giovedì 31 ottobre 2013

Canzoni alla radio

E' già notte, ma questo non mi disturba. A Roma si vive una coda di ottobrata particolarmente gradevole, e il buio che piomba improvviso prima delle sei di pomeriggio sembra uno spruzzo anticipato di magia della sera, di quelle ruffiane serate romane profumate e brillanti di stelle e percorse dal dolce fremito del ponentino come quella invocata da Rugantino per fa' capitola' Rosetta (ancora Trovajoli, così caro al mio cuore e in questi giorni tanto presente nei miei pensieri, questo meraviglioso menestrello dello spirito universale della città eterna cantato in tante colonne sonore di commedie musicali e film che fu, in virtù del suo talento strepitoso, imprescindibile complice di Luigi Magni nel perfetto connubio tra musica e parole per la creazione dell'atmosfera delle sue storie antiche e sempre attuali).
Questo, però, non è un post su Trovajoli, di cui pure, per noti e plausibili motivi, ascolto e canticchio incessantemente fra me e me le melodie da qualche giorno; né sugli incanti della mia città. Questo è solo un post di pace e di quiete, di soffice tranquillità che mi scende addosso dopo un paio di giorni faticosi, un paio d'ore prima dell'alba passate in lucida veglia e una mattinata emotivamente convulsa; perché capitano anche giorni così, albe così, mattinate così. Questo è un post di decantazione, di riassestamento, di placida errabonda rilassatezza meditativa.
Di riordino di idee vaganti che afferro mentre mi volano nella mente come farfalle da acchiappare col retino. Di pigra, amabile contemplazione di cose semplici, belle, essenziali.
Il sorriso splendido di una persona cara.
Gli occhi chiari, vividi, di un'altra.
La canzone qua sotto, che è passata alla radio l'altra mattina cogliendomi di sorpresa e facendomi vibrare di una piccola, improvvisa, insensata esultanza.
Cose minuscole che bastano e avanzano per amare la vita.


Coi dadi si stan giocando le stelle 
con gli spot sono bravi a venderci i sorrisi 
e noi davvero chissà chi lo sa con quale voce parlare 
è così così per caso nasce una canzone 
forse è stupido ma

è la più bella di tutte 
si stacca piano dal cuore 
è la più bella di tutte 
è una canzone d'amore 
è come un sasso leggero 
guardo la mano poi guardo in su 
lo tiro in alto e non ritorna più 
è un miracolo o no?

se il sasso nel cielo 
è già una stella cometa
se fosse per questo
che hanno inventato la radio
e le gite all'aperto
le corse in bici sotto ai cieli blu
proprio come quando c'eri tu

Coi dadi e poi con le guerre 
coi robot che sanno già fare l'amore 
per noi ancora qui proprio qui 
con tante cose da dire 
è così che in silenzio parte una canzone 
sembra stupido ma

è la più bella di tutte 
si stacca piano dal cuore 
è la più bella di tutte 
ecco la rima: amore 
è solo un sasso leggero 
guardo la mano poi guardo in su 
lo tiro in alto e non lo vedo più 
è un miracolo o no?

Che il sasso nel cielo 
è già una stella cometa
forse è proprio per questo
che hanno inventato la radio
e le gite all'aperto
e i vestiti di seta
le corse in bici sotto al cielo blu
le corse in bici sotto al cielo blu


domenica 27 ottobre 2013

In nome del papa re

M'hai dato tanto, e per tutto quello che m'hai dato io ti ho voluto bene, te ne voglio ancora e sempre te ne vorrò. Non ti dimenticherò, mio caro concittadino. Ciao, Gigi, e grazie di tutto.





mercoledì 23 ottobre 2013

Sogno

Non riesco più a leggere i vostri post da più di qualche giorno, e me ne scuso, promettendo che riprenderò il ritmo entro domani. Ho avuto giornate frenetiche, dentro e fuori di me. Sono stata tanto tempo in giro, da sola o in compagnia di esseri umani che hanno reso il tempo trascorso assieme a loro intenso e significativo. E adesso vivo della rendita di quelle percezioni positive.
Che poi, come sempre accade, una ciliegia tira l'altra, e ci prendi gusto, e allora ti cerchi altre situazioni in cui assaporarle, quelle percezioni.
Non perché la vita sia rosea, eh. Anzi. Ma perché anche nella difficoltà se ne coglie la bellezza. Che sta nascosta in ogni piega dell'esistenza, per chi ha imparato a scorgerla e a vederla, e prima ancora a cercarla con desiderio, bramandola.
Sta persino nella preoccupazione per un amico. Che in questo momento sta affrontando una prova difficile.
Io gli ho promesso che avrei pensato a lui, lui sa che lo sto facendo. E che sto postando questo arrangiamento del Sogno di Ratcliff: una delle arie che più mi incantavano da bambina e da ragazza.
Perciò, caro amico, Cri adesso sogna con te, si disperde nell'ipnotica sequenza di queste note, per venire a dimorarti accanto, aleggiarti attorno impalpabile in quest'attimo sospeso. Poi, ripresi i suoi contorni, e tu ripresi i tuoi, ritroverete entrambi la vostra concretezza, e vi incontrerete di nuovo sui percorsi della realtà.
Ma per adesso, sssssst, sogniamo assieme un sogno bello.


