giovedì 31 gennaio 2013

Edward scissorhands

"... se tagli un ramo non torna a crescere: una ferita vegetale è definitiva e l'unica cosa che possiamo fare è coprirla. Per questo troviamo alberi con cavità, all'interno delle quali nascono funghi che alimentano il tronco. In questo senso, il nostro cuore si comporta come i vegetali. Se lo ferisci non cicatrizza, e la ferita resta aperta. Quello che potrebbe succedere è che nuove esperienze ricoprano di vita quella stessa ferita.
Non riesco a rassegnarmi alla morte di uno dei miei figli: sono passati molti anni, ma ne soffro ancora. Però ho una vita felice insieme a questo ricordo, anche se non esiste conforto. Ho avuto la forza di creare, accanto allo sconforto, altri amori, altre opere, altre soddisfazioni. E' possibile vivere insieme alle ferite."

martedì 29 gennaio 2013

Occhi di ragazza



La ascoltavo coi figli piccoli guardando il cielo.
Penso ai tuoi grandi occhi di cielo e la riascolto con te.
Buonanotte, buonanotte, buonanotte.
Il resto lo sai.



lunedì 28 gennaio 2013

Paura

Questa canzone fa parte di un album che ho praticato molto un paio di decine di anni fa.
L'avevo comperato perché c'era un brano che mi faceva piegare le ginocchia, letteralmente.
Non è questo.
Questo non mi ha mai detto granché.
Però stamattina mi ci sono svegliata, con queste parole in mente.
Buona settimana, Cri. Buona settimana a tutti.

giovedì 24 gennaio 2013

You're beautiful

Questo post è tutto diverso da quello che avrei voluto scrivere stamane.
Stamane, quando mi sono svegliata dopo una notte di sogni agitati in cui ne dicevo di tutti i colori al mio capo e alla mia capa del personale - una sfilza di improperi, una vomitata di ingiurie che manco mi ricordo tutte, tranne l'ultima, che mi è rimasta impressa perché nel sogno a sfuriata ormai chiusa ci sono tornata indietro apposta per lanciarla alla (s)coordinatrice in questione a mo' di colpo di grazia: "ah, dimenticavo: sei una leccaculo!" - e ho visto il malcapitato consorte all'udire i miei mugolii lamentosi aprire la bocca e poi richiuderla immediatamente ricordando come gliene è mal incolto ieri mattina quando ha avuto l'ardire di esclamare per consolarmi "dai, oggi è già mercoledì" beccandosi in risposta una mia abbaiata da mastino: "cosa vuol dire, è già mercoledì? Che facciamo, aspettiamo di cominciare a vivere nel week end, che poi sono sempre i due giorni della settimana peggiori, quelli in cui proprio ti verrebbe da spararti, e in quelli feriali tratteniamo il respiro e restiamo in apnea per sopportare l'insoddisfazione? Che aspettiamo per cominciare ad esistere, che ci piova qualcosa dal cielo, e intanto il tempo passa e l'unica cosa che ci pioverà dal cielo è il sicuro trapasso? Io non voglio aspettare, non voglio trascinarmi pensando che è già mercoledì, fuori un altro, avanti il prossimo, e intanto i giorni passano e non tornano più! Io voglio vivere adesso! Voglio svegliarmi pensando: è mercoledì, che piacere, ho aperto gli occhi e ora mi metto a vivermelo tutto!"; stamane, quando poi il malumore mi è gradatamente passato dopo aver deposto come una chioccia la sua covata rispettivamente la figlia giacobina sul sagrato di Santa Maria Maggiore, da dove ad ampie falcate ha raggiunto il suo liceo, e il figlio rompiballe ("Vuoi guidare tu, Matteo?" "Nonnò, guida tu"; per poi, cancellando in un sol colpo le buone abitudini di anni in cui ha presenziato ad ogni genere di mie imprese banditesche stradali senza battere ciglio, mettersi oggi a sbracare ogni tre minuti: "Mamma, sbrina 'sto vetro! Guarda che se non accendi prima l'aria fredda col cazzo che si sbrina! Mamma, guarda dove vai! Mamma, stai attenta! Teoricamente ora questa macchina è mia, dunque vedi di non distruggermela! Mamma, non ci vedi? Mamma, che cazzo fai?" finché non gli è riuscito di farmi fare il pelo ad un'incosciente Smart sbucata da un parcheggio senza guardare dietro; manco male, io non l'avevo vista per niente) tra le aiuole striminzite di Piazzale Aldo Moro, da dove a passi svagati ha raggiunto la sua facoltà - ambedue oggi impegnati con la matematica, la giacobina alle prese con l'ultimo compito in classe del quadrimestre, l'universitario col secondo esonero dell'esame -, esser rimasta in splendida solitudine, aver acceso la radio nella vecchia Astra di famiglia che sostituisce momentaneamente la Pandina, aver incocciato in "What is love (baby don't hurt me)" di Haddaway e aver visto come tutto pareva pigliare a muoversi prodigiosamente in sincrono con quel ritmo incalzante, compreso il vecchietto che mi stava attraversando davanti, sulle strisce all'uscita di Piazza Indipendenza, talmente a tempo da produrre un bizzarro effetto ottico parecchio divertente, a ricomporsi in un quadro armonico, sinfonico, quasi, e a prendere vita, colore, energia, vigore, voglia, entusiasmo per affrontare la giornata, e allora ho pensato giubilante "vai, anche oggi mi sono rimessa in piedi. E adesso andiamo a vivere!"

