giovedì 28 giugno 2012

Days are numbers

Vi saluto per un paio di giorni. A presto.



The traveller is always leaving town
He never has the time to turn around
And if the road he's taken isn't leading anywhere
He seems to be completely unaware

The traveller is always leaving home
The only kind of life he's ever known
When every moment seems to be
A race against the time
There's always one more mountain left to clim

Days are numbers
Watch the stars
We can only see so far
Someday, you'll know where you are
Remember
Days are numbers
Count the stars
We can only go so far
One day, you'll know where you are

The traveller awaits the morning tide
He doesn't know what's on the other side
But something deep inside of him
Keeps telling him to go
He hasn't found a reason to say no

The traveller is only passing through
He cannot understand your point of view
Abandoning reality, unsure of what he'll find
The traveller in me is close behind

Days are numbers
Watch the stars
We can only see so far
Someday, you'll know where you are
Remember
Days are numbers
Count the stars
We can only go so far
One day, you'll know where you are


martedì 26 giugno 2012

Tra i francesi che si incazzano, i giornali che svolazzano

Ieri giornata di incredibili agnizioni, complicazioni, afflizioni, irritazioni, determinazioni, concentrazioni, emozioni, buffe sensazioni, ambivalenti attrazioni, imbarazzate rassegnazioni. Dì di molto rumore per nulla, di scoperte dell'acqua calda, di tutto qua?, di montagne che partoriscono topini, di microscopici cataclismi, tra ridarelle convulse e frenesie imbrigliate per il tempo di un battito di ciglia.

Poi, finalmente, oggi è un altro giorno. E quando mi sveglio realizzo che mi tocca andare in ufficio.

Dove trovo tutto esattamente come l'avevo lasciato giovedì. Perché le due colleghe che stanno svolgendo al momento la mia stessa mansione - loro in tandem, io da sola - non son state in grado di fare, insieme, tra venerdì e lunedì, un terzo del - poco - lavoro che io autonomamente ho svolto giovedì in un paio d'ore scarse.

E non si tratta di un caso di inefficienza della pubblica amministrazione, eh. Le due in questione sono operose e impegnate. C'è proprio una differenza di potenziale in termini di elasticità, tempi di reazione, capienza energetica mentale.

E io che sto sempre a colpevolizzarmi perché mi pare di perdere tempo in continuazione.

Perché, perché ho consentito a venirmi a seppellire qua dentro? Posso io passare dieci ore al giorno con gente che, quando sono arrivata al Gloria, sta ancora alla prima Avemaria del rosario?

E' una frustrazione che mi accompagna da oltre vent'anni. E meno male che, oltretutto, credevo con l'età di essermi rimbambita e di aver perso smalto.

Vedi, non c'è mai da disperare: nella P.A. si trova sempre l'opportunità di rinforzare la propria autostima. Ad esempio quando una delle due colleghe testé menzionate mi guarda perplessa abbrancare con decisione le pratiche e si azzarda ad offrirsi, incuriosita e collaborativa: "vuoi una mano, Cri, almeno per la prima? Tu detti e io scrivo? No, perché è troppo complicata, ha proprio un sacco di dati, eh, avevamo cominciato a darle uno sguardo ieri, hai visto quante particelle ?"
"No, grazie" sorrido "preferisco far da me, ma grazie."
Un quarto d'ora dopo questo scambio di battute arriva Claudio: vuol portarmi a far colazione alla macchinetta del sesto piano per spettegolare un po'. Io accetto. Tanto la pratica l'ho già finita.

Povero Claudio, è ciarliero e stimolante come sempre, ma non riesce a dissimulare del tutto un certo qual abbacchiamento. Quando torniamo giù prima di separarsi da me lasciandomi davanti alla porta della mia nuova stanza mi soffia nell'orecchio, svaporando come una pentola sul fuoco vicina al punto di ebollizione: "Cri, io non posso più sta' zitto, te lo devo dì. Non capisco come faccia il capo a reggere 'sta situazione, di là va tutto a ramengo, le cose da fare sembrano diventate una marea, non se ne vede mai la fine. La verità è invece che, semplicemente, quelle tre che ora stanno al posto tuo, tutte e tre insieme, non riescono a completare la metà delle cose che mandavi avanti tu!"