sabato 19 ottobre 2013

Alla breccia di Porta Pia



Quelli la sfondarono per entrare, questi per uscire.
La storia d'Italia è tutta qui.

Sweet dreams/2

Nell'ultimo sonno della prima mattina ho fatto un sogno.
Un sogno articolato in unità di tempo, di luogo e di azione. Talmente ben sceneggiato da sembrare un film. Curato in ogni minimo dettaglio, persino nell'uso delle luci. Tenero, sereno, commovente.
Era tanto che non sognavo così bene. E ad un certo punto, quasi che il mio inconscio dicesse "adesso basta, la dose è sufficiente e l'antifona è stata capita, non scrofaniamoci di cose belle sennò facciamo indigestione" mi sono svegliata. Senza sapere come andava a finire. O meglio, come sarebbe continuato.
Ma lo stesso con un gran sorriso sul volto e con la gioia nel cuore.
Far pace coi propri ricordi, che meravigliosa conquista.

venerdì 18 ottobre 2013

Perché non sei una mela

Qui c'è l'ennesimo regalo di Angie. Sotto l'ennesimo ennesimo: la traduzione che ne ha fatto per me che sono una capra in inglese (e non solo).

"Trovati una ragazza che non legge, incontrala nello squallore di un bar del Mid-West, in mezzo al fumo, nel sudore alcolico e nelle luci sgargianti di un night esclusivo. Ovunque la trovi la vedrai sorridente. Assicurati che il sorriso le rimanga anche quando le persone con cui parla guardano altrove. Intrattienila con banalità prive sentimento. Usa frasi ad effetto e ridine tra te e te. Portala fuori a notte fonda. Ignora la pesantezza della situazione. Baciala nella pioggia, sotto la debole luce di un lampione perché “così fanno nei film”. Nota la sua mancanza di profondità. Portala nel tuo appartamento. Facci l'amore frettolosamente. Trombala.

