martedì 27 gennaio 2015

Un cuore vigile

Ciò che non ricordiamo, siamo costretti a ripeterlo.







27 gennaio: Giorno della Memoria.

27 gennaio 1945: apertura dei cancelli del campo di concentramento di Auschwitz ad opera delle truppe russe.

I will survive

La tempesta perfetta pare in fase di esaurimento.
E il mio maestro jedi dovrebbe esser di nuovo in Italia, sano e salvo (altrimenti, dato il luogo in cui stava, una delle polveriere più pericolose del globo, avrei avuto brutte nuove dagli organi di informazione). E lo rivedrò tra meno di quarantott'ore.
(E faremo quello che ha detto endi.)
E, a proposito del mio maestro jedi, da quelle parti, a non troppa distanza dal suo territorio d'azione, i combattenti curdi - tra cui le bellissime ragazze fiere, laiche, straordinariamente toste e sempre sorridenti, che compaiono in foto a corredo di ogni servizio o lancio d'agenzia - hanno liberato Kobane, il che è pure una notizia meravigliosa.
E in Grecia vince finalmente, come millenni fa, la democrazia, e la speranza che ci possa essere un'alternativa politica capace di tener testa alla finanza, mostro senza volto che sta erodendo alla radice i valori primari della nostra civiltà: solidarietà, equità sociale, giustizia. Eguaglianza. Fratellanza. Libertà.

Ieri, tornando in auto per l'ennesima volta dal luogo in cui dal cinque gennaio sono andata una, più spesso due volte al giorno, ascoltando come al solito le notizie alla radio, ho sentito l'esultanza, il sollievo per l'affrancazione da un giogo insopportabile di un popolo mescolarsi all'esultanza e al sollievo per la mia personale affrancazione, inebriata dal riprendere contatto con me stessa e autonomia del mio corpo e dei miei pensieri, governo pieno sulla mia esistenza.

Una nuova leggerezza si è impossessata di me. I will survive! M'è venuto spontaneo di canticchiare allegramente, mentre mentalmente mi congedavo per l'ennesima volta - questa però con gran soddisfazione e placidità - da chi mi voltò le spalle in tempi lontanissimi lasciando, al posto di un legame tra me e lei, una ferita in me ormai cicatrizzata, un vuoto sempre più ristretto man mano che mi dilato: non con rabbia o amarezza, come sarebbe appropriato per le parole della canzone: no, con la levità variopinta, aerea, soave, del playback danzante delle meravigliose drag queen infilate in vestiti incongrui, incredibili, in mezzo al desolato, aspro outback australiano in Priscilla, regina del deserto. Ciascuna col suo carico di umiliazioni e vessazioni subite; ciascuna con la sua pena in cuore, col suo sé irrisolto, alla disperata ricerca del senso della propria vita: ma lo stesso sorridenti di un sorriso che è aureo distacco e insieme profonda empatia e intenso legame con gli altri esseri umani, che affratella la loro artificiosità emarginata nel consesso civile alla naturalezza selvaggia di altri emarginati, i nativi autoctoni del deserto, e che viene solo da dentro.

Pian piano riprenderò in mano i fili abbandonati: scriverò mail, sistemerò abiti, esaminerò pratiche, andrò a trovare amici.

Oggi ho festeggiato concedendomi l'abbandono ad una soffice, beata inerzia.

Anche questa è fatta. I will survive, ho svoltato un'altra curva e sono ancora qua.

Giubiliamo.

Stamane intanto, all'alba, ormai tra veglia e sonno, ho fatto un sogno bellissimo: ho sognato che era primavera, e io mi preparavo lieta e uscivo a farmi carezzare da un raggio di sole, e tutto era tiepido e luminoso. E no, non era andato avanti il tempo: era gennaio, proprio oggi, ventisei gennaio, ed era primavera in gennaio, e io mi dicevo, gaia e sicura, "andiamo a goderci questa primavera di gennaio!", sì, proprio così.



