domenica 29 aprile 2012

L'uso dell'amore

Ora, premetto che nella mia sciagurata prima giovinezza ho avuto la debolezza di amare certuni cantautori non trendy, i cosiddetti "impegnati". (Andavo dalle suore, non avevo il permesso di avere una vita sociale degna di questo nome, figuriamoci di partecipare alle manifestazioni. E dalle suore le uniche briciole di coscienza civile che ci venivano offerte, anzi, propinate, erano quelle che riguardavano la propaganda pro obiezione di coscienza contro l'aborto. Solo certe volte, col nostro professore di religione, un gesuita giovane e fascinoso giornalista di Civiltà Cattolica, abbiamo avuto occasione di fare dibattiti su temi meno scontati, come le motivazioni religiose, civili e giuridiche per esser contrari alla pena di morte. Per il resto, mi ricordo ancora quando venne a farci vigilanza ad un compito in classe di latino una ex allieva in procinto di laurearsi a Lettere quando facevamo, mi sembra, il quarto anno, la seconda liceo, in un istituto dove l'unico giornale che entrava era Il Tempo, il cui allora direttore, Gianni Letta, era una stimata e riverita conoscenza di cui gloriarsi. Alla poveretta ingenua democratica supplente venne in mente, per ingannare il tempo, di spiegarci la questione delle basi Nato sul territorio italico. Cosa di cui noi ignoravamo assolutamente l'esistenza, e che suscitò una piccola rivoluzione nelle nostre menti e una subitanea repressione e censura da parte delle autorità scolastiche, preside monaca in testa.) Ossia, ignoravo gente come De Gregori o Guccini - di quest'ultimo cantavo solo "Dio è morto" durante le nostre messe beat post conciliari che oggi son roba d'avanguardia messa al bando dalla restaurazione giovanpaolinaseconda, e l'Avvelenata nel segreto di stanzette isolate dove ci rinchiudevamo in raduni carbonari con le mie compagne - e amavo invece Baglioni (vabbé), e poi Cocciante, e Branduardi. 'Sti due forse accomunati, nella mia mente, non dal filone artistico, ma dalla zazzera. Ché per il resto, poi, avevano ben poco a che spartire l'un con l'altro.
Insomma, tutta 'sta digressione per spiegare il perché una canzone tanto strana possa venirmi in testa. Una canzone sull'amore che è una filastrocca suonata sulle prime cinque note, Doremifasol. Una canzoncina scema, da bambini, che fa sbellicare dalle risa tutti quelli a cui l'ho fatta ascoltare. Invece a me pare così terribilmente espressiva, col suo assunto incontrovertibile, la sua tautologia declinata in tante forme diverse ed essenziali, la semplicità logica coniugata ad una tale linearità melodica. Perché una cosa così drammatica, così potente, non si può comunicare con maggior efficacia di questa, sintetizzata all'estremo, sfrondata di ogni orpello, eretta nella sua immacolata verità.

Ci ho pensato tutto ieri a questa sciocca filastrocca. Ieri quando sono stata alla camera ardente e ho visto nella bara un cereo simulacro che sostituiva malamente un giovane e vitale essere umano che non è più in mezzo a noi. Ieri, quando in una lunghissima, estenuante cerimonia di commiato, centinaia di persone, ragazzi, insegnanti, genitori, si sono stretti intorno ad un impalpabile assurdo, alla messa in scena del proprio fallimento, perché quando un ragazzo di diciotto anni si leva dal mondo è un fallimento collettivo, all'esibizione oscena di una ferita aperta nel cielo, uno squarcio sanguinolento, da cui trapelava una tenebra tagliente che ha lacerato tutti i nostri cuori. E mentre noi madri ci piegavamo in due dagli spasmi di un novello parto, perché in quella bara c'era un pezzo di ciascun nostro figlio, e un pezzo di Gianmarco restava in ciascuno dei nostri ancora vivi che noi stavamo rimettendo al mondo in quell'istante, e abbracciavamo le une i figli delle altre dicendo a tutti, indistintamente, "figlio mio, figlio mio", e ci abbracciavamo le une le altre chiamandoci "sorella" e implorandoci aiuto reciproco, gridando piangenti "ho paura, ho paura", "dove ho sbagliato?", una delle insegnanti più giovani, madre anch'essa, compiva una riflessione che facevo mia, sulla difficoltà odierna di venire a patti con un'autenticità del proprio essere, resa ancora più ardua dalla prepotente invasione del mondo virtuale sul reale, in una preponderanza che ingoia i fragili, ipertrofizza gli ego narcisisti, sostituisce le relazioni con proiezioni di sé solitari, cala maschere e corazze sulle tenere carni dei nostri ragazzi, di tutti noi, e arriva a compromettere le nostre esistenze al punto di creare il rischio concreto, quando si sostituisce all'effettiva esperienza quotidiana con gli altri il rifugio in uno scenario mentale autocostruito e costantemente alimentato in cui tutto si confonde e in cui tutto è reversibile come in un videogioco, di poter puntarsi sorridendo una pistola in mezzo alla fronte con una sorta di cecità delle conseguenze. "I ragazzi" concludeva con un mezzo sorriso doloroso "mi hanno raccontato che in seguito a questa tragedia hanno cominciato ad abbracciarsi per la prima volta gli uni gli altri, e hanno scoperto quanto fa bene scambiarsi questi contatti fisici, e quanto ne avessero bisogno. E io ho chiesto loro: ma perché non l'avete mai fatto prima?"