Fa sì che il frettoloso contratto che avete scioccamente stipulato evolva lentamente e maldestramente in una relazione. Scopri interessi comuni come il sushi o la musica folk. Costruisci un impenetrabile bastione su codeste basi, rendilo sacro. Ritirati in esso ogni volta che l'aria diventa stagnante o le serate si fanno lunghe. Non parlare di nulla che abbia un senso. Pensa il minimo indispensabile. Lascia trascorrere i mesi.
Chiedile di venire a vivere a casa tua. Lasciagliela decorare. Liticaci per cose che non hanno senso tipo: come deve essere tesa la maledetta tenda della doccia per non allagare il pavimento. Lascia passare un anno senza pensare al tempo trascorso. Comincia a pensarci. Comincia a pensare che dovreste sposarvi perché altrimenti avreste perso un sacco di tempo. Portala a cena al 45esimo piano di un ristorante che non ti puoi permettere. Assicurati che ci sia una splendida vista della città. Con fare impacciato chiedi ad un cameriere di portarle un calice di champagne con un modesto anellino dentro. Quando lei se ne accorge chiedile di sposarti con tutto l'entusiasmo e la sincerità che puoi racimolare. Non preoccuparti troppo se senti balzare il tuo cuore attraverso un pannello di vetro. E non ti preoccupare troppo se non riesci a sentire nulla. Se c'è un applauso lascialo sfumare. Se lei piange sorridi come se non potessi essere più felice. Se lei non sorride sorridi comunque.
Lascia che gli anni passino indolentemente. Fatti una carriera. Compra una casa. Metti al mondo due figli incredibili. Cerca di crescerli bene. Talvolta fallisci. Lasciati scivolare in una indifferenza annoiata e poi in una tristezza indifferente. Attraversa la crisi di mezza età. Invecchia. Interrogati sulla tua mancanza di successo. Sentiti a volte felice ma per lo più vuoto ed impalpabile. Pensa, quando cammini, cosa succederebbe se tu non tornassi più o se volassi via nel vento. Contrai un male inguaribile. Muori ma solo dopo aver osservato che la ragazza che non legge non ha mai mosso il tuo cuore verso nessuna passione rilevante, che nessuno scriverebbe la storia della vostra vita, e che anche lei morirà con soltanto il lieve rammarico che nulla è maturato nella sua capacità di amare.
Fai tutto questo, maledizione, perché non c'è niente di peggio di una ragazza che legge. Fallo, ti dico, perché vivere in purgatorio è sempre meglio che vivere all'inferno. Fallo perché una ragazza che legge ha un vocabolario che le permette di descrivere la scontentezza informe di una vita non realizzata, un vocabolario che analizza la bellezza innata del mondo e la rende una necessità accessibile invece di una fantasia sconosciuta. Una ragazza che legge rivendica un vocabolario che distingue tra la retorica fredda e disumana di chi non la ama e la disperazione muta di chi la ama troppo. Un vocabolario, perdio, che rende i miei vuoti sofismi dei trucchetti da 4 soldi.
Fallo perché una ragazza che legge conosce la sintassi. La letteratura le ha insegnato che i momenti di tenerezza vengono ad intervalli sporadici ma riconoscibili. Una ragazza che legge sa che la vita non è piana, sa, e giustamente chiede, che ci sia il riflusso dopo un'ondata di disappunto. Una ragazza che ha letto possiede nella sua sintassi il senso delle pause irregolari e l'esitazione del respiro, tipico della menzogna. Una ragazza che legge percepisce la differenza tra un breve momento di rabbia e la radicata abitudine di coloro il cui cinismo progredisce oltre qualunque forma di ragione, o scopo, progredisce anche dopo che lei ha fatto la valigia e detto un riluttante addio dopo aver deciso che io sono solo una serie di puntini di sospensione e non un periodo. Sintassi che conosce il ritmo e le cadenze per una vita vissuta bene.
Trovati una ragazza che non legge perché la ragazza che legge conosce l'importanza della trama. Sa tracciare il limite tra il prologo e le creste affilate dei climax. Li sente nella propria pelle. La ragazza che legge sarà paziente con un intermezzo e rapida verso epilogo. Ma soprattutto la ragazza che legge conosce l'ineluttabile senso della fine. E' a suo agio con le conclusioni. ha detto addio a migliaia di eroi solo con una punta di rammarico.
Non prenderti una ragazza che legge perché le ragazze che leggono sono le narratrici. Tu e Joyce, tu e Nabokov, tu e la Woolf. Tu là nella biblioteca, sulla piattaforma del metrò, all'angolo del caffè, alla finestra della tua stanza. Tu che hai reso la mia vita così dannatamente difficile. La ragazza che legge ha intessuto la sua vita di significato. Pretende che la sua narrativa sia ricca, i comprimari siano sfaccettati e i caratteri evidenziati.
Tu, ragazza che legge, vuoi che io sia tutto ciò che non sono. Ma io sono fragile e ti deluderò perché hai sognato qualcuno che è migliore di me. Tu non accetterai la vita che ho descritto all'inizio del mio pezzo. Non accetterai niente meno della passione e della perfezione e una vita degna di essere narrata. Quindi vattene. Prendi il prossimo treno per il sud e portati Hemingway con te. Ti odio. Ti odio veramente, veramente, veramente tanto."

mercoledì 16 ottobre 2013

La Moldava

Oggi ho fatto una lunga chiacchierata con una delle persone che amo di più al mondo.
Io le voglio un bene che si potrebbe definire esagerato, se non si trattasse di lei.
Invece, siccome si tratta proprio di lei, è tutto fuorché esagerato. Anzi.

Lacrime di Nemo mi ha fatto venire in mente questo splendido poema sinfonico, da cui ha rubato l'incipit.

Recita wiki: "Nella Moldava Smetana celebra la bellezza del fiume Vltava (da cui ha preso nome anche il poema), che nasce nei boschi della Selva Boema e dopo aver attraversato la campagna, giunge a Praga per poi sfociare nell'Elba, che a sua volta si getterà nel Mare del Nord."
Questa musica incantata descrive in modo mirabile il ruscello cristallino che gorgheggia, saltando tra le pietre della montagna, e poi man mano scende a valle, si ingrossa, diventa un fiume pieno, maestoso, che attraversa ogni luogo vivificandolo, e poi impetuosamente, in un crescendo trascinante, tra mille spruzzi e zampilli, milioni di gocce iridate, sfocia trionfante nel grande mare.
Una meraviglia della natura.

E ho subito pensato a quanto è simile a questo fiume, Angie.