E adesso sto scrivendo perché sono in pausa e, come se dice a Roma, me gratto. Sbrigato tutto l'incredibile e delicatissimo arretrato della scorsa settimana, sono totalmente sfaccendata. Sarà che il mio cervello è tarato su un'altra velocità rispetto al resto dell'ufficio, e devo rassegnarmi ad aspettare che gli altri mi raggiungano. Mi sento un po' Coppi alla Milano-Sanremo del 1946, quando alla radio annunciarono "Primo classificato Coppi Fausto; in attesa del secondo classificato trasmettiamo musica da ballo"; e hai voglia ad ascoltare musica, per riempire quattordici minuti di distacco!

Meno male che da domani ho due giorni di ferie. Così avranno un margine di vantaggio. Mica per altro, per non demoralizzarli troppo, 'sti poveretti.

(E io, comunque, tengo per Bartali)


lunedì 25 giugno 2012

La sera del dì di festa

Nonostante il titolo evochi Leopardi, io ieri sera ho fatto Foscolo.
(Al quale, tra l'altro, mi son sempre sentita assai più vicina che a quell'altro. Devo avere una vena neoclassicista non da poco. Non che non me la riscontri, eh. Sarà anche per questo che adoro il Bernini più ancora di Michelangelo, chissà? Barocca, ad ogni modo, lo sono. Sono romana, dunque barocca per antonomasia)
Alle otto di sera ho salito il Gianicolo insieme alla mia Pandina.
Non so com'è, di questi tempi ho sempre e solo voglia di luoghi elevati. Mi viene costantemente desiderio, necessità, smania, direi, di ascendere, ascendere, ascendere. Non credo sia da attribuire solo al caldo.
E' come se non mi bastasse più guardare il cielo, sentirmene schiacciata. Vorrei toccarlo, proprio, con un dito, e anche con tutte e due le mani, possibilmente.
Ad ogni modo, ieri sera tramonto di gloria. Io e la Pandina saliamo lentamente il vialone, gustandoci le trafitture dei raggi d'oro del sole che ci dardeggiano contro tra i rami scortecciati dei saldi, grandiosi platani, poi ci attestiamo senza fiatare innanzi al panorama di nuvole rosa che veleggiano senza meta nel cielo chiarissimo, sospinte da un insperato refolo di ponentino, mentre a mano a mano il disco fiammeggiante cala in un'apoteosi d'azzurro e le sagome delle persone davanti a quella sorta di schermo gigante in Cinemascope perdono tridimensionalità e umana gravità diventando gentili figurine di uno spettacolo di ombre cinesi, fino a che il fresco e vellutato manto della sera ricopre ogni cosa, e dalla parte opposta alla residua traccia dell'astro di fuoco ormai scomparso sale e si appunta brillando una perfetta falce di luna crescente che pare disegnata sulla volta celeste da una invisibile e precisissima mano titanica.
Che sensazione di pienezza.


Forse perché della fatal quïete
Tu sei l'imago a me sì cara vieni
O sera! E quando ti corteggian liete
Le nubi estive e i zeffiri sereni,
E quando dal nevoso aere inquïete
Tenebre e lunghe all'universo meni
Sempre scendi invocata, e le secrete
Vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme
Delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
Quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.

venerdì 22 giugno 2012

Three coins in the fountain/3

E per finire in bellezza, ecco quello che ho ascoltato a ripetizione ieri pomeriggio in ufficio.

E ora scusatemi, chiudo, esco, e a passo di danza vado a cercarmi questo tizio, perché è l'uomo della mia vita! :P <3


Io che sbando con l'armonica
Perchè sei lontana
perchè vivi su una nuvola
metropolitana
e attraversi i viali
di città distratte
tra rumori sempre uguali
manifesti e frasi fatte...

Idee, bandiere, che non mi dicono niente
io sono sbandato e cerco te solamente

Io che sbando con la musica
di periferia
io tagliato fuori dai cortei
che vanno via
con le verità
di una sola parte
con gli slogan della gente
che è convinta ed urla forte...

Idee, bandiere, che non mi dicono niente
io sono sbandato e cerco te solamente
Perchè io non credo agli eroi
perchè tu sei quella che sei!...

