Ieri è stata una di quelle tipiche giornate di novembre che ti sorprendono puntualmente, anno dopo anno, da quando sei al mondo, per la loro straordinaria e imprevista bellezza. Una di quelle giornate che paiono disegnate, dove, al posto dell'accecante bagliore estivo che tutto scolora e ingiallisce in una nebbia di calore evanescente, sei immersa in un'armoniosa punteggiatura di elementi che si stagliano nitidi e tangibili dentro la cornice del paesaggio che ti corona: il cielo pennellato di un azzurro materiale, i palazzi dalla prospettiva accentuata, iperrealista, l'arcobaleno di tinte forti degli alberi che virano dal verde cupo al rosso carminio. E tutto assume contorni più decisi, colori e suoni sono più marcati e distinti. E il suono dei tuoi passi sul selciato, di cui ti rendi conto in un modo nuovo ed insolito, ritma il tuo respiro, il tuo essere lì, viva, solida, esistente, al centro della scena.
L'anno scorso ho creduto che novembre fosse bello perché avevo incontrato una persona.
Oggi so che era il contrario: avevo incontrato una persona, e creduto di aver provato un'emozione per quell'incontro, perché novembre era bello. Era sempre stato bello, solo che io me ne accorgevo solo allora. E siccome ero inesperta, credevo di accorgermene per merito di quella persona. Invece ero io che ero cambiata dentro, mi ero aperta ed ero divenuta ricettiva alla bellezza. Mi ero svegliata da un lungo sonno, credevo col bacio di un principe. E invece non mi aveva baciata proprio nessuno. Mi ero destata da me.
Fino all'anno scorso ho atteso di cominciare a vivere come se dovesse piovermi dal cielo. Come se ad un certo punto nel mio cammino avessi dovuto trovarmi davanti una montagna incantata. Ora so di sentire, e di volere, tutto il contrario.
L'anno scorso ho creduto di cominciare a vivere perché mi era caduto dal cielo un angelo dalle ali ferite. Che poi si è rivelato un pipistrello, tuttalpiù, ma insomma. Ora invece so che non è così che si comincia a vivere. Che si comincia a vivere quando non si aspetta più che qualcosa ci piova dal cielo, ma ci si attiva per andarsela a cercare, quella cosa. Quando non si subisce passivamente ciò che accade a nostra insaputa, ma ci si adopera attivamente per farlo accadere.
Ora non voglio più incappare per caso in nulla. Voglio andare io a procacciarmi la mia gioia, il mio bene.
E tutto il cammino fatto, la sofferenza patita, ha dato i suoi frutti.
Quando ho fatto le foto sulla scalinata del Visconti nel mio cuore ferito c'era l'immagine di me e di Giulio seduti su quegli scalini.
Ora invece c'è l'immagine di me che faccio le foto, che mi cavo fuori un coraggio da leone e mi determino come persona autonoma, indipendente da lui, dal suo esserci o meno, e l'autostima che ne deriva ha soppiantato quel ricordo, e tutta la nostalgia sterile che lo corredava.
Ci ho messo un diaframma tra il primo e il secondo momento. Un diaframma pieno di me, pieno di autentica, succosa, preziosa vita.
L'anno scorso Roma era meravigliosa, i suoi tramonti mozzafiato, perché vivevo in un miraggio, un'allucinazione.
Oggi Roma è meravigliosa, i tramonti mozzafiato, perché vivo.
Perché ci sto dentro io.
Perché sono io, che do colore e bellezza a tutte le cose.
Ed era così anche l'anno scorso, è sempre stato così.
Ora, però, lo so.
L'anno scorso ho creduto che novembre fosse bello perché avevo incontrato una persona.
Oggi so che era il contrario: avevo incontrato una persona, e creduto di aver provato un'emozione per quell'incontro, perché novembre era bello. Era sempre stato bello, solo che io me ne accorgevo solo allora. E siccome ero inesperta, credevo di accorgermene per merito di quella persona. Invece ero io che ero cambiata dentro, mi ero aperta ed ero divenuta ricettiva alla bellezza. Mi ero svegliata da un lungo sonno, credevo col bacio di un principe. E invece non mi aveva baciata proprio nessuno. Mi ero destata da me.
Fino all'anno scorso ho atteso di cominciare a vivere come se dovesse piovermi dal cielo. Come se ad un certo punto nel mio cammino avessi dovuto trovarmi davanti una montagna incantata. Ora so di sentire, e di volere, tutto il contrario.