No, questo post invece parla di stasera, di quando, uscita dal lavoro, filando nella notte già un po' placida e stanca del trambusto giornaliero e lenta e lustra e scintillante dei sampietrini di Via Carlo Alberto, nascosta nello scuro, confortevole utero dell'auto, sospesa in un breve segmento di tempo tra la fine di un impegno e l'inizio di un altro, un interstizio tutto mio dove ripormi, invisibile e non necessaria ad alcuno, ho sentito uscire dalla radio queste note.



E mentre le ascoltavo mi si è aperto il cuore, e ho cominciato spontaneamente a passare in rassegna nella mia mente, come per associazione di idee, volti di persone a cui rivolgere quel "you're beautiful": per primo quello di Claudio, i suoi occhi ridenti, i suoi capelli dritti sparati sulla testa; poi quello di Robi, la mia bellissima collega impegnata a lottare; poi quello di Edoardo, il mio maestro jedi; poi quello di Angie, e di Martina, e di Aldo, e di Ambra, e di Minerva, e di Mattia, e di Eli, tutti coi loro sorrisi che conosco, che mi hanno regalato nei nostri incontri, che ho respirato in una telefonata... E poi, via via, tutti quelli delle persone che compongono il disegno variopinto della mia anima, amici, figli, gente che mi ha sfiorato la vita senza voltarsi indietro, gente che è tornata, gente che nemmeno ancora conosco, se non da una foto sulle pagine di un blog o di FaceBook, anche quella sorridente, gente, come endi o Bruno, che posso solo immaginare, pure quella munita di uno splendido sorriso; mi pareva che sorrideste tutti, persino i più burberi, come Gap o la Tazza, e allora anche sulla mia faccia si è allargato un sorriso, replica esteriore di quello che mi si era spalancato nel cuore. E ho pensato che niente vale la pena, al mondo, quanto di sentire di amare, di amare le persone, e non le persone in modo generico: proprio quelle persone lì, tante o poche che siano, vere, concrete, definite, quelle e non altre. E non importa se non vivremo mai assieme, come dice la canzone; o, come nel caso dei figli, non vivremo più assieme. Voi siete belli, e tali per me resterete, per sempre.
(Buonanotte)