Alle veglie anti America
quasi più nessuno
tutti quanti alla carica
dei cento e uno
come cambia il mondo
come passa il tempo
e tu lì su quella nuvola
con i tuoi capelli al vento...

Idee, bandiere che non mi dicono niente
io amo soltanto e cerco te solamente
raduni, e gare a chi è più intelligente
io sono sbandato e cerco te solamente

Io che sbando con l'armonica
perchè sei lontana
perchè vivi su una nuvola
perchè tu sei quella che sei..

Three coins in the fountain/2

Proseguiamo con questa canzone d'arcana atmosfera incredibilmente bella (di cui avevo dimenticato l'esistenza, imperdonabile!!!) dei magnifici anni '80 di Howard Jones, che all'epoca apprezzavo molto, scovata sulla bacheca di un amico ieri sera.

Aaaaaah, dilatiamoci i polmoni, apriamo le braccia, volgiamole verso l'alto, le palme esposte al sole...



There was a time when there was nothing at all
Nothing at all
Just a distant hum.
There was a being and he lived on his own
He had no one to talk to
and nothing to do.
He drew up the plans
Learn't to work with his hands

A million years passed by and his work was done.
And his words where these:

Hope you find it in everything
Everything that you see

Hope you find it in everything
Everything that you see

Hope you find it
Hope you find it
Hope you find me in you.

So she had built her
Elaborate home with it's ups and it's downs
It's rain and it's sun.
She decided that her work it was done
Time to have fun
And found a game to play.
Then as part of the game
She completely forgot
Where she'd hidden herself

And she spent the rest of her time
Trying to find the parts.

Hope you find it in everything
Everything that you see

Hope you find it in everything
Everything that you see

Hope you find it
Hope you find it
Hope you find me in you.

Hope you find it in everything
Everything that you see

Hope you find it in everything
Everything that you see

Hope you find it
Hope you find it
Hope you find me in you.

There was a time when there was nothing at all
Nothing at all
Just a distant hum.

Three coins in the fountain/1

Alleggeriamo un po' 'sto spazio, e regaliamoci momenti di felicità.

La musica ha sovente questo potere.

Si dia il via alle danze: cominciamo con la suggestione che m'ha regalato èunmondodifficile nel commento al mio post sulle cose per cui vale la pena vivere.
(La canzone, di per sé già meravigliosa, colonna sonora di un gran film di Otto Preminger, classico noir - Vertigine o Laura, che, scopro ora, ha dato il nome anche a Laura Palmer-, si arricchisce ulteriormente nella versione qui proposta)




martedì 19 giugno 2012

Nothing left to lose

Sofferenza e dolore non sono sinonimi, affatto.

La sofferenza quale brezza mortifera ti piomba addosso all'improvviso facendosi tela di ragno che si invischia sull'anima permeandola di trafitture ulcerose e opprimendola di un fastidio molesto e gravoso, di un tormento insopportabile che la cinge d'assedio, la separa da ogni altro legame spirituale e la esclude dal contesto dell'armonia cosmica. E' fetido impiastro di pece che la inquina, angustia fredda e cieca che la isola, giogo - reso ulteriormente penoso da un'intollerabile oscurità di senso - che la asservisce.
E, come in un palude di sabbie mobili, tu ti dibatti in essa impantanandoti e sprofondando sempre di più.

Il dolore è l'opposto. Non è una sensazione che ti assale, è una condizione esistenziale. E' il nucleo compatto, caldo e pulsante di passione dove immergerti per arrivare al cuore di quel senso che disperatamente cerchi. Non ti viene incontro, sei tu che devi andarlo a scovare dentro di te, nel fondo della tua caverna viscerale, come un tesoro celato in una grotta nel ventre della terra, come la fonte stessa della vita, il codice del tuo DNA, il luogo mistico dove giungere straziata a guardare in faccia la verità di te stessa. Non è malessere, no. E' essere.
Lì, rimosso alla coscienza, riposto nelle migliaia di esperienze di infelicità e frustrazione occorse dal giorno della tua nascita e da prima ancora, si trova il segreto della tua autenticità.
Se avrai il coraggio di ripercorrere a ritroso quella galleria di orrore ed afflizione, di rivestirti di tutte quelle ferite dimenticate ma mai rimarginate, alla fine otterrai un bene inestimabile: la comprensione della struggente tenerezza della mortalità - impulso e gusto e motivo della necessità e capacità di amare, declinata in tutte le sue meravigliose conseguenze di misericordia, empatia, fiducia, speranza, benevolenza, per te e per i tuoi simili.
Nell'accettazione del dolore - che è dolore per la lacerazione primigenia della morte - sarai folgorata da tutta la bellezza, la gioia, l'energia, l'intensità pregnante della vita, che finora hai sempre e solo intuito, e solo per brevi istanti percepito.

