lunedì 30 gennaio 2012

A groovy kind of love

"Luna! Gianni Togni! E quanti anni c'avevamo, Cri? Quindici, sedici?"
"Mmmmh, me sta a venì la febbre, me sa. M'è uscita la ghiandoletta sul collo, c'ho le mani fredde e me sento i brividi... Ma no! Possibile che è così vecchia?"
"E tu guarda, cerca su gùgol. Sto pure io nelle tue stesse condizioni, stamattina ho preso un'Aspirina"
"Aspe', guardo... Uh, 1980! C'hai ragione, Cla': tu quindici, io sedici..."
"Uuuuuuh, senti senti, Agnese... Bella!"
"Bella eh? Pure questa l'ho sentita la prima volta quando c'avevo più o meno sedici anni, nun so se Graziani l'ha fatta uscire prima. L'ha ripresa dall'originale del 1967, me pare, quella che ha rifatto pure Phil Collins"
"Uh, e come se chiamava quella originale, Cri?"
"A groovy kind of love"
"E chi è che la cantava?"
"Eh, l'hanno cantata in tanti, ho scoperto ieri. I primi so' stati un complesso inglese, o americano... La facevano beat, rock, poi Phil Collins l'ha rifatta tutta melensa come piace a me"
"Aspe' che la cerco sul tubo. Com'è scritto?"
"GrOOvy, con due o, "un tipo profondo di amore", roba così"
"Ho capito, sì. Oh, eccola. So' i Mindbenders. Sìssì, me li ricordo! When I'm feeling blue all I have to do... Carina tanto"
"E mo' te becchi la versione di Phil, allora"


(Aaaaaaaaaah, che miele. Pure se a me me fa impazzì più de tutte Against all odds...)

domenica 29 gennaio 2012

Friends/3

[17:11:06] Cri: ho deciso che da oggi in poi conierò un nuovo termine per certe relazioni
[17:11:11] Cri: amicizia non mi soddisfa
[17:11:18] Cri: lo chiamerò "rapporto significativo"
[17:11:39] Cri: "chi è questa persona per te?" "una con cui ho un rapporto significativo"

Le ragioni del cuore

Ma avrà ragione Pascal?

"Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce: lo si osserva in mille cose. Io sostengo che il cuore ama naturalmente l'Essere universale, e naturalmente se medesimo, secondo che si volge verso di lui o verso di sé; e che s'indurisce contro l'uno o contro l'altro per propria elezione."

Esisteranno davvero, queste ragioni del cuore? Si ama per elezione, per insopprimibile istinto, per spontanea e misteriosa effusione di energia vitale il cui senso abita in dimore che a noi non è dato visitare se non in sogno?
Non potrebbe essere invece, il sentimento d'amore, null'altro che una banale attrazione di patologie, un mero intrecciarsi di disfunzionalità funzionali l'una all'altra?

Avrà ragione, il mio cuore? E avrò ragione a domandarmelo?

sabato 28 gennaio 2012

Love is all around

L'ascoltavo da ragazzina, quando il dolore si mitigava solo così, nella passione e negli eroici furori della musica.

Erano anni che non me ne ricordavo più.

Ieri sera, in mezzo ad un piccolo vortice di circolazioni emotive, me l'hanno regalata su FaceBook. E dalle note sono sprigionati i sentimenti come dal vaso di Pandora. E i sogni che ho sognato stanotte, poi.

Buon fine settimana a tutti.

giovedì 26 gennaio 2012

Nata ieri

Pausa. Tiro il fiato mentre si riposa a terra la sabbia del mio fondale. Perché ho passato una mezza giornata assurdamente intrisa di speranza e di gioia iridescente e tensione amorosa per la vita e per le persone della mia vita, percorrendo prima in macchina e poi a piedi una fetta di Roma imbevuta di luce, intiepidita da un lustro sole già primaverile, e appresso riannodando fili spezzati, intenerendomi nella scoperta di chiasmi ed intrecci delle da me mai abbastanza adorate coincidenze, stringendo forte a me un uomo e una donna importanti, sussurrando sommessi "ti voglio bene" ad ambedue, ripetendoli con calore e intensità e serenità in cuor mio ad altre persone, e poi scrivendolo in un SMS ad una fanciulla dai capelli d'oro. E ripercorrendo infine come in trionfo nella gloria del mezzogiorno una Via Cristoforo Colombo inondata di sole, colle chiome dei suoi alti pini a farmi da corona e la musica di Fossati a tutto volume a risuonarmi nelle orecchie e nella mente e nel petto ancora e ancora e ancora.