At first I was afraid, I was petrified,
Kept thinkin' I could never live without you by my side,
But then I spent so many nights thinkin' how you did me wrong,
And I grew strong, and I learned how to get along,

And so your back, from outerspace,
I just walked in to find you here with that sad look upon your face,
I should've changed that stupid lock,
I should've made you leave your key,
If I had known for just one second you'd be back to bother me,

Go on now go, walk out the door,
Just turn around now, 'cause you're not welcome anymore,
Weren't you the one who tried to hurt me with goodbye,
You think I'd crumble? You think I'd lay down and die?
Oh no not I, I will survive,
Oh as long as I know how to love I know I'll stay alive,
I've got all my life to live; I've got all my love to give,
And I'll survive, I will survive,
Hey, Hey!

It took all the strength I had not to fall apart,
And trying hard to mend the pieces of my broken heart,
And I spent oh so many nights just feeling sorry for myself,
I used to cry, but now I hold my head up high,
And you'll see me, somebody new,
I'm not that chained up little person still in love with you,
And so you felt like droppin' in and just expect me to be free,
Now I'm savin' all my lovin' for someone who's lovin' me.

Go on now go, walk out the door,
Just turn around now, 'cause your not welcome anymore,
Weren't you the one who tried to break me with goodbye,
You think I'd crumble? You think I'd lay down and die?
Oh no not I, I will survive,
Oh as long as I know how to love I know I'll stay alive,
I've got all my life to live, I've got all my love to give,
And I'll survive, I will survive. Oh

Go on now go, walk out the door,
Just turn around now, 'cause your not welcome anymore,
Weren't you the one who tried to break me with goodbye,
You think I'd crumble? You think I lay down and die?
Oh no not I, I will survive,
Oh as long as I know how to love I know I'll stay alive,
I've got all my life to live, I've got all my love to give,
And I'll survive, I will survive, I will survive

It took all the strength I had not to fall apart,
And trying hard to mend the pieces of my broken heart,
And I spent oh so many nights just feeling sorry for myself,
I used to cry, but now I hold my head up high,
And you'll see me, somebody new,
I'm not that chained up little person still in love with you,
And so you felt like droppin' in and just expect me to be free,
Now I'm savin' all my lovin' for someone who's lovin' me.

Go on now go, walk out the door,
Just turn around now, 'cause you're not welcome anymore,
Weren't you the one who tried to hurt me with goodbye,
You I'd crumble? D'you think I'd break down and die?
Oh no not I, I will survive,
Oh as long as I know how to love I know I'll stay alive,
I've got all my life to live; I've got all my love to give,
And I'll survive, I will survive, I will survive

