martedì 7 agosto 2012

Aggiungi un posto a tavola

Del week end prolungatosi al lunedì non ho granché da raccontare.
Giorni di vita serena, meditativa, operosa, a vari livelli, per molti versi, in molti modi diversi (l'assonanza è bieco artificio retorico voluto, giuro).

Venerdì invece, sarà stato anche merito della famosa e fantomatica radiosità che da me promanava, si è snocciolato tripudiante e fortunato come una Pasqua. Il mondo, al mio passaggio, si adoperava a farmi strada sorridendomi, o squadrandomi con lunghe occhiate reverenti, o giungendo ad apostrofarmi "bella signorina" (il giovane e prestante barista al cui bancone nel tardo pomeriggio ho consumato la mia ennesima Schweppes Lemon).

E a coronamento di un dì in cui tutto è andato per il meglio, fuori e dentro di me, mi è stata donata anche la gioia di imbattermi in una conoscenza che avevo perso di vista da molti anni, a lungo vanamente e disperatamente ricercata, rimembrando la quale il mio cuore sanguinava di rinnovato rimpianto e nostalgia sempre viva.

Era stato uno dei più dilettevoli amici della mia adolescenza. Avevo trascorso in sua compagnia ore ed ore di assoluta spensieratezza. Arguto, brillante, a suo modo sentimentale, disincantato ma tenero! Ci eravamo intesi dalle prime parole. Non mi stancavo mai di lui, né lui, a quanto pareva, di me, nonostante fossi tanto giovane e inesperta delle cose del mondo che lui amava raccontarmi.
Ma un giorno sventurato, dopo un periodo in cui l'avevo colpevolmente trascurato, estromesso dalla mia vita a causa di eventi tutto sommato poco rilevanti - per esempio, il mio matrimonio -, andando al nostro solito punto di incontro non l'avevo trovato più. Se n'era andato chissà dove, senza clamore. Magari aveva seguito gli spostamenti di qualcuno della mia famiglia che aveva cambiato città. E io che non mi ero accorta di niente! Venivo punita per il mio repentino voltafaccia, sicuro.
Sulle prime, comunque, non mi ero preoccupata eccessivamente della sua assenza, convinta che alla fine l'avrei visto ricomparire al mio fianco. E invece passarono giorni, settimane, mesi, e finii per disperare di rivederlo. Ne seguii comunque le tracce per molto tempo, tra un avvenimento e l'altro della mia esistenza, prima di darmi per vinta, ma niente. E adesso che ormai proprio credevo di riuscire mai più a ritrovarlo, eccolo! Scorto assolutamente per caso, eppure riconosciuto al primo sguardo, nonostante la foggia e il vestimento diversi da quelli con cui mi era familiare.
Il cuore mi ha fatto una capriola. Un tassello della mia vita tornava finalmente a posto. Lui era lì, era lì: era proprio lui, e mi ammiccava contento. E seduttore come sempre, nonostante gli anni che erano passati.
Allora ho pensato "Dio esiste!". Quel Dio che non so se c'è, ma che David Forrest - pseudonimo di due giornalisti scrittori britannici che lavoravano in tandem, Robert Forrest-Webb e David Eliades - ha reso così simpatico e accattivante, così profondamente a misura d'uomo, nell'altro suo lavoro universalmente noto, After me the deluge, da cui è stata tratta la commedia musicale cult della mia giovinezza: Aggiungi un posto a tavola (con le musiche dell'immenso Armando Trovajoli, of course).
"Dio esiste!": così ho pensato, così mi son sentita nel momento in cui, in un lindo e luminoso venerdì di inizio agosto, dentro la libreria Feltrinelli di Viale Giulio Cesare, il tempo è magicamente tornato indietro di trentacinque anni, nell'era della guerra fredda, delle superpotenze, dei miei tredici anni perduti e ritrovati, e ci siamo finalmente guardati negli occhi, io e "E a mio nipote Albert lascio (l'isola che ho vinto a Fatty Hagan in una partita a poker)", il fulminante, formidabile romanzo di David Forrest pubblicato nel 1977, che (leggo dalla seconda di copertina), "ha avuto un enorme successo con la sua miscela di antimilitarismo e satira grottesca. Nonostante le richieste dei lettori non è stato mai ristampato - nemmeno in patria - fino a questa edizione del Saggiatore, una riscoperta a livello mondiale di un grande classico dello humor britannico."

(E adesso che ho finito di riassaporarmelo tutto finirà che mi riguardo anche la commedia musicale tratta dall'altro romanzo, di cui ovviamente possiedo copia in DVD...)



6 commenti:

  1. Oppure Dio è maligno e si è distratto un attimo (per fortuna) ;-)

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    1. A me piace pensare che lui o chi per lui, magari la Natura di cui Baudelaire canta "l'essere un temple où de vivants piliers
      Laissent parfois sortir de confuses paroles" dove "l'homme y passe à travers des forêts de symboles qui l'observent avec des regards familiars" - sia un paraculo, e che ogni tanto lasci cadere frantumi di segni da interpretare. Fa parte della mia grandiosità immaginare che le cose e le circostanze mi parlino in linguaggio oscuro ma significativo che io debbo dilettarmi a decifrare :)

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  2. Peccato.
    Dopo quel bellissimo venerdì d'agosto dovrò chiamarti Clementina.
    Addio Cri.

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