martedì 22 gennaio 2013

La donna della sera


"Mi vedo i segni sul viso e mi commuovo, mi sembra una cosa così vera, come se dicessi "confesso che ho vissuto": io che finora ho sempre pensato di essere trasparente e inesistente. Invece le mie rughe mi dicono "hai vissuto, te ne sei accorta, e se ne sono accorti anche gli altri. Hai vissuto, e come le rughe hanno lasciato tracce sul tuo viso, così tu hai lasciato tracce nel cuore di chi ti vuol bene. E loro le hanno lasciate per sempre nel tuo."
E' una cosa che rende dolcissima l'esistenza."
(Così ho scritto stasera in risposta ad una persona a me infinitamente cara. Poi sono rimasta a contemplarlo pensando: lo voglio dire a tutti! E per onorare tutte le mie tracce, quelle sul viso e quelle nel mio cuore, lasciate da coloro a cui voglio bene e a cui sempre penso, lei in testa, posto con fierezza la canzone - finalmente posso farlo a buon diritto! - che ho sentito come personale manifesto programmatico sin da quando avevo trentacinque anni, ero ancora una "bella" addormentata e davvero di segni ne avevo pochini, a parte quelli che mi avevano inciso addosso nei primordi della mia esistenza. Anche se lei, la persona da me così tanto amata, è una magnifica ragazza, fresca e giovane. Per cui Angie, ma anche Eli e Tazza, perdonatemi per questo mio piccolo atto di pasionaria della mezza età che in qualche modo sembra escludervi. Sembra solo, eh. Oltretutto nell'esaltare la sensualità delle donne mature la canzone non è molto tenera con le giovani. Abbiate pazienza, l'ha scritta un uomo, ehehe. E un altro uomo la canta alla sua donna. Io invece non me la immagino rivoltami da qualcuno: me la canto con soddisfazione da sola, la dedico a tutte le donne belle come me che transitano sul mio blog e nella mia vita e anche a voi, nonostante decisamente non vi riguardi, perché voi siete l'eccezione che conferma la regola: giovani donne formidabili, nonché bellissime, pure senza rughe.)


Una tua ruga
bella di stanchezza
di più m'intriga
della giovinezza.
Il seno che pende di più mi dà
dei seni ritti di ben altra età.
Io mi addormento
sopra il tuo sedere
memoria e vanto
di battaglie vere.
Meglio la tua pelle
arata terra
di quella liscia
di una giovincella.
C'è nell'inverno tuo
quel che l'estate non ha;
caldo l'autunno tuo
più dell'altrui primavera.
Tutto quel gran mare di gioventù
non vale il letto che prepari tu.
Silenzio ed ombra
mettimi nel cuore
con le tue labbra
che ci sanno fare.
Meglio le tue grasse cosce di pane
dei giunchi acerbi delle ragazzine.
C'è nell'inverno tuo
quel che l'estate non ha;
caldo l'autunno tuo
più dell'altrui primavera.
Tutto quel gran mare di gioventù
non vale il letto che riscaldi tu.
Vince il tuo inverno
sulla primavera
ogni tuo segno
è una mia bandiera.
Vince la rosa
che mi mostri intera
su quella chiusa
prima della sera.


giovedì 17 gennaio 2013

Aria di Neve

Me l'ha regalata Bruno, il nostro cavaliere errante.
E' troppo bella per non ascoltarla tutti assieme.
Poi, se stanotte davvero nevicherà, è perfetta.




Sopra le nuvole c'è il sereno
ma il nostro amore non appartiene al cielo.
Noi siamo qui tra le cose di tutti i giorni
i giorni e i giorni grigi.
Aria di neve sul tuo viso, le mie parole
sono parole amare senza motivo.
Prima o poi tra le nostre mani
più niente resterà.
E' una vita impossibile
questa vita insieme a te.
Tu non ridi non piangi non parli più
e non sai dirmi perché.
Lungo la strada del nostro amore
ho già inventato mille canzoni nuove per i tuoi occhi.
Più di mille canzoni nuove
che tu non canti mai.

martedì 15 gennaio 2013

Through the Looking Glass and what Alice found there


Stamane, proprio appena prima di entrare in stanza, accendere il pc, leggermi Martina e scoprirmi come al solito in sintonia con lei, mi sono attardata a guardarmi nello specchio dell'ascensore dell'ufficio.