E dopo nulla sarà più come prima.




Nothing's good the news is bad
The heat goes on and it drives you mad
Scornful thoughts that fly your way
You should turn away 'cause there's nothing more to say

You gave the best you had to give
You only have one life to live
You fought so hard you were a slave
After all you gave there was nothing left to save

You've got nothing left to lose (you've got nothing left to lose)
No you've got nothing left to lose (who'd wanna be standing in your shoes)

You read the book you turn the page
You change your life in a thousand ways
The dawn of reason lights your eyes
With the key you realise
To the kingdom of the wise

You've got nothing left to lose (you've got nothing left to lose)
No you've got nothing left to lose (who'd wanna be standing in your shoes)

Nothing ventured nothing gained
No more lingering doubt remained
Nothing sacred or profane
Everything to gain
Cause you've nothing left

venerdì 15 giugno 2012

Manhattan al Pigneto


Spero di tramutarmi in un Woody Allen.
Un po' perché mi sembra di assomigliargli, bruttarello, con gli occhiali, tutto cervello.
(Io meno bruttarella ma anche con meno cervello, per cui se facciamo la media mi ci ritrovo)
Un po' perché è un narciso ossessivo che sta sempre a guardarsi l'ombelico, come me.
Un po' perché invecchia restando giovane, perché saggio e disincantato lo era già da quando era giovane, appunto, e anche perché ha il dono di saper ridere di se stesso, tramutando ogni sua pena in fulcro di appoggio per la leva che lo solleverà, facendo sollevare chi lo ascolta.
E insomma, è da ieri che ho in mente l'eterno giochino trito e ritrito che lui espleta così bene in una memorabile scena di Manhattan.
Lui se lo compita per gli stessi motivi per cui ora lo faccio io.
La cosa fichissima è che il suo è compiuto in sé, essendo un brano cult di un film girato decine d'anni fa e per questo immutabile. Il mio invece può aver l'ambizione di essere un work in progress.

Allora, vediamo: le dieci cose per cui vale la pena vivere...

(Le scrivo così di getto, come mi vengono in mente)

La grotta di Byron a Portovenere.
Certi tratti della costiera amalfitana, di quella otrantina, di quella della Riviera ligure di Levante, le falesie nere tra le Cinque Terre e Portovenere, ma anche i dieci chilometri di Flacca tra Sperlonga e Gaeta.
Il panorama delle colline umbre al tramonto.
La Flaminia tra Spoleto ed Assisi.
Il secondo concerto per pianoforte ed orchestra di Rachmaninov.
La musica di Armando Trovajoli.
Certe colonne sonore di Morricone. Ma anche di Hans Zimmer. Ma anche di Nino Rota, Bacharach, Henry Mancini.
L'assolo di chitarra di Audrey Hepburn sulla finestra in Breakfast at Tiffany's.
Il ratto di Proserpina di Bernini.

Ce ne avrei molte altre, caspita.

Qualcuno vuol darmi suggerimenti?



(E per adesso buon week end, perché spengo il pc, dato che stanno per capitarmi un altro paio di cose per cui vale la pena vivere: uno, l'incontro con i miei amici di Spinoza domani sera; e soprattutto, due, tra un'ora e mezza scarsa, l'abbraccio di Angie che scende da un treno a Termini.)


Cose che ho imparato troppo tardi

Quando sei bambina, è risaputo, ti insegnano a non accettare caramelle dagli sconosciuti.
(Io di caramelle invece ne ho prese tante, e non da sconosciuti, purtroppo. Dalle monache dove stavo ci avevamo la santona fondatrice che era famosa, tra le altre cose, anche per la pretesa moltiplicazione delle caramelle. Certe caramelle tristi, che sapevano di carta, appiccicose. E noi bambine dovevamo adeguatamente stupirci, riverirla, ringraziare e biascicarle con animo devoto).
Insomma, pare che ti dicano che c'è l'uomo nero che se gli vai dietro ti porterà via.
Così instillano nell'animo innocente di una creatura infante il concetto di cattiveria.
Dunque il primo messaggio che passa è: guardati dai cattivi.

