Serata mite e dolce di metà novembre a Roma. Dopo le cinque di pomeriggio, in autunno inoltrato, scende già il crepuscolo. Nell'ufficio quasi vuoto c'è calma e malinconico languore.
Scuote improvviso il silenzio stagnante un piccolo turbine nei panni di Claudio il quale, bello come un giovane semidio con le spalle sottolineate con artistica noncuranza dal maglione verde sottobosco e il frangione biondastro spettinato, si affaccia vivace alla porta della mia stanza: viene a prelevarmi per un'eversiva pausa caffè alla macchinetta del sesto piano.
Scuote improvviso il silenzio stagnante un piccolo turbine nei panni di Claudio il quale, bello come un giovane semidio con le spalle sottolineate con artistica noncuranza dal maglione verde sottobosco e il frangione biondastro spettinato, si affaccia vivace alla porta della mia stanza: viene a prelevarmi per un'eversiva pausa caffè alla macchinetta del sesto piano.
(Pessimi soggetti peccaminosi come siamo, finiamo per sbafarci in situ anche due krapfen al cioccolato confezionati: adocchiatone dapprima con lubrica avidità uno che fa capolino, nel suo sgargiante involucro tentatore, in cima alla fila di suoi consimili sulla rastrelliera al di là del vetro del distributore automatico di merendine allocato accanto a quello delle bevande, indotti, dopo breve lotta interiore, a cedere senz'altro alla tentazione, proceduti nella mutua assoluzione con un malcerto "uno solo, e poi tanto facciamo a metà..."; ed indi, perso ogni freno e ritegno nel crescendo del delirio porcelloso dei sensi, la bocca e le dita impiastricciate di dolciastra melassa scura, gettati senza indugi sul secondo, con Claudio incitante me e se stesso all'empia reiterazione dell'atto esecrabile al grido lascivo di: "che meravigliosa schifezza finta! Bissiamo, bissiamo!")
A reati compiuti e briciole spazzolate via dagli abiti ci ritagliamo uno spazio tra le incombenze, il tedio e i travagli della giornata passati e quelli ancora da venire attardandoci un po' sul terrazzino che durante il giorno viene adibito a fumoir e che a quest'ora è deserto.
L'aria è calda e piacevole, e non tira, come si dice, un alito di vento.
Ci sporgiamo dal parapetto a guardare in giù il pittoresco panorama dei tetti e delle finestre illuminate che dà l'illusione di stare a Montmartre e intanto commentiamo le frustrazioni del lavoro, ci aggiorniamo velocemente sugli ultimi pettegolezzi, ci sfoghiamo per le meschinità vessatorie del nostro (sic) dirigente e della nostra (ir)responsabile del personale, ci scambiamo notizie confortanti e meno confortanti sullo stato di salute di colleghe, ci confidiamo piccoli segreti, ci raccontiamo le vicende della nostra settimana passata e gli eventi in programma per quella appena iniziata.
"Hai capito? Quella mi aspetta di continuo al varco. Ma io gliel'ho detto; questa è una persecuzione: stai attenta, ché se mi metto di punta ti faccio vedere di cosa sono capace. Ti mando la Guarda di Finanza in ufficio, proprio. Poi vojo vede come te metti."
"Clà, tu sei troppo sensibile, troppo consapevole, troppo dignitoso. E troppo te la pigli. Io manco la saluto, per me è invisibile, me ne impipo della sua esistenza. Che ti frega di una donnetta incapace e inutile così, che ti può dare al massimo il fastidio di una mosca?"
"Eh. Hai ragione. Dev'esse questo che je rode, che io nun me la filo de pezza, se la incontro nel corridoio manco me ne accorgo. Anche questo difatti le ho detto: "io a te nun te vedo proprio."
"Così dev'essere! E invece io, sai, venerdì scorso ho visto l'Otello al Quirino."
"Fico. E com'era?"