Sono diventata grande da un giorno all'altro. E mi accorgo solo ora di portarne le tracce sul viso. Finché il sortilegio di cui ero vittima mi ha fatto restare bambina sono rimasta inaccessibile al flusso usurante dell'esistenza. La mia anima addormentata, protetta da un sonno letale come quello di Biancaneve nella sua bara di cristallo, emanava anche attraverso il mio corpo, d'aspetto, nell'avvicendarsi degli accidenti e delle stagioni, insolitamente resistente al naturale decadimento fisico ("non cambi mai, è straordinario!" mi dicevano tutti quelli che mi conoscevano), gli effetti di quella sterile incorruttibilità. Poi, a salvarmi da quella mortifera perfezione, invece del principe azzurro col suo bacio d'amore, è arrivata per caso una bestia affamata che ha per istinto animalesco spezzato con le zampe la lastra, cercando qualcosa da mangiare, incurante delle schegge che schizzando mi si sarebbero conficcate nella pelle, e che dopo avermi annusata e avidamente assaggiata se n'è andata così come era venuta, lasciandomi sola a sanguinare a lungo.

Cicatrici: sono questi i segni emersi oggi sul mio volto. Cicatrici recenti, vestigia di questa minutaglia di recenti piccole ferite, e di altre vecchie, più estese e più profonde, riapertesi sotto la superficie di quelle.

Ad ogni modo, comunque, mi sono svegliata. E' questo che conta. Come l'inconsapevole Giacinto sono stata colpita dal disco del feroce dio, che però non ha ucciso me, ma solo la mia innaturale eterna giovinezza. L'intaso di dolore che mi bloccava è stato lasciato libero di rifluire nelle mie vene, rendendomi umana, e donna. E ora, a distanza di un anno, scopro su di me quest'ornamento di singolare bellezza, questa sorta di nuova delicatezza che mi si è dipinta sul viso e che esprime potenza e fascino meglio dei variopinti tatuaggi di guerra di un capo Cherokee. Mi scruto: sono io, eppure non sono quella di prima. Ho perso quella serena lucentezza plastificata di bambola in vetrina. La spensierata montuosità dei miei zigomi si è smussata, l'asettica e anonima freschezza un poco stolida delle mie gote sode si è stemperata in una tenue friabilità di petali di rosa, una perlacea fragilità impreziosita dal ricamo del tempo.

Lasciami le rughe, diceva Anna Magnani al suo truccatore. Ci ho messo una vita a farmele venire.
Io ci ho messo una vita a cominciare a vivere. Però alla fine ce l'ho fatta a farlo succedere anche a me.


Sono un peso per me stessa
sono un vuoto a perdere
Sono diventata grande senza neanche accorgermene
e ora sono qui che guardo
che mi guardo crescere
la mia cellulite, le mie nuove
consapevolezze
consapevolezze

Quanto tempo che è passato
senza che me ne accorgessi
quanti giorni sono stati
sono stati quasi eterni
quanta vita che ho vissuto inconsapevolmente
quanta vita che ho buttato
che ho buttato via per niente
che ho buttato via per niente

Sai
ti dirò come mai
giro ancora per strada
vado a fare la spesa
ma non mi fermo più
a cercare qualcosa
qualche cosa di più
che alla fine poi ti tocca di pagare

Sono un'altra da me stessa
sono un vuoto a perdere
sono diventata questa
senza neanche accorgermene
ora sono qui che guardo
che mi guardo crescere
la mia cellulite, le mie nuove
consapevolezze
consapevolezze

Sai
ti dirò come mai
giro ancora per strada
vado a fare la spesa
ma non mi fermo più
mentre vado a cercare quello che non c'è più
perché il tempo ha cambiato le persone
ma non mi fermo più
mentre vado a cercare quello che non c'è più
perché il tempo ha cambiato le persone