Quando sei più grande poi scopri che esiste una categoria di persone ben più nociva: gli stupidi.
Un cattivo lo è per sua volontà. Può concedersi, ogni tanto, una vacanza da se stesso.
Lo stupido no.
Dunque il tuo input originario si arricchisce di quest'altro, e tu ti fai una scala di priorità: guardati dai cattivi, e prima ancora dagli stupidi.

Poi arriva il momento della cosiddetta maturità.
E' quando tu scopri che si danno in natura, purtroppo, esseri tremendi, perniciosi più ancora dei cattivi e degli stupidi, essendone una summa con disvalore aggiunto: coloro-che-non-sanno-ciò-che-vogliono.

Dante li chiama ignavi, e li pone fuori dall'Inferno. Perché non li vonno manco lì.

Contro questi nulla si può. Sono come un buco nero, sono il Nulla de La storia infinita, sono Blob, la Cosa, Alien, sono gli Ultracorpi dell'invasione, sono l'antimateria, sono l'Idra di Lerna, che più teste le tagliavi più ne rispuntavano. Indistruttibili, indomabili, rinascono dalle loro ceneri. E più tu sei volitiva, energica, affettiva, più i loro effetti saranno potenziati. Perché, essendo vuoti, si alimentano della tua vitalità. Non sentendo nulla, assumono i tuoi, di sentimenti.

E' come quando acciacchi una gomma americana. Non ti si staccherà più dalla suola. Meglio la merda. Che si pulisce. E poi si dice che porti fortuna, no?

giovedì 14 giugno 2012

Round and round

Essere pazienti senza diventare torpidi.
Essere sereni senza diventare insensibili.
Essere stabili senza diventare tiepidi.

Che equilibrio difficile da raggiungere.

Io mi ci provo, tutta concentrata, col massimo impegno e cautela possibili, camminando a piccoli passi sul mio filo teso a mezz'aria.

E ancora il mio cerchio, gira, gira, gira, intorno alla mia vita, orbita vorticosa ed euritmica del piccolissimo atomo di energia che costituisco nell'immensità dell'universo.



Non riuscire a stare fermi un istante
saltare da un pensiero all'altro,
da un desiderio all'altro in continuazione
è una maledizione
cercare un posto lontanissimo
senza più legami
con questo caos di eterni pendolari,
di paradisi artificiali, palloni pubblicitari
e dentro il cuore, nel silenzio e ovunque altrove
fra le rovine del Partenone
non trovare che rumore
e ancora insoddisfazione, insoddisfazione

Fuggire dal mondo e da se stessi,
nella finzione, nel sesso disperato,
nei videogames, subire il fascino del sacro
nei reparti di un supermercato
sentirsi pieni di poetico abbandono
di un senso alto del tragico e del buono
e scoprire che per gli altri sei solo in posa
per l'avanspettacolo e la cronaca rosa

E nonostante tutto avere dell'amore
un'idea talmente splendente
e sublime
e un bel niente, un bel niente da spartire
con queste vite mediocri e meschine

La pace sia con te, e con il tuo spirito
la pace sia con me, e con il tuo spirito

Essere come una città sotto vetro
quasi sempre in stato d'assedio
circondati da nemici spietati,
o, peggio ancora, dal tedio e dai suoi derivati
avere voglia di salire sul tetto
e poi di mettersi ad urlare
che magari arriva un disco volante
e ci viene a salvare

Che se uno deve per forza emigrare
allora è meglio un altro sistema
solare
siamo noi quei misteriosi via vai dei pinguini
sulle distese che non hanno comunque confini

La pace sia con te, e con il tuo spirito
la pace sia con me, e con il tuo spirito


E nonostante tutto avere dell'amore
un'idea talmente splendente
e sublime
e sapere bene di essere in bilico, in bilico


La pace sia con te, e con il tuo spirito
la pace sia con me, e con il tuo spirito


Più amore, più amore, che dolore
la pace sia con te
e con il tuo spirito

lunedì 11 giugno 2012

Amore lontanissimo

Oggi giorno di libertà.
Dedicato.
Al mio amore.
All'amore di tutti.
Al mio amore lontanissimo perduto, che bramo ardentemente di stringere al cuore per sentirmi finalmente completa.
Me stessa.