Ci sono volte in cui persino recarsi alla sede centrale regionale può connotarsi di emozione.

One caress

Ah, quanto vorrei riuscire ad amare con intensità e serenità.

martedì 24 gennaio 2012

Un cuore in inverno









"Lo amavi, vero?"
"Ho creduto a lungo che fosse la sola persona che amavo."






(Ecco com'era quella battuta fenomenale.)

Fratelli e sorelle/2

"Sei talmente profonda che talvolta viene voglia di gettare una monetina in te
e sentire il rumore prima di parlarti"

José Alberto esagera. Però oggi mi ci sento davvero, un pozzo senza fondo.

lunedì 23 gennaio 2012

Un'ora prima che la sveglia suonasse - 17.

Una grande dolcezza, una pacata soavità, rallentavano ogni gesto di Anna Carla. Ne era lei stessa consapevole, e felice in un modo anch'esso attutito, ovattato, come se le fosse appena nevicato dentro. Attraverso quel suo filtro di segreto silenzio fluivano i suoni, le parole, del mondo di fuori, lasciando scorie preziose, tintinnii di posate d'argento, freschezze d'acqua versate in un bicchiere di cristallo, la voce di Vittorio che parlava di Francoforte.
- Ma è proprio tanto brutta, Francoforte? - gli chiese, pensando a Corso Belgio. Le pareva impossibile che ci fossero città brutte, uomini cattivi, guerre, rivoluzioni.
- E' un posto dove nessuno andrebbe se non dovesse farci degli affari.
Ma anche gli affari, pensò Anna Carla, erano poi così intrinsecamente squallidi? Grandi pittori veneti, toscani, olandesi, avevano pur saputo strappare colori e luci e volti e mani memorabili al passaggio da paese a paese, da uomo a uomo, di merci e di ricchezze. Che c'era di "brutto" in un libretto di assegni? In una riunione nella hall di un albergo di Francoforte o di New York? Tutto dipendeva da te, da come guardavi le cose, e molti filosofi l'avevano detto e dimostrato. Si propose di risfogliare una storia della filosofia, in biblioteca qualcosa doveva esserci.
- E quand'è che ci vai?
- Martedì, - rispose Vittorio. - Starò via tre o quattro giorni.
Se aveva una ragazza (era bello, era simpatico, che le si fosse presentata spontaneamente quella parola - notò - anziché l'altra, "amante"), se aveva una ragazza ne avrebbe approfittato per portarsela dietro. Forse in tutti i suoi viaggi, meno quelli che faceva con Fontana e, qualche volta, con lei, Vittorio prenotava ansiosamente la cabina-letto accanto, il posto in aereo due file dopo, per questa occulta compagna che gli dava qualcosa che sua moglie non gli dava. Anna Carla non provò alcuna ostilità; neppure curiosità; solo un senso di calda, traboccante misericordia da riversare sulla ragazza, su Vittorio, su Massimo, su Zavattaro, sul Garrone, su tutti gli esseri umani impegnati a tessere e ritessere le loro tremule, fortuite ragnatele da uno spigolo all'altro della vita.
- Quindi anche domani ho paura che passerò la giornata con Fontana, - sospirò Vittorio. - Abbiamo ancora parecchie cose da preparare.
- Bella noia.
- Ti secca? Volevi andare a Stresa?
- No, era solo un mezzo impegno, telefono alla Pucci che semmai andiamo il week -end prossimo. Del resto anch'io non potrei, domani: avrò sul gobbo l'americana di Federico.
- La porti a colazione qui?
- No; ricorrerò all'inevitabile collina.
Non erano bugie, erano "aggiustamenti", colpi di pollice all'abbozzo del sabato. Forse era domani che Vittorio doveva vedere la sua ragazza; a Francoforte ci sarebbe davvero andato solo. E così stavano uno di fronte all'altra, sui lati opposti della scacchiera di lino, ciascuno muovendo le sue caute pedine. - Siamo due ignobili, due ipocriti? - si chiese con stupore Anna Carla. - La marcia coppia borghese additata all'esecrazione di tutti?
Eppure non c'era niente di deperibile, di posticcio, nell'affetto che provava per Vittorio; di questo era certissima. Il loro matrimonio non era "in crisi", nessuno dei due era "deluso" dell'altro. E allora?
Si alzò con lui, gli prese il braccio, e mentre passavano in salone urtò con l'anca contro lo stipite della porta.
- Scusa. Ti sei fatta male?
- Colpa mia. Sono goffa.
Accese la luce e le ventiquattro rose che aveva comprato un'ora fa (bellissime, a un prezzo ridicolo, ma non profumate) le offrirono una loro soluzione ai problemi dell'universo. Les roses de la vie... In casa doveva esserci, un Ronsard. Quando andava all'università, un compagno su tre, appena era solo con lei, le citava quell'invito famoso. Ma nascondevano forse ben altro che mera galanteria, i versi del vecchio poeta. I tifosi che alla domenica correvano allo stadio e le vecchiette alla benedizione, gl'impiegati che alle dieci lasciavano la scrivania per andare a prendere un caffé, i ragazzotti che filavano sulle loro motociclette rombanti, che altro facevano se non cogliere le rose della vita? Tutti gli uomini, dai più austeri ai più frivoli, dai più ricchi ai più miserabili, perseguivano in realtà, sapendolo o non sapendolo, quell'unico scopo. Anche Lenin? Be', a cercare un po', si sarebbe trovato anche per lui. Forse per quella era la rivoluzione stessa, la rosa della vita. Le apparve Lenin, col suo berrettuccio, che urlava alla folla (in Russia tutti parlavano francese): Vivez, si m'en croyez, n'attendez à demain!. Se toglievi il gergo da capopopolo, il concetto era quello, no?
Pensò di telefonare a Massimo, per chiedergli se come teoria poteva star su; ma scoprì che non aveva voglia di vederlo, di parlargli, preferiva controllare per conto suo.
- Ti secca se ci spostiamo in biblioteca?
- No, figurati.
Avrebbe passato la serata così, in studioso raccoglimento. E anche domattina, dopo aver giocato un po' con Francesca...
- Ma che noioso, Federico! - disse stizzita, pensando ai lenti, vani vagabondaggi tra il ciarpame del Balùn. Vittorio borbottò una vaga frase di commiserazione e si sedette con le gambe tese, le braccia penzoloni sui due lati della poltrona.
- Hai l'aria stanca.
- Infatti sono stanco.
Lei esitò.
- Vuoi che ti legga qualcosa?
- Cosa?
- Non so. Lenin.
- Santo cielo! - disse Vittorio. - Anche tu?
Lei, dall'alto dello schienale, gli strinse la testa tra le braccia. Non gli aveva mai voluto così bene; a lui e ai tre miliardi di uomini che popolavano la terra.