Sono un'altra da me stessa
sono un vuoto a perdere
sono diventata questa
senza neanche accorgermene



mercoledì 9 gennaio 2013

No more I love you's

Allora: stamane ho gettato il cuore oltre l'ostacolo e con le pulsazioni a duecento e il sudore che mi colava dalla fronte ho fatto la fatidica telefonata.
All'amico che ho più caro, più caro, più caro al mondo, da decenni.
Traendone una conferma di scarna e goffa dolcezza, una sorgente di gioia inesprimibile, così semplice, così spontanea, così vera, che mi ha colorato tutta la giornata.
Nel pomeriggio la seduta col mio maestro jedi: una boccata rigenerante di ossigeno puro, fresco, buono.
Poi, a sera, prima di andare a letto, un imprevisto e graditissimo incontro virtuale col mio filibustiere preferito che da tanto non sentivo mi ha reso piena di contentezza.
Per telefono, de visu, tramite il pc: oggi ho scambiato affetto con tutti i mezzi possibili. E mi sento quieta e felice, di una felicità serena che mi dilata il petto di commozione.
Grazie.
Non capita tutti i giorni di avere la grazia di vivere così.
In contatto essenziale, autentico, reale, con persone essenziali, autentiche, reali.
Senza una frase fuori posto, senza una parola di troppo.
Oggi sono stata una donna fortunata.


Non più "ti amo"
Non ho più parole
Non più "ti amo"
Non ho più parole e resto in silenzio
Non più "ti amo"
Il mondo sta cambiando la' fuori



I used to be lunatic from the gracious days
I used to be woebegone and so restless nights
My aching heart would bleed for you to see
Oh but now...
(I don't find myself bouncing home whistling buttonhole tunes to make me cry)

No more "I love you's"
The language is leaving me
No more "I love you's"
Changes are shifting outside the word

(The lover speaks about the monsters)

I used to have demons in my room at night
Desire, despair, desire... SOOO MANY MONSTERS!
Oh but now...
(I don't find myself bouncing home whistling buttonhole tunes to make me cry)

No more "I love you's"
The language is leaving me
No more "I love you's"
The language is leaving me in silence
No more "I love you's"
Changes are shifting outside the word

(They were being really crazy
They were on the come.
And you know what mummy?
Everybody was being really crazy.
Uh huh. The monsters are crazy.
There are monsters outside.)

No more "I love you's"
The language is leaving me
No more "I love you's"
The language is leaving me in silence
No more "I love you's"
Changes are shifting outside the word
Outside the word

(Buonanotte)

martedì 8 gennaio 2013

Winter's tale


Giornata stagnante e sobbollente come un cratere di una solfatara. Inizia con il repentino guizzo di lucidità mentale, una sorta di "pop" nel cervello, che mi desta un minuto prima dell'odioso trillo della sveglia, seguito a ruota dall'immediata percezione di avere il cuore avvolto in un'impalpabile ragnatela di malessere (stavolta forse solo residuo o scia di qualche brutto sogno sepolto sotto gli strati notturni del sonno più profondo) e con le inconsuete, sbalorditive parole fuoriuscite meccanicamente dalla mia bocca a mo' di controincantesimo all'indirizzo dello sventurato che mi dorme accanto (io stessa non credo alle mie orecchie mentre mi ascolto pronunciarle): "come sono contenta che tu ci sia!". Poi piglia ordinariamente a srotolarsi sui soliti binari accidentati del treno merci che è la mia vita, costellata di fermate improvvise in piena campagna, balzelloni del convoglio su sassi e sassetti variamente sparsi sulle rotaie, e lunghe soste ad ogni stazioncina secondaria.
E ora volge all'ultimo terzo, mentre io mi accingo a chiudere lo scalcinato pc e uscire dalle Malebolge regionali dopo aver passato le ore (più inattive del solito per la mancanza di connessione internet a causa di lavori sulla rete telefonica) a combattere e perdere la battaglia con me stessa nel tentare di trovare il briciolo di disinvoltura, anzi, trattandosi di me, l'audacia, vera e propria, necessaria a fare una telefonata, una banalissima telefonata, a cui tengo in modo esagerato ("ora è non è il momento, in ufficio c'è troppo casino e poi tu devi andare a pigliare la figlia, non hai testa; ora è dopo pranzo, sarà a rilassarsi chissà dove, magari gli disturbi la pennichella - la pennichella??? Per chi l'hai preso??? Che ti dice il cervello, Cri??? -, semmai sarà meglio che provi verso le sei, quando il marasma sarà finito; ora che son le sei, ripensandoci, dev'essere troppo tardi, quello sarà uscito da studio, anzi, forse manco sarà rientrato nel pomeriggio, e allora chissà dove sta, non troveresti l'atmosfera adatta, gli romperesti i coglioni. Lo farai domani, senz'altro, eh? Diciamo intorno a  mezzogiorno...").
Stasera risponderò alle vostre ricchissime osservazioni sul post delle parole (sì, Ambra, è un brano di Hellinger, alla cui scuola di pensiero il mio terapeuta aderisce. Lo conosci? Poi tenterò di spiegare perché l'ho copiato qua dentro). Prima, più prosaicamente, mi attendono, nell'ordine, il supermercato qua sotto, e a casa l'obbligo di tener fede alla promessa di un ripasso di latino.
Nel frattempo hanno ripristinato la linea, e io mi regalo tre minuti e mezzo scarsi di lussureggiante amore per la vita, racchiusi in questa cascata cristallina di note che mi lascio scivolare tra le dita, questo spasimo barocco di inenarrabile bellezza, questo rigoglio sussultante di gioia e dramma nel quale mi immergo a braccia spalancate e tese verso il cielo. Chi è che dice che l'inverno è una stagione morta? 