Perciò questo post lo dedico a lei. 



martedì 15 ottobre 2013

Lacrime di Nemo


Dopo una giornata incredibilmente tempestosa, piena di furia e di schiuma, la sua navicella, sferzata dagli schiaffi delle onde, bruciata dal calore di un sole implacabile, ha finalmente trovato da ancorarsi.
Non ha fatto naufragio. E' sopravvissuta. Potrà rispiegare le vele, e ripartire.

E ora è scesa la notte, come un sipario finalmente calato sull'estenuante spettacolo che oggi è stata costretta a interpretare davanti a me, spettatrice impotente. La sua battaglia per la conquista dell'atollo dove credeva di aver trovato un tesoro che invece non c'era è finita. Ha perso, è stata ricacciata indietro, ferita, ma viva. Cessata la pioggia delle frecce acuminate di parole, si è impadronita del campo la quiete di un soffice silenzio.
E io qui, ora staccata da lei, su un'altra riva, a lei penso, e vorrei donarle il riposo, e sogni belli.

Nulla meglio di una ninna nanna, dunque. Che le giunga di là attraverso il mare.
Per placare ogni tormenta, per propiziare la bonaccia.
E che le propizi anche il salpare di nuovo, verso un'altra terra, non ostile, non infida, nel giorno che verrà.

(Buonanotte alla mia cara esploratrice. Che possa trovare l'approdo giusto.)


Chiaro di luna scendi in fondo al mare
e arriva dove il vento non può arrivare
e trova le parole per calmare
quest'acqua che si mescola col sale
quest'onda sulla riva delle ciglia
Che un po' t'incanta e un po' ti meraviglia
Che un po' t'incanta e un po' ti meraviglia

Fiore di scienza e libero pensiero
Ancora senza nave e vela senza veliero
bottiglia mezza vuota e mezza piena
e pesci e luci e canto di balena
Chiaro di luna segnami il futuro
e mescola l'idrogeno e il carburo
e mescola l'idrogeno e il carburo

E passo dopo passo piano piano
illumina i miei passi con i tuoi
che ogni passo avanti è un passo in meno
e meno ossigeno nei serbatoi

Illumina le torri medievali
e i falchi e il tempo e i sogni e gli ideali
e le città sconfitte in fondo al fumo
e il sangue e l'innocenza di nessuno
il sangue e l'innocenza di nessuno

domenica 13 ottobre 2013

La cura


Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie
dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo
dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore
dalle ossessioni delle tue manie
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce
per non farti invecchiare.
E guarirai da tutte le malattie
perché sei un essere speciale
ed io avrò cura di te.

(Pur essendo riuscita ad evitarlo accuratamente per mesi ed anni, oggi ci son cascata anch'io, nella banalità di postare 'sta canzone. E' che l'ho risentita stanotte mentre vagavo in macchina per la città meravigliosa e incasinata, ed arrivava proprio miracolosamente a ciccio. Per cui ora me la dedico e me la canto: perché, Cri, tu sei un essere speciale, ed io avrò cura di te.
E come faccio io esorto a fare tutti. Che ciascuno, passando di qui, la ascolti e dica a se stesso: "perché sei un essere speciale, ed io avrò cura di te."
Buona domenica, amici miei amati.)






Ti salverò da ogni malinconia
perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te
io sì, che avrò cura di te

giovedì 10 ottobre 2013

The answer, my friend

Ho preso un'infreddatura all'anima. Una piccola influenza: un male di stagione.
E' che anche in casa mia è arrivato l'autunno coi suoi temporali. E all'arrivo dell'autunno le cicatrici delle vecchie ferite danno sempre un po' noia.
E andandomi a curare, come ogni martedì, un po' più acciaccata degli altri martedì, ho ricevuto l'ennesima folgorazione. Talmente potente che mi ha costretta ad andare a rimestare nell'armadio della memoria, in un mucchio di cianfrusaglie che non avevo né voglia né coraggio di guardare da un sacco di tempo.
Certo che fa impressione - tanta impressione - riesumare vecchissime conversazioni tra Ca e Cri (laddove Ca è il casumano e Cri, invece, sono io)