Da un'ora son seduta qui
pensando che
ti voglio parlare
e questa via della città
certo non è
il modo ideale
Passa tanta gente e se in mezzo ci fossi tu,
se mi passassi accanto,
io ti sentirei...

Amore mio
dove sei
non pensi che
io sono qua
mi farò ancor più piccola
se non sarai qui
con me

Amore lontanissimo
ma qui, con me
qui, con me

Passa il tempo e
certo ne avrei
di cose da fare
e non m'importa no,
non me ne andrò,
ti voglio aspettare
Intorno a me c'è fretta,
l'ennesimo metrò,
io so che no,
non mi muoverò.

Amore mio dove sei,
non senti che
io sono qua
mi farò ancor più piccola
se non sarai qui con me

Amore lontanissimo
ma
qui, con me
qui, con me

Amore lontanissimo
se tu fossi qui

con me

venerdì 8 giugno 2012

La macchia umana

Alla fine, se una è misericordiosa, comprende e accetta tante cose dalla gente a cui tiene (sempre troppe, sicuramente).

Una delusione.
Una defaillance.
Un rifiuto.
Un'incomprensione.
Uno sbaglio.
Uno scatto di rabbia.
Una bugia.
Una debolezza.
Un istante di noncuranza.
Un momento di egoismo.
Persino la cattiveria.

Ma la vigliaccheria di colui che fa tutto questo e non ha le palle per sostenerlo no.
Il cattivo ha una sua dignità. Il vile coniglio che rinnega la sua cattiveria manco quella.
La pusillanimità mostrata da un cattivo che si strugge di essere tale è una sconcezza insopportabile.
Il carnefice che pretende pure di farsi compatire come vittima è inaccettabile. E imperdonabile.


Splendore nell'erba

"Though nothing can bring back the hour
Of splendour in the grass, of glory in the flower
We will grieve not, rather find
Strength in what remains behind."


Visto che rinnovamento qua dentro? E tutto per un motivo tanto semplice: ho trovato il bottone da schiacciare per far diventare Angie coamministratrice del blog!

(E non avete visto ancora niente! ^^)

mercoledì 6 giugno 2012

E se lo dice lui...

“Certo che le vite di Hamsun, Dostoevskij, Conrad, Poe, Stevenson, Dickens sono le continue accuse-insegnamento a noi scrittorelli signorini che pretenderemmo di stupire chi sa chi scrivendo paradossi seduti al caffè della piazza cittadina. Com’è scomodo, infatti, essere “grandi” se per esserlo occorre passare 15 anni in Siberia o morire pazzi o alcolizzati. A noi piace la gloria ben nutrita, lavoriamo tutto l’anno per essere promossi a Voltaire.” Steno, 14 Ottobre 1944. “Sotto le stelle del ‘44” Ed. Sellerio

martedì 5 giugno 2012

Au revoir les enfants

Oggi pomeriggio mi sono parecchio emozionata.
Ho assistito ad un grandioso concerto per orchestra e corale al Pantheon, insieme a molte persone amate. La musica, le voci angeliche, le mani veloci sugli strumenti, gli sguardi compresi, l'armonia d'insieme di un centinaio di ragazzi, provenienti da punti opposti della penisola - Cuneo, Salerno, Roma -, incontratisi solo ieri per la prima volta, hanno creato un'atmosfera straordinaria, che penetrandomi in ogni poro della pelle è giunta a toccarmi il cuore facendomi - ma no! - sciogliere in lacrime, accompagnate anche da una certa quantità di singulti.
(Sono iperbolica, lo so. Ed entusiasta. Praticamente me stessa. Incomprimibile, insopprimibile, abbastanza indistruttibile.)

