lunedì 16 luglio 2012

Ultimo canto di Saffo

Placida notte, e verecondo raggio
Della cadente luna; e tu che spunti
Fra la tacita selva in su la rupe,
Nunzio del giorno; oh dilettose e care
Mentre ignote mi fur l'erinni e il fato,
Sembianze agli occhi miei; già non arride
Spettacol molle ai disperati affetti.
Noi l'insueto allor gaudio ravviva
Quando per l'etra liquido si volve
E per li campi trepidanti il flutto
Polveroso de' Noti, e quando il carro,
Grave carro di Giove a noi sul capo,
Tonando, il tenebroso aere divide.
Noi per le balze e le profonde valli
Natar giova tra' nembi, e noi la vasta
Fuga de' greggi sbigottiti, o d'alto
Fiume alla dubbia sponda
Il suono e la vittrice ira dell'onda.
Bello il tuo manto, o divo cielo, e bella
Sei tu, rorida terra. Ahi di cotesta
Infinita beltà parte nessuna
Alla misera Saffo i numi e l'empia
Sorte non fenno. A' tuoi superbi regni
Vile, o natura, e grave ospite addetta,
E dispregiata amante, alle vezzose
Tue forme il core e le pupille invano
Supplichevole intendo. A me non ride
L'aprico margo, e dall'eterea porta
Il mattutino albor; me non il canto
De' colorati augelli, e non de' faggi
Il murmure saluta: e dove all'ombra
Degl'inchinati salici dispiega
Candido rivo il puro seno, al mio
Lubrico piè le flessuose linfe
Disdegnando sottragge,
E preme in fuga l'odorate spiagge.
Qual fallo mai, qual sì nefando eccesso
Macchiommi anzi il natale, onde sì torvo
Il ciel mi fosse e di fortuna il volto?
In che peccai bambina, allor che ignara
Di misfatto è la vita, onde poi scemo
Di giovanezza, e disfiorato, al fuso
Dell'indomita Parca si volvesse
Il ferrigno mio stame? Incaute voci
Spande il tuo labbro: i destinati eventi
Move arcano consiglio. Arcano è tutto,
Fuor che il nostro dolor. Negletta prole
Nascemmo al pianto, e la ragione in grembo
De' celesti si posa. Oh cure, oh speme
De' più verd'anni! Alle sembianze il Padre,
Alle amene sembianze eterno regno
Diè nelle genti; e per virili imprese,
Per dotta lira o canto,
Virtù non luce in disadorno ammanto.
Morremo. Il velo indegno a terra sparto,
Rifuggirà l'ignudo animo a Dite,
E il crudo fallo emenderà del cieco
Dispensator de' casi. E tu cui lungo
Amore indarno, e lunga fede, e vano
D'implacato desio furor mi strinse,
Vivi felice, se felice in terra
Visse nato mortal. Me non asperse
Del soave licor del doglio avaro
Giove, poi che perìr gl'inganni e il sogno
Della mia fanciullezza. Ogni più lieto
Giorno di nostra età primo s'invola.
Sottentra il morbo, e la vecchiezza, e l'ombra
Della gelida morte. Ecco di tante
Sperate palme e dilettosi errori,
Il Tartaro m'avanza; e il prode ingegno
Han la tenaria Diva
E l'atra notte, e la silente riva.


(E' così bella che mozza il fiato. La canzone, dico...)

8 commenti:

  1. Vecchioni è un grande...ha tutto, poesia, interpretazione, cuore...

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  2. Non conoscevo questa canzone ma ascoltarla, musica e parole, mi ha incantato.
    Non credevo mi potesse accadere questo alla mia età, lo dico sinceramente.

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  3. Verissimo, Patrizia!

    (Sandra, arcistravero. E pensa che io l'ho scoperto da pochissimo. Prima mi stava parecchio antipatico. Anche se ci avevo fatto i girotondi assieme, con lui e con la sua bella moglie Daria, nel quinquennio 2001-2006)

    Aldo, sono commossa. Davvero. E davvero felicissima di averti, per caso, "passato" un momento d'incanto. Che cosa bella!

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  4. .... come la lirica di Saffo celebrata da Alceo (“O coronata di viole, divina dolce ridente Saffo”).

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  5. Questa più di tutte è una canzone che mi resterà in cuore all'infinito, bello trovare chi l'abbia apprezzata quanto merita!
    C'è dentro un'illusione d'amore sfumata, ma che mi ha regalato un'emozione impagabile.
    Ultimamente ascolto moltissimo Vecchioni,lo scopro ora ma è una voce che in sottofondo mi ha sempre accompagnata.
    Un saluto, ciao

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    1. Quando queste cose capitano a me, all'inverso, mi pare di aver scoperto un piccolo tesoro. Perciò sono contenta di quello che mi dici... E credo che adesso anch'io ascolterò Vecchioni un bel po'.
      Un saluto a te, e grazie di esser passata!

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