[25/01/2012 20:30:07] Cri: non fa niente
[25/01/2012 20:30:17] Cri: ho esperienza di gente a cui dico "ti voglio bene" che mi risponde "grazie" :)
[25/01/2012 20:30:24] Ca: :|
[25/01/2012 20:30:29] Cri: per me non è un problema
[25/01/2012 20:30:37] Cri: io in quel "grazie" ci vedo quello che sento io :)
[25/01/2012 20:30:45] Ca: ecco, questo fai bene a farlo
[25/01/2012 20:30:50] Ca: c'è gente che proprio non gliela fa, cri
[25/01/2012 20:30:58 |Cri: e capitano tutti a me :D
[25/01/2012 20:31:03] Ca: cioè lo so che si dovrebbe fare
[25/01/2012 20:31:07] Ca: e che non sono cose grossi
[25/01/2012 20:31:08] Ca: grosse
[25/01/2012 20:31:20] Ca: ma la stupidità delle persone è quella che è ecco
[25/01/2012 20:31:35] Cri: stupidità? :D
[25/01/2012 20:31:44] Ca: eh, avere paura di tre parole
[25/01/2012 20:31:46] Cri: Eh, io lo so che tu fai parte di quelli che dicono "grazie" ;)

e ricordarsi le mortificazioni a cui ci si è sottoposte, allora, per aver voluto bene a dei poveretti che ci rompevano gli zebedei notte e giorno, facendosi tenere la manina infragilita, facendoci affezionare a loro come ai nostri propri figli, ma ai quali il loro sì delicato cuore d'uccelletto implume imponeva di farci cadere dall'alto come manna dal cielo quelle tre parole di cui avevano paura, farcele sospirare fin quasi a tirarci il collo, dopo averci per lungo tempo fatto sentire prepotenti e inopportune nel pretenderle, e compararle alla scena di martedì sera, quando, sicuramente per averci viste sotto un mattone, il terapeuta, alla fine della seduta, avendoci chiesto come di routine sensazioni, emozioni e pensieri, avendogli noi (per averlo pensato davvero e non intender ometterglielo esclusivamente al fine di non compromettere l'esito della terapia), confessato in un soffio "ho pensato che ti voglio bene" - affermazione che, per il contesto in cui era stata pronunciata, a nostro avviso non presupponeva alcun riscontro, se non l'annotazione da parte dello specialista in quanto reazione psichica alla specifica interazione terapeutica testé conclusa -, ci ha risposto all'istante, del tutto inopinatamente, con voce ferma e calma, "anch'io ti voglio bene".
Ed è così andato in frantumi l'ultimo totem della mia sgangherata relazione casumanesca: il monumentale castello ideologico sul rispetto delle ritrosie dell'altro, dei suoi tempi, delle sue difficoltà, e tutto il corredo di pippe mentali in merito.
Se due persone adulte si sono vicine, tanto vicine, e in empatia si aprono il cuore vicendevolmente, vuol dire che finiscono per volersi bene, e stop. E se una lo dice all'altra: "ti voglio bene", quella le replica, spontaneamente, serenamente: "anch'io ti voglio bene." 
E' questa la risposta, amico mio. Così ovvia, così semplice, da suscitare un "oooooooh" di meraviglia per non averci pensato prima.
Perché se non ti viene, se ti muore in gola, se ti imbarazzi, se con aria confusa chini il capo e mi dici "grazie", allora, semplicemente, vuol dire che non mi vuoi bene. E quando finalmente me lo dici non vale più niente.
E difatti s'è visto.
E il resto è fuffa.

lunedì 7 ottobre 2013

We never know how high we are

We never know how high we are
Till we are asked to rise
And then if we are true to plan
Our statures touch the skies -

The Heroism we recite
Would be a normal thing
Did not ourselves the Cubits warp
For fear to be a King

(Non conosciamo mai la nostra altezza 
Finché non siamo chiamati ad alzarci. 
E se siamo fedeli al nostro compito 
Arriva al cielo la nostra statura. 

L'eroismo che allora recitiamo 
Sarebbe quotidiano, se noi stessi 
Non c'incurvassimo di cubiti 
Per la paura di essere dei re)


(Di tutto cuore auguro a me stessa e a voi una buona, buona settimana.)

venerdì 4 ottobre 2013

I just call to say I love you

Stasera, aprendo FaceBook stordita dalle cronache e dalle immagini della immane tragedia di Lampedusa, leggo sull'argomento tre status che inveiscono a buffo tutti e tre contro il papa, reo di aver messo bocca sulla vicenda, e mi incazzo subito. Di un'incazzatura diversa dalle mie solite: una specie di sbornia triste, la nausea afasica di chi è satura di facili equazioni, di volgari e trite scorciatoie alla comprensione del mondo. Il papa ha detto "Vergogna!" e i miei fichissimi contatti modaioli anticlericali (come se essere anticlericali, poi, fosse l'ultimo trend del momento, e manifestazione di raffinata apertura mentale: sai che sofisticheria, sai che novità...) ci hanno all'istante giocato al tiro al piccione, insultandolo e deridendolo a turno, novello Ecce Homo, come se fosse lui in persona il primo, solo ed unico responsabile del dramma dei flussi migratori dall'Ottocento ad oggi, dell'ipocrisia di ogni benpensante, bravo cristiano e non, sul tema, e dell'inerzia dei governanti d'Italia e d'Europa. Se fosse stato zitto, o si fosse limitato al minimo sindacale del predecessore, non se lo sarebbero cagato di pezza. Invece questo tizio qui, che (lui sì) usa un approccio nuovo, inconsueto, spiazzante, che forse tocca in loro qualche nervo scoperto, non lo possono proprio vedere. E' più forte di loro non far altro che braccarlo ed aspettarlo al varco, tentando di impallinarlo ogni qual volta dà un segno di vita. Dando così prova di esserne irresistibilmente attratti.
Come è destino di ogni segno di contraddizione.