"Non male. Massimo Dapporto ha recitato dignitosamente, anche se, per quanto si sforzasse, l'ho trovato abbastanza improponibile come Moro di Venezia. Andava avanti e indietro mollemente per il palco nell'intento, immagino, di mostrare plastica inquietudine, ma anziché suggerire timore o rispetto, piccoletto com'è, e grinzoso, con la panzetta a botte sulle gambette secche, me faceva un po' ride..."
"Embè, no. Otello dev'essere vigoroso, anche fisicamente corpulento. Io ricordo quello fenomenale di Orson Welles, per me insuperabile."
"Vero! Ma pure Laurence Fishburne, nell'Otello con Branagh, aveva il giusto physique du role. Comparalo a Dapporto e poi me dici... Però in compenso Maurizio Donadoni come Iago è stato eccezionale. E anche la Desdemona era incisiva al punto giusto. Scrive Bloom che l'Otello è la tragedia più dolorosa di Shakespeare, e che la fine di Desdemona è insostenibile."
"Ha pienamente ragione."
"Shakespeare è un genio, il più grande conoscitore dell'animo umano. E' stato catartico, educativo, vedere rappresentato in quel modo così terribile, così impressionante, davanti agli occhi, che lo potevi toccare con mano, come la mente, partendo da qualche sua propria fragilità o incrinatura, e con un minimo diabolico intervento esterno, possa costruire un intero mondo immaginario alternativo alla realtà, del tutto mistificato, opposto al vero, e coerente, nella sua assurdità, che ti condiziona totalmente gli atti, la vita."
"Sì! E come possa influenzare i sentimenti di una persona, e i suoi convincimenti, al punto che tutto si tiene, e ogni ulteriore dettaglio, capovolto di senso, trova perfettamente il suo posto nel puzzle, a completare e rafforzare la certezza che si è disgraziatamente formata nella testa."
"Avessi visto la scena centrale dello scontro tra Otello furente, pazzo di dolore e gelosia, e Desdemona, agnello sacrificale, perfino stolida nella sua innocenza, del tutto impossibilitata a capire che cosa stava succedendo. Uno strazio. Mi ha fatto pensare tantissimo."
"... Ah, non si riesce a trovare una casa decente nei dintorni. Tutte senza terrazzo, al massimo con un balconcino. Non potrò mai abitare in una casa che non abbia il terrazzo, o un giardino. Non è tanto per la cana, ho capito che i cani si adattano a come vive il padrone. E' proprio che io senza uno spazio mio, indipendente, non ci so stare."
"Ah, quanto mi piacerebbe vivere qua vicino, in un villino della zona di Via San Quintino."
"Dillo a me... Devo ricuperare tre ore. Mi sa che vengo uno di questi giorni."
"Vieni domani mattina, così ci sono anch'io."
"Sì, forse è meglio. Ché poi giovedì devo stare tutto il giorno al museo a Genazzano. E poi devo partire per Milano..."
"Io invece giovedì sera ho una presentazione di un libro in centro, dove non vedo l'ora di andare per incontrare un po' dei miei amici blogger. E sabato dovrebbe venire a Roma un'amica del forum di Spinoza, così forse organizziamo una cena. E la settimana successiva ho una rimpatriata con un po' di compagne di scuola, e un'altra uscita con spinoziani. Poi c'è di nuovo una serata a teatro. Oh, beato te, stai sempre in giro..."
Claudio si gira a guardarmi con simpatia.
"Però, Cri: io giro, è vero, ma me pare che pure a te ora gli impegni nun te mancano" mi fa notare, sorridendomi con la fierezza di un padre che vede una figlia tramutatasi da brutto anatroccolo in cigno.
Ricambio il sorriso. E taccio, soppesando la sua osservazione dentro di me, riconoscendone l'emozionante fondatezza, gustandone l'intrinseco carezzevole affetto. "Apperò!" mi fa la mia bambina interiore, gongolando un po'.