(Dieci anni dopo Lucentini, ora se n'è andato anche Fruttero, la metà rimasta di una coppia eccezionale, unica nel panorama letterario, per sintonia, affinità, armonia. Una volta lessi da qualche parte il loro procedere nel dividersi i compiti: come Lucentini fosse la "mente organizzativa" dell'operazione, quello che aveva in testa il libro nel suo svolgersi, mentre Fruttero fungesse da rifinitore, capace di piazzare battute fulminee od osservazioni spiazzanti che davano quel tocco in più, anche se tutti e due pare scrivessero con la stessa naturalezza chi uno, chi un altro capitolo della trama, e se lo rifinissero e ritoccassero a vicenda. Sia come sia, l'amalgama risulta perfetto; e la felicità del tratto di scrittura, le invenzioni narrative, la capacità introspettiva, la leggerezza, la meravigliosa precisione nel discettare di astrazioni metafisiche a partire dalla perlustrazione dello stato d'animo dei protagonisti dei loro romanzi, come la deliziosa Anna Carla di qua sopra, sono state per me fonte ineguagliabile di divertimento e diletto. E anche se, in accordo con Fruttero e in disaccordo con la Volpe, io prediligo tra i tanti, per la ricchezza dell'intreccio e simpatia del mondo che ne abita le pagine - e forse anche perché è stato il mio primo approccio alla loro produzione, il primo amore che non si scorda mai -, il loro A che punto è la notte, riconosco ne La donna della domenica la fluida, melodiosa semplicità che ne fa il loro capolavoro, che non sfigura nemmeno trasposto sullo schermo da Comencini, con Mastroianni nell'improbabile ruolo del commissario Santamaria, la splendida Jacqueline Bisset in quello della ricca, bella e vivace signora dell'alta borghesia torinese con cui avrà un'avventura sentimentale, e attorno una pletora di attori di prim'ordine. E ora scusate, ho da finire un giallo di Scerbanenco...)

mercoledì 18 gennaio 2012

God only knows

Stasera, a tre quarti di una giornata moderatamente scombussolata, sono commossa, lieve, stordita, piena, calma e melensa.