E perciò mi è venuto di difenderlo, almeno dentro di me. E di fare il punto su quello che io penso di questo papa Francesco, al secolo Jorge Mario Bergoglio.
Se in materia di bioetica questo fenomeno si dimostra piuttosto tradizionalista, in altri ambiti esprime concezioni e assume comportamenti a dir poco stravaganti. Stravaganti per un papa, beninteso. Perlomeno, rispetto ai papi che siamo stati abituati a vedere sin qui. I suoi gesti, lontani anni luce da quelli prescritti dal rigido e glaciale cerimoniale che ha sempre reso inaccessibile il corpo del sovrano pastore della Chiesa cattolica al gregge dei suoi sudditi, non cessano di fare notizia e scalpore, suscitando stupore in tutti, ilarità in alcuni, scandalo in altri, commozione in molti.
Fa particolare sensazione - più del vezzo di augurare "buonasera!" o "buon pranzo!" a seconda del momento della giornata, o del ghiribizzo di scrivere lettere ai giornali, o finanche della rivoluzione attuata nella curia romana e nello IOR - la sua passione di telefonare alla gente. L'usanza si va diffondendo e consolidando: cominciano ad essere una piccola truppa coloro che allo squillo della suoneria hanno alzato la cornetta o spinto il pulsante del cellulare, esclamato "pronto"? e udito dall'altra parte in risposta un delicato cinguettìo di timbro argentino e argentina cadenza: "Pronto, sono papa Francesco".
Non è che componga numeri a caso, pare, quest'uomo volitivo, estroverso, palesemente consapevole e compiaciuto di esser considerato pixillated alla stregua dei protagonisti dei film di Frank Capra. No, lui chiama persone che si trovano in situazioni particolari, difficili o drammatiche, di cui è venuto a conoscenza per il loro esser di pubblico dominio, oppure che gli sono state riferite nel corso di udienze e incontri vari con la folla sempre assiepata al suo passaggio.
Le vaglia, le chiama, e si confronta con loro da pari a pari, come essere umano spogliato della immodesta magnificenza di veneranda icona del divino.

(Spingendo alle estreme conseguenze la scelta dirompente di Giovanni XXIII, primo pontefice che uscì dalla reggia Vaticana per andare negli ospedali, nei quartieri, nelle carceri. Che scese dalla sedia gestatoria e camminò in mezzo alla gente. Che in una bella notte di metà ottobre, alla fine della giornata campale di apertura del Concilio Vaticano II, sfinito e già prossimo alla morte, di malavoglia sospinto dal segretario particolare alla finestra ad ammirare lo spettacolo della moltitudine di luci protese verso di lui dalle mani della marea di fedeli che colmava Piazza San Pietro e un tratto di Via della Conciliazione senza dar segni di voler defluire, si affacciò, vide quella sterminata massa di popolo, poi vide la luna, si emozionò, improvvisò, e si cavò dal cuore una benedizione lirica, poetica, con questa frase incastonata in mezzo: "Tornando a casa, troverete i bambini. Date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa.")

Agli occhi degli scettici questo papa, come tutti gli altri, è solo l'ennesima icona del gigantesco apparato di affari e potere molto poco ultra e molto molto terreni; per cui gesti del genere vengono da loro percepiti come meri atti dimostrativi, pagliacciate propagandistiche per i gonzi, che lasciano il tempo che trovano. Beh, ovvio, se già non è vero che una telefonata ti allunga la vita, come pretendeva uno spot della Tim di vari anni fa, tanto più è certo che non te la cambia. Ci vorrebbe ben altro, per risolvere le tribolazioni della gente: si dovrebbero porre in campo mezzi e risorse per intraprendere azioni ben più incisive. Mezzi e risorse che ai rappresentanti della confessione religiosa più potente e diffusa nel mondo sicuramente non mancano.