mercoledì 21 gennaio 2015

Nord sud ovest est


Ho perso la bussola, l'altra settimana.
Mentre sdraiata sul lettino in penombra seguivo con lo sguardo il solito itinerario, dalla lucina sorretta a perpendicolo sopra la mia testa dal mio maestro jedi alla punta del mio naso e ritorno, e così via, a un certo punto mi sono sentita capovolta: io in alto e la lucina in basso, io divenuta lucina, la lucina diventata me. Ed è durata un po', questa sensazione di capitombolo nel fondo concavo, oscuro e vellutato percorso dai miei occhi caduti in una slabbratura, finiti in un cosmico interstizio curvo di una variante al piano geometrico euclideo.
Gliel'ho detto, al mio maestro jedi. E lui l'ha trovato uno scarto, una discrepanza, molto interessante. Che esploreremo al suo ritorno.
Sì, perché questa settimana niente sedute terapeutiche, niente lucine: lui è, per il momento, lontano, tanto lontano da me e dall'Italia, in un luogo in mezzo alle alture in cui si è annidato uno dei nuclei dell'inizio della civiltà umana ed oggi si annida uno dei focolai della minaccia alla sua fine, a fare la sua parte nella, dice lui, resistenza al sopravvento del cervello rettiliano, e tornerà, se tutto va bene, ossia, se la forza del tronco encefalico lo proteggerà, a fine mese. 
Io gli ho detto che sono fiera, e contenta, che lui abbia deciso di andare ad apportare il suo contributo di uomo a sostegno della propria ed altrui umanità. Che aderisco al suo bisogno di andare, che voglio anch'io, assieme a lui, che lui vada, sposo la sua causa e lo sostengo in questa scelta. Ma che vorrei pure che, una volta espletato questo alto compito di aiuto a creature in estremo bisogno, riscendesse da quelle perigliose altezze per tornare ad aiutare anche me, pur'io creatura ancora bisognosa di lui.
Lui ha sorriso, felice di esser supportato nella sua libertà di pigliare il volo ma anche di esser sollecitato a ritornare. Di poter sentire importante la sua presenza lì, in quel teatro di guerra folle e barbarica, a contatto con le più atroci sofferenze del mondo, tanto quanto quella accanto a me, singolo essere alle prese con i grovigli minuti delle proprie piccole, individuali follie e sofferenze.
Così, nell'attesa del mio amatissimo amico saggio alle prese col turbine degli eventi della Storia, sballottata dai refoli degli eventi della mia storia, il mio disorientamento esce dalla stanza del suo studio, tracima nel quotidiano, prende forme plastiche nelle contorsioni d'acciaio del serpente della tangenziale che percorro dal cinque di gennaio una volta al giorno, più spesso due, sotto il sole, sotto la pioggia, con la luce naturale ed artificiale, cambiando continuamente aspetto, verso, direzione dei punti cardinali, per andare a svolgere il mio, di compito: un compito ingrato, imprevisto ed usurante, che erode ogni giorno di più la mia volontà e la mia pazienza, e svalorizza il senso dei rapporti con chi mi sta accanto, e consuma il filo dei miei pensieri, tal ché non riesco, e anzi nemmeno più mi provo, colma d'una calma svogliatezza innaturale, d'una tranquilla attonita indifferenza, a bloccare il flusso delle mie immagini mentali in costrutti minimamente razionali ed ordinati atti a farmi combinare qualcosa al lavoro, rispondere a mail di persone a me carissime, leggere tre pagine di un libro, seguire mezz'ora di trama di un film, trovare il tempo e il modo di andare da un amico. Vivo sospesa, galleggiante in questa incerta assenza di gravità che m'alleggerisce come una piuma, una brezza lieve che mi trascina senza farmi sbattere, come un feto nel liquido amniotico.
Il mio maestro jedi non c'è, e in mancanza di lui, dei suoi abbracci, vengono a trovarmi in sogno per abbracciarmi altri che, non essendo mai esistiti, restano per sempre dentro di me, in sogni compensatori dolci amari vividi come realtà; e vivo una concretezza lucida, surreale, rarefatta e straniante come un sogno, confusa, sottosopra, nord sud ovest est che vorticano lentamente, senza parere, attorno a me.
Il mio maestro jedi non c'è, è a combattere la sua battaglia in nome di tutti.
Io ci sono, e combatto anch'io, in nome mio.
Ci mostreremo a vicenda le ferite, orgogliosi reduci, quando il mondo smetterà di girarmi attorno, e ci ritroveremo assieme di nuovo.

venerdì 9 gennaio 2015

Je suis Charlie



Io sono una dalle reazioni inconsulte, incongrue. Persino in circostanze che non mi riguardano, che nulla hanno, in superficie, a che fare con me. 


Una volta su due la mia risposta agli eventi - per questo, a sua volta, una volta su due esagerata - è emotiva, e proviene da una regione primaria di me stessa, un meccanismo preordinato alla corteccia frontale cerebrale, sede del linguaggio e della elaborazione analitica delle immagini. Dal sistema limbico, insomma, direbbe il mio maestro jedi, ultrà della teoria dei tre cervelli. 