Ne ho viste, lette, captate tante, oggi.

E mentre penso ai casi miei e a quelli di persone che lasciano segni in me, e di persone che amo, e a quanto è arruffato, setoso e morbido come un piumino di cipria, il batuffolo di cose ineffabili, inespresse e inesprimibili, che serbo nel cuore, nella playlist che sto ascoltando passa God only knows.

E davvero, mi dico, oggi che farei senza di te?

Senza te, che sei la mia tenera, adorata nemica.
Senza te, che sei il mio discreto sole.
Senza te, che sei il mio faro.
Senza te, che sei l'imprescindibile altra me diversa da me che non avrei mai potuto né voluto essere.
Senza te, di cui avrò nostalgia per tutta la vita, anche adesso che non mi manchi più.
Senza te, e te, e te, che date dignità alla mia giornata.
Senza voi, che ne siete la cornice.
Senza te, che sei l'incontro felice che mai mi sarei aspettata.
Senza te e te, che avete contribuito a rendermi capace di amare e di odiare, di farmi amare e di farmi odiare.
Senza voi: te, che ogni volta mi risollevi con lo sguardo sorridente dei tuoi occhi, e te, che hai fatto lo stesso per me in mille occasioni, lasciandomi credere che fossi io a farlo a te, finché non hai gettato la maschera.
Senza te, che mi sostieni ogni mattina passando di qui.
Senza te, che in tante sere qua dentro hai raccolto le mie lacrime e mi hai fatto sorridere.
Senza te, che mi hai fatto scoprire di essere bella e colorata per chi mi sta accanto.
Senza te, che con discrezione mi tieni la mano sul capo, pronto ad accorrere se mi vedi vacillare.
Senza te e te, curiosi di me, e io curiosa di voi.
Senza te, la cui amicizia mi ha aiutata molto più di quanto tu non creda di aver fatto, e che proprio in questo momento m'hai scritto "è tutto il 2012 che non chiacchieriamo, direi che è decisamente troppo :D".
Senza voi, che siete stati la molla di tutta la mia nuova vita.
Senza te, che sento tanto poco ma a cui devo tanto.
Senza te, idem.
Senza te, e te, e te, e te! E voi. Le vostre parole virtuali, i vostri abbracci reali, mi hanno aperto un mondo.
Senza te, che sei diventata vera e mi hai fatto accarezzare i tuoi capelli d'oro.


Senza te, con cui parlo tantissimo, tutti i giorni, a tutte le ore, e non ci mancano mai cose da dire.
Senza te, con cui non mi sazio mai di parlare.



martedì 17 gennaio 2012

Don't stop believing

"A voi ragazze ve piace proprio de soffrì" ha sentenziato un mesetto fa un mio amico agronomo, vedendomi in preda alle mie paranoie assurde (e probabilmente anche un po' geloso per non esserne nemmeno remotamente causa scatenante) affogare in una pozzanghera peggio della Costa Concordia. Pertanto, siccome sono (insolitamente) reduce da una settimana di serenità se non addirittura di contentezza, al fine di tornare a coltivare il mio hobby preferito così tanto a lungo trascurato ho provveduto, oggi pomeriggio, a complicarmi la vita da sola andando a spigolare in giro sul web dettagli insignificanti col preciso scopo di agitarmi un pochettino. Sia mai che io mi comporti da adulta matura più di un centinaio d'ore di fila, eh, che poi m'annoio. Così una ciliegia tira l'altra e, saltabeccando di qui e di là, ho, un po' a fatica, raccolto un risicato ma prezioso mazzetto di roba assortita buono ad incupirmi in tutte le sfumature e sfaccettature possibili, dall'incazzoso al depresso al mortificante all'avvilente all'ansiogeno.