A me questa mania bergogliana è sembrata a lungo un po' buffa. Una bizzarria: innocua, simpatica, ma buffa e niente più.
Poi ho letto ieri la notizia: papa Francesco chiama la mamma dell'alpino morto undici mesi fa in Afghanistan.
Ora, lasciamo stare i motivi più o meno nobili per cui questo faceva l'alpino, e quelli per cui si trovava in Afghanistan. Concentriamoci sull'evento: una madre che, sia come sia, ha perso un figlio. Che convive con un dolore irriferibile, inconcepibile.

E leggiamo quello che lei ha raccontato sulla circostanza, così come riportato da Repubblica Genova del 2 ottobre.

Quella volta che la incontrò in piazza San Pietro le disse : "Lasciami il numero che poi ti telefono". E sabato l'ha chiamata: Papa Francesco ha telefonato alla madre di Tiziano Chierotti, l'alpino di Arma di Taggia (Imperia) ucciso in Afghanistan 11 mesi fa. 
Gianna Chierotti era appena tornata dal cimitero e, racconta, "avevo avuto un crollo" quando è squillato il telefono. "Sono Papa Francesco" le ha detto Bergoglio.
"Abbiamo parlato di Tiziano - ha detto madre - e mi ha detto cose che voglio tenere nel cuore. Mi ha trasferito tanta serenità. Quando gli ho detto che stavo male, lui mi ha risposto: "Esistono le intuizioni". Lui ne ha avuto una, mi ha chiamato quando più ne avevo bisogno".
"All'udienza generale - ricorda la mamma dell'alpino - gli avevo lasciato l'album con le foto e le frasi che Tiziano ci scriveva. Non credevo che il Papa le avesse custodite fino ad oggi. Ho avuto la sensazione di non avere un Papa dall'altra parte del telefono ma un papà. Quell'uomo ha un dono grande ed è un grande Papa, un Papa straordinario".

Ecco, questa breve cronaca mi ha colpita moltissimo.
"Lasciami il numero che poi ti telefono."
E quella gli lascia il numero.
E lui le telefona.
E quella sta male, glielo dice. E lui le replica: "esistono le intuizioni."

Mi ha colpita perché sono cose di cui faccio esperienza anch'io: di cosa significhi ricevere una chiamata, una banalissima chiamata, al momento giusto. Di cosa significhi farne una a qualcuno a cui serviva. Senza nemmeno saperlo, farla, quella telefonata: pensarci, a quella persona.

Mi ha colpita, questo papa Francesco, come mi colpisce la voce affaticata e accorata di papa Giovanni alla finestra, mentre dialoga con migliaia di persone come se fossero solo in due, lui e la gente, divenuta una colossale, unica individualità, in un corteggiamento amoroso esclusivo e intimo, che strappa emozioni dal petto a tutte e due le parti: alla gente, ma anche al papa, in quel rispecchiamento occhi negli occhi che è il segno di ogni autentica umana relazione.

“Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una sola, ma riassume tutte le voci del mondo; e qui di fatto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera… Osservatela in alto, a guardare questo spettacolo… La mia persona conta niente: è un fratello che parla a voi, un fratello divenuto padre per volontà di Nostro Signore… Continuiamo dunque a volerci bene, a volerci bene così; guardandoci così nell'incontro..."

Di questo il mondo è affamato: non di fede in un'esistenza superiore, ma di fiducia nella comune umanità, e nelle potenzialità che essa porta con sé: prima fra tutte, la capacità di amarci scambievolmente, e di legittimare così, gli uni gli altri, la nostra esistenza.

Ma tutto ciò dispiega i suoi effetti solo nella gratuità del movimento verso l'altro. Solo se è purificato da ogni desiderio di contropartita, se è un gesto che non contempla le conseguenze di se stesso. Se viene compiuto senza aspettative, senza tentativi di controllo o manipolazione, solo gustando la bellezza del momento dell'incontro, del contatto tra le anime, in un effimero che diventa eternità.

Ma nel contempo non nasce per assoluto disinteresse nell'autosufficienza di un essere immerso in un divino distacco da Primo Motore Immobile. Al contrario, sboccia dalla umana esigenza di un uomo tra gli uomini. Un uomo come Angelo Roncalli, un uomo come Jorge Mario Bergoglio, che sperimenta la mostruosa solitudine di cui ha scritto toccanti parole papa Montini, Paolo VI: «Il mio isolamento è completo e terribile. Di qui lo sconcerto, la vertigine. Mi sento come una statua su un piedistallo: ecco come vivo ora», per sconfiggerla ha bisogno estremo di sentirsi legato agli altri uomini. Di riaffermare la sua somiglianza, la sua affinità spirituale con altre creature. Giovanni declamava da un balcone: Francesco telefona. Ma tutti e due, nel momento in cui agiscono così, non stanno più genericamente amando l'umanità: stanno amando quei loro simili, quelli e non altri.