sabato 5 gennaio 2013

Le parole sono importanti

Il rapporto che intercorre tra una definizione e l'oggetto è simile alla relazione tra la tangente e il cerchio: essa lo tocca, ma non può contenerlo. Tuttavia, una parola come "terra" ha un certo peso. (...) Se ci blocchiamo sulla tangente, non capiremo il cerchio. Il cerchio è movimento. Quando ci si arrende a ciò che accade, non si ha bisogno di fare riferimento alle definizioni, e si capisce meglio cosa sta succedendo.
Il linguaggio funziona quando, dopo aver sentito una parola, si prova ad applicarla alla realtà: vi si adatta perfettamente? In questo modo, ci si espone continuamente alla realtà finché non si trova la parola giusta. Bisogna essere disposti a dimenticare le precedenti parole, le precedenti spiegazioni e intenzioni e diventare uno specchio della realtà. Allora si rifletterà una luce che condurrà alla parola giusta.

mercoledì 2 gennaio 2013

It's a kind of magic

Anno nuovo, vita nuova. 
E io mi sono portata avanti col lavoro cambiando la suoneria del mio cellulare.
Quella di prima ormai mi scuoteva oltre ogni livello di sopportazione: Show must go on, straziante già di suo, rievocava un bruciante coacervo di ricordi dolceamari, riattivando in me un vischioso e pesante malessere che ormai me la rendeva insostenibile. Troppe volte aveva suonato, notte e giorno, dapprima foriera di emozioni, speranze e illusioni, e poi di cupa malinconia e di disperazione, sale aggiuntivo sulle mie ferite, soprassalto che riacutizzava la sofferenza dei miei nervi scoperti. Ormai sin dalla prima nota risuonava come uno scampanio di morte, allarme di sirena in un naufragio, aedo di angoscia, per come risvegliava il senso di mancanza di un passato finito persino quando, il sabato mattina alle nove, si attivava per il puntuale, innocuo e impersonale avviso dell'addebito TIM dei quattro euro settimanali previsto dal contratto di telefonia mobile.
Mi spiaceva proprio doverla associare a tanta negatività. Così, per preservarla, l'ho messa a riposo, sostituendola con qualcosa di altrettanto amato ma più ottimistico: e dunque, virando di centoottanta gradi, sono passata dalla struggente melodia che Brian May donò a Freddie come epitaffio per la sua dipartita, e che egli a sua volta offrì con coraggio e suprema dignità al mondo come suo canto del cigno con la propria, ancora nitida e bellissima voce, all'energica, scanzonata e allegra (nella versione definitiva messa in commercio alleggerita dai toni inquietanti usati nel finale del film) canzone pilota della colonna sonora di Highlander, guazzabuglio fantasy medioevalavveniristico in puro, delizioso, trashissimo stile anni ottanta.