Ho parcheggiato la macchina a Piazza del Collegio Romano. Lì c'è un liceo storico di Roma, il Visconti. Ci sono passata davanti e mi sono ricordata che, di questi tempi se non addirittura oggi, esattamente un anno fa, un pomeriggio bellissimo identico a questo, sono stata un paio d'ore scarse seduta sugli scalini d'entrata di quel liceo, in beata spensieratezza, insieme ad un amico. Un amico che mi è stato molto, molto caro.

Ora quell'amico non c'è più. E' morto.

Invece io sono viva, e sono così.


E non mi pare poco.

(La scalinata è ovviamente quella.)

domenica 3 giugno 2012

Suspiria

E poi arriva, ad un certo punto, nella vita, il momento in cui ti trovi faccia a faccia col tuo nemico.
Puoi averne passate di ogni, esser sopravvissuta a eventi tremendi. Robetta per te, superdonna, abituata a traversare indenne in mezzo a catastrofi d'ogni genere scrollando appena le spalle come in allenamenti di ordinaria soprannaturalità. Cosa da niente, per te, autosufficiente stilita, avvezza a fare a meno di tutto, anche dell'indispensabile.
Poi ti capita un moscerino. No, qualcosa di ancora più piccolo. Un acaro. Ecco, un acaro, che ti morde. Cos'è il morso di un acaro? Nulla.
Se non ti scopri allergica alle sue punture.
E lì la faccenda si fa seria. Non hanno potuto farti vacillare di un millimetro cataclismi, ti sbalestra una puncicatina di un minuscolo parassita.
E' una prova da grandi eroi, questa, del resto. Invulnerabili tranne che per un microscopico dettaglio - Achille ha il suo tallone, per cui l'aveva tenuto la madre Teti mentre lo immergeva nelle acque dello Stige, Sigfrido la sua piccolissima porzione di pelle tra le scapole, della misura della foglia di tiglio che gli si era posata addosso durante il bagno nel sangue del drago che aveva ucciso -, sennò che eroi sarebbero se fossero del tutto sovrumani? Nella quale i suddetti grandi eroi, difatti, soccombono.
Ti vengono in mente ataviche espressioni quali "la goccia che fa traboccare il vaso". Ma anche, per estensione semantica e descrittiva, "buonanotte al secchio", "finire in vacca", "voler raddrizzare le gambe ai cani"; e insieme inquietanti scampoli di immagini bibliche emergenti dai meandri del tuo inconscio, tipo Cristo nell'Orto del Getsemani che in Luca 22,37 proclama ieratico "questa è la vostra ora, è l'impero delle tenebre". E insieme ancora, in quelle tue tipiche macedonie di associazioni di idee senza capo né coda, le parole del Don Camillo di Guareschi lette mille volte da bambina: "Il diavolo non è brutto come lo si dipinge. Il diavolo, infatti, deve essere bellissimo, se no come potrebbe sedurre e ingannare la gente?"
Enfatizzazioni e giri a vuoto de capoccia a parte, pensi con un certo qual costrutto di essere arrivata davvero faccia a faccia con la mera, nuda, essenza della banalità del male. Di esser giunta a scoprire sulla tua propria pelle cosa intende la Arendt quando del male dice che "può invadere e devastare tutto il mondo perché cresce in superficie come un fungo. Esso sfida il pensiero, perché il pensiero cerca di raggiungere la profondità, andare alla radice, e nel momento in cui cerca il male, è frustrato perché non trova nulla. Questa è la sua "banalità"... solo il bene ha profondità e può essere integrale".
E pensi che la sua più insopportabile prerogativa sta proprio nella sua stupidità, nel suo attacco all'intelligenza. Ti fa intignare, ti fa dare di matto, rompere la testa, ma sta lì la sua autentica forza: nella sua idiozia, fatuità, inutilità. Nel suo essere esattamente ciò che appare. Perché oltre l'apparenza non c'è sostanza.
Come si fa a lottare col fumo? A stringere l'aria?
E' impossibile. E' una battaglia persa in partenza.
Una faccenda sconsolante.
Il diavolo, scimmia di Dio, ha assunto fattezze di mosca tzetze, e ti ronza intorno molesto, instancabile. E' lì il suo potere, nell'ottusa costanza. Non c'è niente da capire nel suo volo, perché non capisce niente. Non può far altro perché altro non sa fare. Perciò è invincibile. Ogni tanto gli dai anche una botta, lo tramortisci per un po', ti illudi di averlo fatto secco, di esserti liberata. Poi, immancabilmente, torna a darti fastidio. Sconfortandoti al punto di farti venire un groppo di lacrime in gola.
Questo è l'inferno. Altro che fiamme eterne, urla di dannati, stridore di denti. L'inferno è un insetto brutto e ridicolo che non riesci a scacciare via.