Ma raramente questi impulsi reattivi pigliano direzioni così nette con tale potenza, facendomi uscire da me stessa previa espugnazione del mio fortino interiore a colpi precisi e violentissimi di ariete.

Andando a ritroso nella memoria fin dove riesco ad arrivare ricordo due sole occasioni di spicco.

Una ha a che fare con la morte di Nicola Calipari, un evento per me sconvolgente per chissà che mi fece scattare dentro da costringermi ad andare a mettermi in fila al Vittoriano ad omaggiare la salma, con un'emozione che mi faceva pulsare le vene nei polsi manco fossi ad un matrimonio. Continuando, mentre attendevo il mio turno di trovarmi davanti alla sua bara, a vedermi davanti agli occhi la scena: Calipari che, non per eroismo, non per esaltazione, semplicemente per ostinazione e professionismo esemplari, per portare a termine una missione rischiosa ma sin lì riuscita, per non farsela mandare in vacca all'ultimo momento, senza esitazione, istintivamente, si getta su Giuliana Sgrena, una donna che non fa parte della sua cerchia di affetti, che fino a quel momento non aveva mai incontrato, di cui forse nemmeno condivide le scelte, le fa scudo col suo corpo e le salva la vita scambiandola con la sua, ricevendo le pallottole destinate a lei. Mentre non mi si levava dalla testa un pensiero che mi dava le vertigini: l'aveva fatto per la Sgrena, l'avrebbe fatto per me, l'avrebbe fatto per i miei figli. L'aveva fatto per la Sgrena, l'aveva fatto a me, l'aveva fatto ai miei figli.

L'altra mi ha preso di brutto l'altro ieri, quando ho saputo della strage nella redazione di Charlie Hebdo. Con l'indignazione, la rabbia, che mi montava dentro, nell'apprendere i contorni che contribuivano a perfezionare il quadro di orrore e morte. E anche lì, come per Calipari, è scattata l'identificazione: i terroristi sono entrati in un luogo intimo e quotidiano e, per un malinteso eroismo, una cieca esaltazione, con bruta ostinazione e professionismo esemplare hanno annientato degli uomini pacificamente riuniti attorno ad un tavolo durante una riunione di lavoro a sangue freddo. E non ha smesso dal primo istante, anche qui, di turbinarmi in testa un pensiero: l'hanno fatto a loro, con un pretesto: con un altro pretesto, altrettanto arbitrario, l'avrebbero fatto a me, l'avrebbero fatto ai miei figli.

Non conoscevo le vignette di Charlie Hebdo. Non avevo visto quelle su Maometto, che pure avevano suscitato tante proteste e polemiche qualche anno fa. Ora le ho scorse, e posso dire che non mi piacciono, affatto. La loro oscenità è gratuita e spocchiosa, sterilmente provocatoria, non priva di violenza ideologica. Il Vernacoliere, in Italia, è arte sublime, a paragone.


Eppure il mio meccanismo psichico non ha avuto esitazioni, nel muovermi ad un'incazzatura bestiale per quegli assassini brutali, efferati, commessi contro chi quelle vignette aveva concepito e disegnato.

Perché una donna come me, difettosa, attivata di preferenza dal sistema limbico anziché dalla corteccia encefalica, come se fosse rimasta indietro di uno stadio evolutivo, non può concepire di accettare che esistano suoi simili rimasti, o tornati, allo stadio ancora più grezzo, quello del cervello rettiliano. 


Perché al di là delle grandi questioni - la libertà di espressione, il ruolo sociale della satira, la perniciosità del fanatismo religioso, il valore del multiculturalismo, la tolleranza, la mescolanza, la vicinanza, la testimonianza, la militanza - qui per me la faccenda sta ancora più a monte, proprio al grado zero della nuda autocoscienza individuale e collettiva: sta nella mera, elementare constatazione dell'assurdità di opporre, ad un uomo inerme, che faccia cose simpatiche od odiose, argute o idiote, amabili o insopportabili, concilianti o provocatorie, un uomo con un kalashnikov: di opporre ad una vignetta, un disegno fatto con le matite colorate!, una sventagliata di mitra in faccia, un disegno di morte. 