It's a kind of magic. "E' una sorta di magia."
E cavoli, è buffissimo e pazzesco, ma una sorta di magia, una assolutamente imprevista scintilla minuscola e potentissima di incantesimo, poi è accaduta davvero, annunciata sul mio cellulare da queste nuove note.
Anche cambiare suoneria agli SMS può essere un atto significativo, nella vita.
Se lo fai al momento giusto.


One day like this

(Il primo giorno del nuovo anno è andato già. E sono andate anche le mie vacanze. Domani torno al lavoro. Beh, manco male stavolta. Ho fatto tante cose, ma così tante che mi pare di aver vissuto una stagione intera, invece che una sola settimana. Ho respirato quiete, assaporando spontaneamente ogni dettaglio di ogni giornata, scoprendo minuscole magie disseminate ovunque. Sono stata bene, quasi sempre. Molto più di sempre. Sono tornata a sentirmi parte di una invisibile tela di ragno che mi collega tramite migliaia di sottilissimi filamenti all'universo intero. Lo avverto anche quando sono sola, o tale mi sento. E mi dà forza.
E adesso, per celebrare degnamente la fine di questa prima lunga giornata, ascolto per l'ennesima volta questo magnifico inno. Buonanotte, Cri, buonanotte, mondo)


Drinking in the morning sun
Blinking in the morning sun
Shaking off the heavy one
Heavy like a loaded gun

What made me behave that way?
Using words I never say
I can only think it must be love
Oh, anyway, it's looking like a beautiful day

Someone tell me how I feel
It's silly wrong but vivid right
Oh, kiss me like the final meal
Yeah, kiss me like we die tonight

Cause holy cow, I love your eyes
And only now I see the light
Yeah, lying with me half-awake
Oh, anyway, it's looking like a beautiful day

When my face is chamois-creased
If you think I'll wink, I did
Laugh politely at repeats
Yeah, kiss me when my lips are thin

Cause holy cow, I love your eyes
And only now I see you like
Yeah, lying with me half-awake
Stumbling over what to say
Well, anyway, it's looking like a beautiful day

So throw those curtains wide!
One day like this a year'd see me right!