Si fa buio dentro e fuori di me. Per fortuna c'è Claudio che fa ripartire il tubo. "Uuuuuh, una compilation degli anni '80. Ogni anno, ogni mese di quel decennio c'è una canzone di uno di questi gruppi meteore, che hanno fatto solo questa o un altro paio e niente più, che mi ricorda qualcosa: un capodanno, una gita scolastica, la prima sciata, una festa..."
"Per forza, è la musica della nostra giovinezza."
"Eh, sì. Ah, che so' questi, gli Ah-ha! Take on me, bella"
"Gli Ah-ha so' norvegesi, sai? La Volpe c'ha avuto il concerto loro d'addio praticamente accanto a casa"
"Uh, davèro? E Gli Yazoo? Te li ricordi gli Yazoo? Metti gli Yazoo, Only you. Si scrive Y-a-z-..."
"Il duo con Alison Moyet?"
"Sì! Uh quanto me piaceva 'sta canzone."
"Alison Moyet, ammazza, era proprio grossa, una matrona."
"Eh, sì, poi con gli anni s'è sempre più assottigliata."
"E l'altro era quello che prima stava con i Depeche Mode. Com'è che si chiamava?"
"Ma no, Cri, ti sbagli, non era quello, era un altro"
"Ma sì, ti dico, me lo ricordo, era uno biondo e fico che i Depeche Mode l'hanno sostituito coll'altro biondo coi denti tutti storti. Aspetta che googlo... Ecco, lo vedi? Wiki dice che è Vince Clarke, già membro fondatore dei Depeche Mode"
"Ah, però, davvero! Non lo sapevo. E ti ricordi gli Human League? Don't you want me baby?"
"Sì, però quelli non mi piacevano tanto"
"E i Talk Talk?"
"Ah, sì, un sacco fica It's a shame"
"Ma prima di It's a shame, quella che li ha lanciati, la mejo: It's my life. Mettila, mettila. Senti là, quanti ricordi"
"Aaaaah, Clà, e ora senti questa senti questa: questa mi piace troppo!"
"Che d'è?"
"Non l'hai mai sentita? Io non so se da ragazza l'ho mai ascoltata, non me pare. Dev'esse dei primi anni 80, però, perché il cantante solista ha partecipato a USA for Africa. Io l'ho scoperta, o riscoperta in un fine puntata di Scrubs, l'hanno messa lì, con Elliot che sta in treno, e m'è piaciuta troppo"
"Uh, sì, me pare che la conosco"
"Straangers waiting/up and down the boulevaard/their shadows/searching in the niiight..."
Mi sto facendo forza e quasi mi riesce: ho alzato a tutto volume i Journey, sto cantando a squarciagola, e ad ogni strillo il malessere si allontana un po' di più.




sabato 14 gennaio 2012

Fratelli e sorelle

"rendi lirico anche me con la tua grazia infinita" (cit.)

Felicità raggiunta

E succede che - mentre tu, uscita di casa in ritardo e di malavoglia per presenziare ad un evento che in un'altra vita un'altra te avrebbe atteso con eccitazione, intorno alle sette di sera di un tiepido venerdì di gennaio stai percorrendo in macchina a memoria un'Appia Antica malamente illuminata - ad un dato momento ripensi ad una frase di qualche ora prima e ne percepisci dietro in un soffio, per la prima volta, finalmente, l'autenticità, la sincerità, l'innocenza, tanto più valida quanto più spontanea, che perciò per la prima volta ti penetra davvero nell'anima, oltre la scorza coriacea della diffidenza della tua infelicità; e che per effetto di questa consapevolezza ti pare, così, all'improvviso, ti venga svelata una realtà sempre immaginata ma fino ad ora sconosciuta; e accade allora che il peso che hai dentro il petto da mesi ma forse da anni - quello che scopri adesso essere un dolce peso, una gravità feconda - istantaneamente piglia le ali e prende a frullare all'interno dello sterno lieve come un uccellino o una farfalla bianca, a fluttuare come fiocco di neve cullato dalla corrente o piuma che dondoli in uno sbuffo d'aria, ed al contempo, ecco, il pugnale è estratto e la dolorosa ferita è per incanto rimarginata, come non fosse mai esistita, raggrumandosi in te, al posto dell'antica frattura ora ricomposta, un fascio di energia purissima e viva e luminosa, un nucleo compatto e caldo di amore talmente splendente che tutto il mondo ti vedrebbe impresso il suo marchio di fuoco sulla pelle, come se il suo bagliore si vedesse distintamente in trasparenza, ad occhio nudo, attraverso la carne, se solo ti aprissi i vestiti. Ed è come se ti rendessi conto in quest'istante che il germoglio che ti è cresciuto dentro per tutti questi anni a tua insaputa è una pianta grande e lussureggiante che ti dilata il cuore a dismisura, non lo dilania ma lo amplia, non lo squarcia ma lo estende fino a renderlo immenso, ad occupare tutto il nulla della paura, dell'ansia, della sofferenza, e tu non sei nemmeno più emozionata o esaltata o commossa, nemmeno gioiosa, perché persino la gioia è un sentimento iniquo rispetto alla tua presente condizione, ora, al tuo essere, semplicemente, vera, intera, in pace, appagata come mai ti sei sentita. E comprendi in questo benedetto momento di grazia che nessun atto, nessuna parola, niente ti è più né ti è mai stato necessario, niente è più o è mai stato realmente funzionale o strumentale al tuo bisogno, perché non c'è più bisogno, perché non ti occorre più cercare negli occhi degli altri qualcosa di sconosciuto di cui hai nostalgia, perché non c'è più un vuoto da colmare, perché il tuo vuoto è sempre stato pieno, tu sei piena; nemmeno ricca, nemmeno sovrabbondante come spesso ti sei illusa di essere, e per questo sempre comunque sfalsata nella misura, solo giusta, integra, perfetta, dentro e fuori. Perché tu sei legittimata e riconosciuta come essere umano, capace di amare, meritevole di essere amato. Perché tu sei una persona che ama, davvero e che è, davvero, amata.