Pure lui non aggiunge altro, si stiracchia soddisfatto e si appoggia di nuovo al parapetto. E restiamo un altro bel pezzo così, fianco a fianco, in silenzio, a goderci la beata, soffice dolcezza della sera.
A reati compiuti e briciole spazzolate via dagli abiti ci ritagliamo uno spazio tra le incombenze, il tedio e i travagli della giornata passati e quelli ancora da venire attardandoci un po' sul terrazzino che durante il giorno viene adibito a fumoir e che a quest'ora è deserto.
L'aria è calda e piacevole, e non tira, come si dice, un alito di vento.
Ci sporgiamo dal parapetto a guardare in giù il pittoresco panorama dei tetti e delle finestre illuminate che dà l'illusione di stare a Montmartre e intanto commentiamo le frustrazioni del lavoro, ci aggiorniamo velocemente sugli ultimi pettegolezzi, ci sfoghiamo per le meschinità vessatorie del nostro (sic) dirigente e della nostra (ir)responsabile del personale, ci scambiamo notizie confortanti e meno confortanti sullo stato di salute di colleghe, ci confidiamo piccoli segreti, ci raccontiamo le vicende della nostra settimana passata e gli eventi in programma per quella appena iniziata.
"Hai capito? Quella mi aspetta di continuo al varco. Ma io gliel'ho detto; questa è una persecuzione: stai attenta, ché se mi metto di punta ti faccio vedere di cosa sono capace. Ti mando la Guarda di Finanza in ufficio, proprio. Poi vojo vede come te metti."
"Clà, tu sei troppo sensibile, troppo consapevole, troppo dignitoso. E troppo te la pigli. Io manco la saluto, per me è invisibile, me ne impipo della sua esistenza. Che ti frega di una donnetta incapace e inutile così, che ti può dare al massimo il fastidio di una mosca?"
"Eh. Hai ragione. Dev'esse questo che je rode, che io nun me la filo de pezza, se la incontro nel corridoio manco me ne accorgo. Anche questo difatti le ho detto: "io a te nun te vedo proprio."
"Così dev'essere! E invece io, sai, venerdì scorso ho visto l'Otello al Quirino."
"Fico. E com'era?"
"Non male. Massimo Dapporto ha recitato dignitosamente, anche se, per quanto si sforzasse, l'ho trovato abbastanza improponibile come Moro di Venezia. Andava avanti e indietro mollemente per il palco nell'intento, immagino, di mostrare plastica inquietudine, ma anziché suggerire timore o rispetto, piccoletto com'è, e grinzoso, con la panzetta a botte sulle gambette secche, me faceva un po' ride..."
"Embè, no. Otello dev'essere vigoroso, anche fisicamente corpulento. Io ricordo quello fenomenale di Orson Welles, per me insuperabile."
"Vero! Ma pure Laurence Fishburne, nell'Otello con Branagh, aveva il giusto physique du role. Comparalo a Dapporto e poi me dici... Però in compenso Maurizio Donadoni come Iago è stato eccezionale. E anche la Desdemona era incisiva al punto giusto. Scrive Bloom che l'Otello è la tragedia più dolorosa di Shakespeare, e che la fine di Desdemona è insostenibile."
"Ha pienamente ragione."
"Shakespeare è un genio, il più grande conoscitore dell'animo umano. E' stato catartico, educativo, vedere rappresentato in quel modo così terribile, così impressionante, davanti agli occhi, che lo potevi toccare con mano, come la mente, partendo da qualche sua propria fragilità o incrinatura, e con un minimo diabolico intervento esterno, possa costruire un intero mondo immaginario alternativo alla realtà, del tutto mistificato, opposto al vero, e coerente, nella sua assurdità, che ti condiziona totalmente gli atti, la vita."
"Sì! E come possa influenzare i sentimenti di una persona, e i suoi convincimenti, al punto che tutto si tiene, e ogni ulteriore dettaglio, capovolto di senso, trova perfettamente il suo posto nel puzzle, a completare e rafforzare la certezza che si è disgraziatamente formata nella testa."