Un bel film di Giuseppe Piccioni, "Fuori dal mondo", contiene due momenti clou: quello a inizio film, quando Silvio Orlando chiede alla suora Margherita Buy "perché mi ha aiutato?" e quella risponde "perché lei aveva bisogno di aiuto" e lui allora la incalza "ma se ci fosse stato un altro al posto mio lei sarebbe venuta lo stesso?" e lei replica astrattamente "sì, certo!"; e quello a fine film, quando di nuovo Orlando le chiede: "se ci fosse stato un altro al posto mio tu l'avresti aiutato lo stesso?" e quella, che ha avuto tutto il tempo del film per guardarsi dentro, stavolta risponde un sincero, concreto, onesto "no".
In quel diniego è racchiuso il senso di ogni legame, lungo tutta la vita o mezz'ora, che è sempre un legame d'amore: il riconoscimento dell'altro. E di sé. Senza il quale si cessa di vivere. Si respira, ci si muove, ma internamente si è morti.

Ecco, papa Francesco possiede l'umiltà, direi quasi la tenera furbizia,  di riconoscere, come uomo, di aver bisogno dell'amore degli uomini. E la gioiosa astuzia di saperselo accaparrare, in uno scambio alla pari, dove la madre dell'alpino sembra la parte debole, quella bisognosa, che ne esce arricchita e riconfortata. Ma dove invece la cosa, per dirla con Carlo Verdone, è senz'altro molto, molto reciproca.

E peggio per quelli che ci ridono sopra. Si vede che non capiscono, non sanno.

Non sanno cosa si perdono.

mercoledì 2 ottobre 2013

La saggezza nel sangue



Dal sito di Spinoza il fantastico, laconico, essenziale tweet di eio, il fondatore in persona:




Il giardino delle delizie


AHAHAHAHAHAHAAHAHH!!! LO SAPEVO! Lo sapevo che avrei vinto la scommessa!
Sono diventata una fine politologa, ahem.

E nel clima di "pacificazione" che ha auspicato il Caimano durante il suo grave discorso cominciano già i distinguo: Sacconi smentisce Formigoni che aveva affermato che "ormai la fiducia di Berlusconi è tardiva" e che i nuovi gruppi parlamentari avrebbero comunque visto la luce; Zanda rimbecca Bondi, Nitto Palma se ne va per dissenso con Zanda, e PD e PDL cominciano a darsele di santa ragione: bagarre in aula.
Per non essere da meno avevano cominciato i grillini, minacciando ed offendendo la senatrice Dal Pin, ex appartenente al Movimento, che aveva dichiarato di votare la fiducia al governo per evitare la follia di rimandare il Paese a votare col Porcellum.



E il commentatore del Wall Street Journal Simon Nixon twitta: "Berlusconi declares his support for Letta government and all of Europe collapses in laughter at the absurdity of Italian politics."
Devo tradurre?




Faith

Faccio una scommessa con me stessa: il Caimano, pur di spiazzare la strategia deberlusconizzante di Letta e Napolitano, all'ultimo momento voterà la fiducia. Da una bestia senza catene, senza faccia, senza principi, senza dignità, è lecito aspettarsi tutto e il contrario di tutto.
Se lo farà sapremo che la minaccia di Alfano, Giovanardi, Cicchitto (Dio che raccapriccio scrivere questi nomi qua sopra), era fondata e destinata a concretizzarsi.
Altrimenti, semplicemente, prosegue la scommessa, il governo cadrà per la sfiducia dell'intero PdL.
Ecco, Cri, facciamo così: se il governo si salva o cade per il voto più o meno compatto (concedimi qualche patetica, poetica defezione, magari i sei che pare abbiano applaudito il discorso di Letta) dei servi del delinquente, vinco io. Se invece si salva per l'ausilio di una corposa pattuglia di transfughi che certifichi l'abbandono da parte dei topi della fogna prosciugata e contestualmente la rifondazione della Democrazia Cristiana che lobotomizza come niente fosse stato vent'anni di follie e riprende senza soluzione di continuità a sguazzare nella palude dove eravamo prima dell'avvento del maggioritario, vinci tu.
In entrambi i casi, come al solito, perde l'Italia. Tiremm innanz'.
(Ed intanto, come volevasi dimostrare, ecco apparire dichiarazioni a raffica del redivivo Casini...)