Il tutto dura forse un minuto, poi ti sfugge come i palloncini che ti scappavano dalle mani quand'eri piccola.

Felicità raggiunta, si cammina
per te sul fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede, teso ghiaccio che s'incrina;
e dunque non ti tocchi chi più t'ama.

Se giungi sulle anime invase
di tristezza e le schiari, il tuo mattino
e' dolce e turbatore come i nidi delle cimase.
Ma nulla paga il pianto del bambino
a cui fugge il pallone tra le case

venerdì 13 gennaio 2012

Signs/2

Gli aruspici divinavano attraverso la lettura delle interiora degli animali o dall'osservazione del volo degli uccelli.
I tempi son cambiati e noi ci siamo evoluti.
Io tenderei a trarre, ad esempio, presagi dall'appaiamento dei calzini usciti dalla lavatrice, data la portata eccezionale dell'evento.
Son appena riuscita a ricomporne ben tre coppie che ho testé finito di stendere. Non una, non due: tre!
Dev'essere per forza un buon auspicio.

mercoledì 11 gennaio 2012

It's a shame


E' vero, anche Roma è morta, nell'attimo della morte di Joy. E, con la sceneggiata infarcita di retorica e di bieco sfruttamento dell'emotività collettiva che ieri pomeriggio hanno imbastito su quest'orrore l'onnipresente (solo dove la sua presenza non sarebbe minimamente necessaria e anzi la sua assenza quanto mai opportuna) governatrice del Lazio e l'enfatico delegato alla sicurezza del sindaco di Roma, tuttora entusiastici aderenti e sostenitori della cultura "di pancia" che ha cavalcato e cavalca l'onda dell'intolleranza, dell'ignoranza, della paura e rifiuto del diverso senza aver offerto né offrire al presente una sola risposta positiva e propositiva per la lotta all'allarmante recrudescenza di fenomeni di violenza e delinquenza occasionale od organizzata, da ieri l'Italia, Roma e anche Torpignattara (evocato con oscena propaganda come il luogo dove "stasera batte il cuore della città" per lucrare ad effetto miserrime rendite di posizione nelle anime semplici dei miei concittadini di quartiere "romani core de mamma") si vergognano pure un po' di più.

sabato 7 gennaio 2012

Lo sai che siamo uguali




Lo saiche siamo uguali
messi in fila, dai profili e dai frontali

Due occhi pugnali
Due mani segnali
Due labbra regali (per chi?)

Lo sai che siamo vicini?
Abbracciarsi, che si perdono i confini

Due occhi pugnali
Due braccia due ali
Due labbra regali (per chi?)

Fuori equilibristi che si muovono appesi
ad un filo sottile che può traballare,
ci si può spezzare il collo molto prima di cadere
Dentro contorsionisti trapassati da mille e mille
fasci di luce accesi all'improvviso
dal chiarore intermittente di un sorriso

Lo sai che siamo uguali?
Luccicando come perle sui fondali

Due occhi pugnali
Due mani segnali
Due labbra regali (per chi?)