L'anno scorso ho creduto di cominciare a vivere perché mi era caduto dal cielo un angelo dalle ali ferite. Che poi si è rivelato un pipistrello, tuttalpiù, ma insomma. Ora invece so che non è così che si comincia a vivere. Che si comincia a vivere quando non si aspetta più che qualcosa ci piova dal cielo, ma ci si attiva per andarsela a cercare, quella cosa. Quando non si subisce passivamente ciò che accade a nostra insaputa, ma ci si adopera attivamente per farlo accadere.
Ora non voglio più incappare per caso in nulla. Voglio andare io a procacciarmi la mia gioia, il mio bene.
E tutto il cammino fatto, la sofferenza patita, ha dato i suoi frutti.
Quando ho fatto le foto sulla scalinata del Visconti nel mio cuore ferito c'era l'immagine di me e di Giulio seduti su quegli scalini.
Ora invece c'è l'immagine di me che faccio le foto, che mi cavo fuori un coraggio da leone e mi determino come persona autonoma, indipendente da lui, dal suo esserci o meno, e l'autostima che ne deriva ha soppiantato quel ricordo, e tutta la nostalgia sterile che lo corredava.
Ci ho messo un diaframma tra il primo e il secondo momento. Un diaframma pieno di me, pieno di autentica, succosa, preziosa vita.
L'anno scorso Roma era meravigliosa, i suoi tramonti mozzafiato, perché vivevo in un miraggio, un'allucinazione.
Oggi Roma è meravigliosa, i tramonti mozzafiato, perché vivo.
Perché ci sto dentro io.
Perché sono io, che do colore e bellezza a tutte le cose.
Ed era così anche l'anno scorso, è sempre stato così.
Ora, però, lo so.
Leggere queste parole mi ha portato un sorriso. Forse perché qui oggi piove a dirotto. O perché conosco quei tramonti romani. O forse è la tua rassenerante consapevolezza ;)
RispondiEliminaBuon fine settimana :)
Io sto pensando tanto al tuo bellissimo post, invece: ed è subito sera... E ti giuro, ho scritto questo pensando tanto, tanto, tanto a te.
EliminaBuon fine settimana.
Un abbraccio, con grande gioia ed affetto.
Ottobre e novembre, i mesi che preferisco. Le rare e belle giornate di sole sono brutalmente terminate ieri, e ancora una volta non sono riuscito a godermele.
RispondiEliminaE' arrivata la nebbia, come ha scritto anche Mezzatazza?
Elimina(La peculiarità delle rare e belle giornate di sole è la loro propensione a ritornare sulla scena. Ci sarà sempre, prima o poi, un'altra bella giornata di sole. Se poi non ti va di aspettare indefinitamente e hai uno scampolo di esistenza libero, vieni giù a Roma, ci facciamo un giro! Il sole dicembrino di Roma è celeberrimo, quanto e più del Colosseo o della Fontana di Trevi...)
Magari, Cri... Purtroppo i mesi autunnali sono anche tra i più densi d'impegni. Però mi piacerebbe proprio, chissà!
Elimina:)
EliminaE allora aspetteremo l'inverno. E se occorre anche la primavera :)
Ora lo sai vero, ma era veramente ora perchè vederti sorridere vuol dire tanto per chi ti conosce e sente di affezionarti.
RispondiEliminaps, Si dice "affezionarsi" somaro d'un aldo.
RispondiEliminaVa bene comunque. Dove c'è l'affetto va bene tutto ;)
Elimina:*
<3
"sono io, che do colore e bellezza a tutte le cose". Quanto mi ha fatto bene leggere questa frase! Mi fai sentire meno sola, nel mio modo di essere viva. Grazie, Cri, di cuore.
RispondiEliminaE credi proprio che averti incrociata in questo mio cammino non c'entri nulla con le mie nuove determinazioni? Che la tua forza gentile non abbia dato forza anche a me? Che io non sia ricorsa anche all'immagine e al pensiero di te in questa mia rivoluzione privata di cambio di prospettiva? Io e te - e altri come te e me - in certo modo, siamo sempre state sole, e sempre lo saremo. Sole e mai isolate, perché attraversate dall'anima del mondo. Grazie a te, Minerva, con amore.
EliminaUn bacio a te allora, ché l'inizio della giornata e della settimana ti sia leggiadro :-)
EliminaAltrettanto! :*
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