"Arrivai a casa in ritardo. Una zuppa fumante, per niente estiva e ancora meno invitante mi aspettava nel piatto. Un passato di carciofi. Quella sera l'energumeno sembrava tranquillo e non sarei stato punito. Lui e la mamma sorridevano complici come non li avevo visti mai, e ricordo che pensai all'eventualità che ci fosse di nuovo un fratellino in arrivo. Vale a dire che lui, mentre io indugiavo nel fienile ad ascoltare il nuovo racconto di Gianni, gliel'avesse messo dentro per la terza volta. O per la seconda e mezza, visto che sospettavo che la morte prematura di quell'altro fosse stata dovuta a un inserimento non abbastanza convinto. Quella sera non sembravano neanche i miei genitori, ma due controfigure scelte male. Forse erano tornati in un felice passato sovrapposto al mio presente. O erano venuti giù da Shindar 9 o da chissà dove. Videla ogni tanto ragliava o nitriva. Oppure diceva cose come "Ure curòbia scurubienta". Lei aveva messo su una faccia compita,criptica e finto seria, e sembrava che il beone tutt' a un tratto fosse diventato lui. Quando passai al prosciutto e alla fontina, invece di sgridarmi per la mia attitudine a mangiare senza pane si limitò a esortarmi bonariamente: "Cumpesa, ninìn, cumpesa!". Mi chiamò, nei modi in cui mi chiamava quand'era in buona: Strungugnìn, Margnifùn, Federzùn,Balabiòtt, Baiù, fingendo di canzonarmi come se volesse fare amicizia. E non era tutto. Al reparto spedizioni dell'utensileria avevano festeggiato il compleanno di un caposquadra, e lui aveva addirittura rubato per me un pasticcino, tutto glassato di rosa. Guardai il pasticcino sul tavolo e fui vicino a sciogliermi in lacrime. Il mio nemico sotto sotto mi amava? Poi però pensai che non fosse giusto, confondermi così. Se mi vuoi male, devi volermi male sempre. Non che una sera mi picchi e la sera dopo mi regali un pasticcino e quella dopo mi picchi di nuovo. Non si fa. E' molto peggio che picchiare sempre."
(Avevi ragione, Nicola, questo libro mi piace tantissimo. Ci sono tante pagine su cui mi soffermo, tante frasi da sottolineare, tanti umori, tanti sapori, tanto che mi somiglia, tanto in cui mi ritrovo, tanto che scopro per la prima volta, tanto che mi affascina, che mi commuove, che mi entusiasma, in una girandola incandescente e colorata che mi fa sgranare gli occhi e spalancare l'anima per non perdermi nemmeno una virgola.
Ma, fra tutto quel ben di Dio, ho scovato questo paragrafo, all'inizio del capitolo 14. E fra tutto il resto, in particolare, questa cosa tu l'hai scritta per me, è mia, me la piglio.
Grazie)
Allora è tua.
RispondiEliminaE sono io a ringraziare te! :)
Toccante questo scritto! Ancora di più mi scuote quel tuo calarti fin nelle viscere di un personaggio così dolente. Mi riempi di malinconia.
RispondiEliminaMi spiace (perché mi spiace darti anche una briciolina di sofferenza...), e al contempo mi conforta, sentire la forza della tua empatia, Ambra.
Elimina:*
Sei stata fuori Roma?
RispondiEliminaQuando ho letto il tuo corsivo m'è venuta in mente quella bellissima canzone di Gabriella Ferri:
Sempre
Ognuno è un cantastoria
tante facce nella memoria
tanto di tutto tanto di niente
tanto buio tanto colore...
Il caro Nicola ci ha dato il la e io dico che a me il suo romanzo mi è piaciuto molto oltre a suscitare in me tanti ricordi.
Adesso lo sta leggendo mio figlio e la sua banda.
Il libro merita tantissimo. Era tanto tempo che non ne leggevo con tanta attenzione da capo a fondo uno. E ha contribuito non poco a rimescolarmi.
EliminaNon sono stata fuori Roma, sono stata dentro me stessa, Aldo caro. E scendendo mi scombussolo e mi inoltro in posti dove mi taglio e mi ferisco. E piango, anche, parecchio: con le mani sul viso, i singhiozzi che mi scuotono le spalle, e una disperazione assoluta da bambina. Ma domani andrà meglio.
Gabriella è perfetta... Non riesco a dire altro.
Grazie :)