Due occhi due mani
Due braccia due ali
Due labbra regali…

Fuori equilibristi che si muovono appesi
ad un filo sottile che può traballare,
ci si può spezzare il cuore molto prima di atterrare
Dentro contorsionisti trapassati da mille e mille
fasci di luce accesi all'improvviso
dalla scia luminescente di un sorriso

Navi disancorate, sotto il fuoco incrociato
degli anni paurose sbandate e correnti inaspettate,
forti a contrariare il vento per tornare

giovedì 5 gennaio 2012

Roma città aperta

In questo blog, per mia scelta e per contingenze del momento di vita che sto passando, non si parla spesso di politica. Non che io non me ne sia interessata, perlomeno nella seconda parte dell'esistenza che ho alle spalle.  Chi mi conosce sa del mio passato e delle mie radicate idee politiche, che mi son formata tutte da sola da adulta, dopo una prima giovinezza totalmente disimpegnata, quando mi sono liberata delle influenze a cui sono stata sottoposta durante tutta la mia infanzia ed adolescenza. Ho partecipato ai comizi delle campagne elettorali del 1996 e 2001 con i figli piccoli appresso e variamente portati in collo; sono stata, dal 2001 al 2006, sempre in piazza, non c'è stato corteo, marcia, manifestazione ristretta od oceanica, fiaccolata, sit in, girotondo, adunata spontanea sotto il Senato o sotto la Camera, a cui io non sia stata presente. La terribile notte del 2006, quella dei 24.000 voti di scarto dell'infelice governo Prodi,  l'ho passata tutta attaccata alle transenne dello spazio della stampa in Piazza Santi Apostoli, e ho sbraitato tanto da finire nel film di Deaglio a quella funesta vicenda dedicato (sono io la matta che invoca, per la verifica della correttezza delle operazioni di voto, l'arrivo dei caschi blu dell'ONU: la prima volta che vidi il trailer on line, il quale praticamente si apre sulla mia faccia esagitata, ebbi un curioso effetto di deja vù che feci fatica a decifrare). E' dal 2008 che, per non impazzire a campare in quest'Italia che scoprivo sempre più becera e mostruosa - l'oscena foto uscita su tutti i quotidiani dei due suoi vecchi/nuovi padroni, B&B, coi loro ghigni sghembi e malati, era quanto mai eloquente - mi sono ritirata a vita privata, e forse la mia immersione nel lago del più profondo intimo di me stessa è dovuta anche a questo complesso di circostanze (so che non è successa solo a me questa conversione ad U dall'esterno, il sociale, il "politico", all'interno, all'ascolto delle proprie intime risonanze emotive, per cercare appigli alla sussistenza del proprio essere in un contesto tanto distruttivo).
Però quel che è accaduto nella tarda serata di ieri nel mio quartiere è un salto di qualità inaspettato persino per me. E' qualcosa che investe insieme la mia sfera personale e il mio orizzonte di relazioni. Da ragazza, quando frequentavo la parrocchia, in quell'angolo ci sono passata migliaia di volte, e non ho mai pensato che potessi correrci il rischio di perderci la vita. E poi sparare un colpo in testa ad una bambina di sei mesi è qualcosa di troppo atroce da concepire, lascia basita persino una vecchia disillusa del genere umano come me.
E vengo al punto. Io questo sindaco non l'ho votato, ovviamente. Meno ovvio che sia andata a votare l'altro contendente, parrebbe; ebbene, io l'ho fatto e ho perseverato pure al ballottaggio. Lo dico così, per sgomberare il campo da equivoci e chiarire che pur di non far salire 'sto fascista strabico al Campidoglio ero disposta praticamente a tutto. E quando è stato eletto per manifesta mancanza di avversari, e si son viste le prime scene di giubilo coi saluti romani, ho avuto la conferma, se mai ne avessi avuto necessità, della pericolosità e della pochezza dell'uomo e del suo entourage. E allorquando ho preso a constatare come giorno dopo giorno, dopo aver egli basato tutta la sua campagna elettorale su due pilastri: la pulizia della città e la sicurezza, su  questi due punti Roma scivolasse invece progressivamente in un baratro senza fine, confesso che manco son riuscita a dispiacermene in assoluto, riservando mentalmente a tutti i miei concittadini stronzi che me l'avevano democraticamente imposto a maggioranza una sequela molto romanesca, goduriosa e interminabile, di gesti dell'ombrello.
Però quello che è accaduto ieri sera per me segna un punto di non ritorno. Posso al limite concepire che Roma sia tornata indietro agli anni '70, tra cumuli di monnezza e regolamenti di conti ai semafori in pieno centro tra pregiudicati e cravattari. Ma che in quest'escalation indisturbata si spari in faccia ad una bambina, ad una creatura di pochi mesi, è qualcosa che davvero indica che abbiamo smesso di tutelare la nostra ed altrui umanità.
Non voglio manco aprire il discorso dell'incapacità culturale e mentale per questo sindaco e questa giunta comunale di gestire la multietnicità, da questi subita come il male supremo e concepita come capro espiatorio per tutta una serie di tensioni cagionate da tutt'altro. Come dell'incapacità di gestire il disagio, o di dare una risposta educativa alle sacche di delinquenza, macro o micro che sia, o di offrire ai giovani una prospettiva di incontro che non sia un centro commerciale, persino di illuminare le strade di notte che già costituirebbe un pur minimo deterrente agli atti di violenza, o di dimostrare una effettiva e fattiva presenza sul territorio di forze dell'ordine che non siano percepite solo come strumenti repressivi e minacciosi, ma come autentiche forze positive al servizio della comunità. Una comunità che non esiste più.
Beffarda coincidenza del fato, poi, che lo stesso giorno la vicesindaca Belviso inauguri il cosiddetto Giardino degli angeli, per la sepoltura dei feti abortiti. Ci si accalora per i non nati, e poi la sera ci si lascia uccidere sotto gli occhi una neonata.
Questo sindaco che ha costruito la sua elezione sul facile fomento delle paure della gente ha fallito, e ora se ne deve andare. Gli spettri che ha agitato gli si sono rivolti contro e gli stanno chiedendo il conto. Un conto pesante, che stiamo pagando noi cittadini. Non è mai stato il mio sindaco, ma da stanotte non lo tollero più. Voglio vederlo andar via, e farò quanto è in mio potere per combatterlo, da oggi in poi.