E' questa mostruosa sperequazione, contraria alla logica e all'intelligenza, che io respingo gonfia di rabbia, sopra tutto e prima di tutto. E' per questo che non si deve dargliela vinta, a questi subumani psicopatici.

E l'unica risposta possibile è quella di Vittorio Arrigoni: restiamo umani. Che significa, restiamo pacifici, non facciamoci coinvolgere nella dinamica di violenza estremistica, nella spirale dell'odio e della vendetta. Non rispondiamo ad un massacro che è una dichiarazione di guerra con l'accettazione di questa guerra. Opponiamo alla furia massiva l'individualità di una mente, tante menti, pensanti e autonome. Annientiamoli con la forza dell'ironia, della superiorità della corteccia encefalica sul cervello rettiliano. Facciamo veder loro che le loro azioni producono questi effetti, assolutamente antitetici e controproducenti per i loro intenti. Che per questo non ci possono sottomettere, e non potranno farlo mai.

Ad esempio, così, con questa meravigliosa, straziante, esilarante copertina per il nuovo numero di Charlie Hebdo (che andrà in edicola regolarmente tra qualche giorno), immaginata da un altro collettivo satirico francese, Les Guignols, in tributo alla metà dei morti di Charlie Hebdo, i sei disegnatori, i quali simbolicamente rappresentano tutti gli altri, caduti assieme a loro.




sabato 3 gennaio 2015

Overjoyed

A te, che vibri di sofferenza risuonando in me, il cui cuore pesante stanotte pesa dentro il mio, per le cui labbra senza sorriso anche il mio muore.
A te, che non ci sei, ti sei smarrito e non hai voglia di cercarti, e non vuoi scoprire che sto provando ad aiutarti a ritrovarti.
A te, inespugnabile, tenero e roseo nido di giovinezza, irto di finte spine, sfiorato con meraviglia, cautela e devozione.
A te, che hai avuto la generosità di ritrarti da ogni spazio, prosciugando l'eco del tuo ricordo per ogni dove, fin quasi a farmi dubitare di averti solo immaginato.
A tutti voi altri, nuovi e antichi, cari e carissimi, quotidiani e saltuari, vicini e lontani, concreti ed evanescenti, noti e presunti, reali e virtuali, giovani e vecchi, recenti e remoti, carpiti e lambiti, acquistati e perduti, che riempiste, riempite e riempirete le mie ore, i miei pensieri, i miei sguardi, i miei sogni, il mio essere.
Tutti voi io stringo forte al petto, e a tutti voi io elevo il mio canto, con gratitudine e amore. Che vi sia per voi, ovunque, bene, e gioia, e vita.



Over time, I've been building my castle of love
Just for two, though you never knew you were my reason
I've gone much too far for you now to say
That I've got to throw my castle away

Over dreams, I have picked out a perfect come true
Though you never knew it was of you I've been dreaming
The sandman has come from too far away
For you to say come back some other day

And though you don't believe that they do
They do come true
For did my dreams
Come true when I looked at you
And maybe too, if you would believe
You too might be
Overjoyed, over loved, over me

Over hearts, I have painfully turned every stone
Just to find, I had found what I've searched to discover
I've come much too far for me now to find
The love that I've sought can never be mine

And though you don't believe that they do
They do come true
For did my dreams
Come true when I looked at you
And maybe too, if you would believe
You too might be
Overjoyed, over loved, over me

And though the odds say improbable
What do they know
For in romance
All true love needs is a chance
And maybe with a chance you will find
You too like I
Overjoyed, over loved, over you, over you