"Avessi visto la scena centrale dello scontro tra Otello furente, pazzo di dolore e gelosia, e Desdemona, agnello sacrificale, perfino stolida nella sua innocenza, del tutto impossibilitata a capire che cosa stava succedendo. Uno strazio. Mi ha fatto pensare tantissimo."
"... Ah, non si riesce a trovare una casa decente nei dintorni. Tutte senza terrazzo, al massimo con un balconcino. Non potrò mai abitare in una casa che non abbia il terrazzo, o un giardino. Non è tanto per la cana, ho capito che i cani si adattano a come vive il padrone. E' proprio che io senza uno spazio mio, indipendente, non ci so stare."
"Ah, quanto mi piacerebbe vivere qua vicino, in un villino della zona di Via San Quintino."
"Dillo a me... Devo ricuperare tre ore. Mi sa che vengo uno di questi giorni."
"Vieni domani mattina, così ci sono anch'io."
"Sì, forse è meglio. Ché poi giovedì devo stare tutto il giorno al museo a Genazzano. E poi devo partire per Milano..."
"Io invece giovedì sera ho una presentazione di un libro in centro, dove non vedo l'ora di andare per incontrare un po' dei miei amici blogger. E sabato dovrebbe venire a Roma un'amica del forum di Spinoza, così forse organizziamo una cena. E la settimana successiva ho una rimpatriata con un po' di compagne di scuola, e un'altra uscita con spinoziani. Poi c'è di nuovo una serata a teatro. Oh, beato te, stai sempre in giro..."
Claudio si gira a guardarmi con simpatia.
"Però, Cri: io giro, è vero, ma me pare che pure a te ora gli impegni nun te mancano" mi fa notare, sorridendomi con la fierezza di un padre che vede una figlia tramutatasi da brutto anatroccolo in cigno.
Ricambio il sorriso. E taccio, soppesando la sua osservazione dentro di me, riconoscendone l'emozionante fondatezza, gustandone l'intrinseco carezzevole affetto. "Apperò!" mi fa la mia bambina interiore, gongolando un po'.
Pure lui non aggiunge altro, si stiracchia soddisfatto e si appoggia di nuovo al parapetto. E restiamo un altro bel pezzo così, fianco a fianco, in silenzio, a goderci la beata, soffice dolcezza della sera.
In brebe sintesi una pausa dal lavoro trascorsa durante un mite pomeriggio novembrino in amicizia affettuosa con l'aggiunta di una conversazione piacevole ma soprattutto soddisfacendo con soddisfazione la gola. Il che non guasta. Complimenti.
RispondiEliminaGrazie! E giovedì 15 pausa ulteriore con ulteriore amicizia affettuosa con l'aggiunta di ulteriore conversazione piacevole quanto e più di quella descritta nel post. Mancava solo la soddisfazione della gola, ma ne son venute altre :D
Eliminacome scivola bene questo post.
RispondiEliminaRileggendo il dialogo - autentico anche nella progressione degli argomenti - sembra anche a me :)
EliminaLunghi momenti di felicità mi sembra vi regali questo terrazzino. Dove dentro c'è di tutto, dalla magnifica ingordigia alla simpatia, la piacevolezza del pettegolezzo leggero, la condivisione di attimi spiccioli di vita, il tutto in un'atmosfera dolce come può esserci solo in un pomeriggio novembrino con un compagno di caffé.
RispondiEliminaLa vita è difficile e caotica, in certi periodi ancora di più... Dunque davvero bisogna assaporare i momenti preziosissimi di gioia e serenità che riusciamo ad accaparrarci. Ci sono istanti che valgono settimane per come ci ricaricano di energia positiva. Sguardi, sorrisi, strette di mani, mi rimettono al mondo. Per non parlare degli abbracci...
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