sabato 2 giugno 2012

All's well that ends well

(Accostamenti blasfemi. Speriamo che Umberto Eco non legga mai)

Più rileggo questo elenco più mi convinco che esso è effetto del caso e non contiene alcun messaggio. Ma queste pagine incomplete mi hanno accompagnato per tutta la vita che da allora mi è restata da vivere, le ho spesso consultate come un oracolo, e ho quasi l'impressione che quanto ho scritto su questi fogli, che tu ora leggerai, ignoto lettore, altro non sia che un centone, un carme a figura, un immenso acrostico che non dice e non ripete altro che ciò che quei frammenti mi hanno suggerito, né so più se io abbia sinora parlato di essi o essi abbiano parlato per bocca mia. Ma quale delle due venture si sia data, più recito a me stesso la storia che ne è sortita, meno riesco a capire se in essa vi sia una trama che vada al di là della sequenza naturale degli eventi e dei tempi che li connettono. Ed è cosa dura per questo vecchio monaco, alle soglie della morte, non sapere se la lettera che ha scritto contenga un qualche senso nascosto, e se più d'uno, o molti, o nessuno.
Ma questa mia inabilità a vedere è forse effetto dell'ombra che la grande tenebra che si avvicina sta gettando sul mondo incanutito.
Est ubi gloria nunc Babylonia? Dove sono le nevi di un tempo? La terra danza la danza di Macabré, mi sembra a tratti che il Danubio sia percorso da battelli carichi di folli che vanno verso un luogo oscuro.
Non mi rimane che tacere. O quam salubre, quam iucundum et suave est sedere in solitudine et tacere et loqui cum Deo! Tra poco mi ricongiungerò col mio principio, e non credo più che sia il Dio di gloria di cui mi avevano parlato gli abati del mio ordine, o di gioia, come credevano i minoriti di allora, forse neppure di pietà. Gott ist ein lauter Nichts, ihn ruhrt kein Nun noch Hier... Mi inoltrerò presto in questo deserto amplissimo, perfettamente piano e incommensurabile, in cui il cuore veramente pio soccombe beato. Sprofonderò nella tenebra divina, in un silenzio muto e in una unione ineffabile, e in questo sprofondarsi andrà perduta ogni eguaglianza e ogni disuguaglianza, e in quell'abisso il mio spirito perderà se stesso, e non conoscerà né l'uguale né il disuguale, né altro; e saranno dimenticate tutte le differenze, sarò nel fondamento semplice, nel deserto silenzioso dove mai si vide diversità, nell'intimo dove nessuno si trova nel proprio luogo. Cadrò nella divinità silenziosa e disabitata, dove non c'è opera né immagine.


Fa freddo nello scriptorium, il pollice mi duole. Lascio questa scrittura, non so per chi, non so più intorno a che cosa: stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus.

venerdì 1 giugno 2012

Le ragioni del cuore/2

"La passione non calcola costi. Il cuore, dice Pascal, ha le sue ragioni, che la ragione non conosce. Se l'intendo bene, il senso è che la passione, quando si impadronisce del cuore, inventa ragioni in apparenza non solo plausibili ma decisive per dimostrare che per amore vale la pena di perdere il mondo. Ci persuade che si può sacrificare l'onore, che la vergogna è un prezzo lieve da pagare. La passione è distruttiva. Ha distrutto Antonio e Cleopatra, Tristano e Isotta, Parnell e Kitty O'Shea. E se non distrugge perisce. Può darsi allora che ci si trovi alle prese con la desolante consapevolezza di aver sprecato gli anni della nostra vita, di esserci coperti di vergogna, di aver sopportato i morsi tremendi della gelosia, inghiottito le più amare mortificazioni, di aver speso tutta la nostra tenerezza, profuso tutta la ricchezza della nostra anima per una povera sgualdrina, uno sciocco, un piolo da appenderci i sogni, che non valeva una striscia di gomma da masticare."