mercoledì 4 gennaio 2012

Canzone delle domande consuete


Ancora qui a domandarsi e a far finta di niente
come se il tempo per noi non costasse l' uguale
come se il tempo passato ed il tempo presente
non avessero stessa amarezza di sale

Tu non sai le domande, ma non risponderei
per non strascinare parole in linguaggio d'azzardo
eri bella, lo so, e che bella che sei,
dicon tanto un silenzio e uno sguardo

Se ci sono non so cosa sono e se vuoi
quel che sono o sarei, quel che sarò domani,
non parlare, non dire più niente, se puoi,
lascia farlo ai tuoi occhi, alle mani

Non andare - vai
Non restare - stai
Non parlare - parlami di te

Tu lo sai, io lo so, quanto vanno disperse
trascinate dai giorni come piena di fiume
tante cose sembrate e credute diverse
come un prato coperto a bitume

Rimanere così, annaspare nel niente,
custodire i ricordi, carezzare le età
è uno stallo o un rifiuto crudele e incosciente
del diritto alla felicità

Se ci sei, cosa sei? Cosa pensi e perchè?
Non lo so, non lo sai; siamo qui o lontani?
Esser tutto, un momento, ma dentro di te
aver tutto, ma non il domani

Non andare - vai
Non restare - stai
Non parlare - parlami di te

E siamo qui spogli in questa stagione che unisce
tutto ciò che sta fermo, tutto ciò che si muove,
non so dire se nasce un periodo o finisce
se dal cielo ora piove o non piove

Pronto a dire "buongiorno", a rispondere "bene",
a sorridere a "salve", dire anch'io "come va?"
Non c'è vento stasera, siamo o non siamo assieme?
Fuori c'è ancora una città?

Se c'è ancora balliamoci dentro stasera,
con gli amici cantiamo una nuova canzone
tanti anni e son qui ad aspettar primavera
tanti anni ed ancora in pallone

martedì 3 gennaio 2012

Afferrare una stella



Siamo seri, molto bene concentrati
su traguardi più importanti
su problemi veri,
niente storie, favole e chimere
restiamo con i piedi per terra
non si può afferrare
una
stella

(Proposito per l'anno nuovo: ecco, magari cominciare a veicolarlo sulla terra, 'sto trasporto)