco a fare un nuovo post se prima non vedo un tuo commento sul precedente. Quando ti vedo comparire mi si illumina tutto il template! Sei tu che conforti me. Un abbraccione e poi un altro e un altro ancora. A presto. :*
Eliminal'ansia può scaturire da varie situazioni della vita... anche dalla fretta che abbiamo di riuscire a fare 1000 cose ogni giorno
RispondiEliminaE che fretta c'è di vivere così, se non per l'ansia di prestazione che ci attanaglia?
EliminaCiao carissima Cri, passo per abbracciarti ed augurarti un bellissimo e sereno wk di serenità e sorrisi.
RispondiEliminaBaci a presto.
Grazie, Vania, del tuo bellissimo auspicio. Lo auguro anche a te, di tutto cuore! Bacioni.
Elimina