martedì 1 gennaio 2013

Capodanno a San Vittore

Crrr... crrr... crrr...
Questo disgraziato che russa. Sono ore che russa imperturbabile, beato lui. Si sente per tutto il raggio. Per lui è una notte come tutte le altre. 
Uno schianto fragoroso all'esterno, vicinissimo.
In un'altra notte ci sarebbe da allarmarsi. O magari per qualcuno, qua dentro, da sperare. Ma stanotte no. Stanotte sono spari di gioia. Perché poi di gioia? Per il fatto che finisce un anno e ne comincia un altro? Chi sa se c'è nebbia o neve? Dal rumore parrebbe nebbia. Sciocchezze. Come se si potesse capire. Forse è una serata limpidissima, algida. Forse il cielo è gremito di stelle che palpitano nitide. Come libri che s'aprono e si chiudono.
Un tintinnìo metallico che s'avvicina a intervalli regolari: din-din-din... din-din-din... Come se arrivasse uno di quei lebbrosi che un tempo camminavano con un campanello al piede per allontanare i viandanti notturni. Dio, com'è presto ancora: è la ronda col secondino che picchia sulle sbarre per sentire se sono intatte; appena le dieci, dunque.
A quest'ora nei locali notturni e negli alberghi dove sono apparecchiate le cene di San Silvestro comincia ad arrivare la gente. I saloni sono quasi vuoti ancora e sui tavoli c'è il carrello "Riservato". I camerieri dormono in piedi come i cavalli e i suonatori dell'orchestrina quando vedono spuntare una brigata smettono di conversare e accennano un valzer in sordina mentre la cantatrice s'avvicina al microfono.
Quattro rivoltellate improvvise, nitide. Un povero diavolo che dalla finestra cerca di mettere in fuga i guai del passato e tener lontani quelli del futuro. Oh, vita! Caminito que el tiempo ha borrado... E quest'animale che continua a russare.
Attraverso le mura di San Vittore, Giuseppe B. ha sentito passare i giorni, interminabili. Dalle sbarre d'una finestrella ha visto scender la neve, pensava: "Ora tutta la città è bianca. Chi sa se ha nevicato anche a Genova?" Nelle città di mare, quando nevica e le strade e i tetti sono bianchi, il cielo sembra rosso.
Una settimana, due settimane. Pensava: "Adesso tutti i negozi sono illuminati, le vetrine scintillanti, la gente corre a far spese, si preparano gli alberi con le candeline e le stelle d'argento". Ha sentito arrivare la Vigilia, la grande notte. Perché anche nelle carceri queste ore entrano in qualche modo e si fanno distinguere dalle altre. Ha sentito avvicinarsi la fine dell'anno - oggi per le strade non si circola - e arrivare la notte di San Silvestro. Fino al camerone dei detenuti in questa notte entro l'eco di qualche sparo di gioia. Ecco il rumore di un tram lontano e un crepitio attutito: Dev'essere una di quelle trecce di mortaretti che i ragazzi mettono sulle rotaie. Che ora sarà? Questa è la notte più insopportabile per lui. A quest'ora nelle sale da ballo distribuiscono i berretti di carta e i rotoli di stelle filanti per la sarabanda di mezzanotte, già stanno stretti che non riescono quasi a ballare per la ressa, si pesta uno strato di coriandoli come neve, ballando bisogna distrigarsi dal groviglio di stelle filanti. Che silenzio, invece, qui, se non ci fossero questo che russa come un cannone quegli spari lontani ogni tanto. Forse la mezzanotte sarà già passata.
Ma ecco come un fruscio, quasi un soffio leggero di vento che passa nella rotonda e in tutti i raggi del carcere. E' entrato qualcosa. Da diversi punti si sente contemporaneamente qualcuno che si muove, si vedono nella fioca luce rossastra del camerone ombre che si alzano a metà del letto, da tutti i piani s'odono diversi "ps! ps!" e colpi leggeri alle sbarre delle celle. Ma come, hanno saputo tutti che proprio in questo momento, fuori, sta arrivando l'anno nuovo?
E subito, all'esterno, vicini e lontani, fiochi e fragorosi, colpi secchi, detonazioni, bombe, esplosioni, tatatatà, come di mitra; adesso sembra che in tutta la città si spari. E quest'animale che continua a russare. Non lo svegliano nemmeno le cannonate. Una voce da una branda in fondo: "Buon Anno!". "Buon Anno!" risponde una voce. Un passo nel corridoio. Tra le sbarre d'una cella un braccio porge un bicchiere di latta al secondino perché lo porti a brindare con un altro bicchiere di latta che un braccio tende tra le sbarre d'un'altra cella e poi lo riporti indietro... "Ti, uì! Buon Anno! Crrrrr... crrrr..."

S'è alzato quel magro che fa orrore: bello e repugnante con la zazzera grigia e la faccia grigia, ha trent'anni e sembra un vecchio, vestito come un attaccapanni; è il più cattivo e il più sfacciato. Ta-ta.ta.tatatà!
Buon anno! Bum! E quell'altro che se ne sta faccia al muro con la testa sotto le coperte? Ohé,  svegliati! Lascia andare, sta piangendo. Caminito cubierto de cardos la mano del tiempo tu suelo borrà. A quest'ora nei saloni degli alberghi e nei locali da ballo si spegne la luce per due minuti, l'orchestra fa il rullo come al circo equestre, le coppie si baciano, Buon Anno!
Fugaci clacson lontani, rapidissimi. La città dev'esser percorsa in tutti i sensi da automobili all'impazzata. Un ultimo sparo nitido, solitario: un ritardatario che tenta ammansire il futuro con un'arma da fuoco. Forse il suo orologio va indietro. O forse gli si era inceppata l'arma. 
Il cielo color cenere. A San Francisco mo' sona la sveglia, chi dorme e chi veglia, chi fa infamità. Crrr... crrr... Oh, vita!