Ecco, se un senso c'è stato ieri, è stato in questo, nella disperazione così assoluta di uomini e donne di ogni età che hanno piegato le ginocchia davanti all'ineffabile, chinando la testa e lasciando cadere le maschere, e poi si sono rialzati a stento, sorreggendosi gli uni gli altri, in abbracci di genuino amore. Perché quando si è nudi, quando si è all'osso, ci si incontra, e ci si ama.
Eros è l'unico antidoto a Tanatos. E quando il dolore si fa amore si fa canto. Un canto di bambini.




Il bruco non ce l'ha
la mela non ce l'ha
il ramo non ce l'ha
e l'albero non ce l'ha
la cassetta non ce l'ha
piena di mele non ce l'ha
ed anche il camion non ce l'ha
l'uso dell'amore
l'amo non ce l'ha
il sughero non ce l'ha
la lenza non ce l'ha
la canna non ce l'ha
il cestino non ce l'ha
pieno di pesci non ce l'ha
e anche il fiume non ce l'ha
l'uso dell'amore

Dicono che c'è
dicono com'è
senza dire mai
cosa ne puoi fare
dicono dov'è
dicono quand'è
ma è un mistero in sè
l'uso dell'amore
dicono di te dicono di me
e non sanno che
io lo imparerò da te
tu lo imparerai da me

la cruna non ce l'ha
e l'ago non ce l'ha
il filo non ce l'ha
il punto non ce l'ha
e l'abito non ce l'ha
pieno di tasche non ce l'ha
anche l'armadio non ce l'ha
l'uso dell'amore

Dicono che c'è
dicono com'è
senza dire mai
cosa ne puoi fare
dicono dov'è
dicono quand'è
ma è un mistero in sè
l'uso dell'amore
dicono di te dicono di me
ora che lo so da te
ora che lo sai da me

l'America ce l'ha
l'Africa ce l'ha
e l'Asia ce l'ha
l'Antartide ce l'ha
Atlantide ce l'ha
se pure non l'aveva già
tutto il mondo ha
l'uso dell'amore

venerdì 27 aprile 2012

Primavera

L'ho ascoltata tanto, nella mia vita precedente.
Oggi mi sento così, come se qualcuno la cantasse per me.
La primavera sta arrivando davvero.





E solcherò il tuo corpo
come se fosse terra
cancellerò quei segni
dell'ultima tua guerra
E brucerò col fuoco
quest'erba tua cattiva
e ti farò con l'acqua
più fertile e più viva

E pregherò che il sole
asciughi questo pianto
e pregherò che il tempo
guarisca le ferite
Poi costruirò una serra
intorno al tuo sorriso
farò della tua vita
un altro paradiso

Sarò il tuo contadino
e tu la terra mia
combatterò col vento
che non ti porti via
Poi spargerò il mio seme
nella tua verde valle
e aspetteremo insieme
che venga primavera

che venga primavera

giovedì 26 aprile 2012

Sen to Chihiro no kamikakushi

Tazza, dovessi passar di qui, e non l'avessi di già visto, ti consiglio anche questo Miyazaki.

(Io domani vado a godermi Il castello nel cielo rieditato al cinema, e chissenefrega se sarò, insieme al mio accompagnatore, l'unica con fattezze adulte in tutta la sala. Miyazaki coi suoi capolavori parla al bambino interiore, e le mie due, quella selvaggia e quella con gli occhioni, non vedono l'ora di ascoltarlo, soprattutto ora che ne sentono un gran bisogno, affamate, vitali, irrequiete e fresche di delusione come stanno; così ho promesso loro che le porterò, tenendone stretta una in un palmo una nell'altro, a destra dita sottili e indocili come artigli d'aquila, a sinistra una manina innocente e morbida e fiduciosa, e loro non stanno già nella pelle da adesso.)

Siamo o siamo state o saremo tutte Chihiro, per uno o più tempi della nostra vita.

mercoledì 25 aprile 2012

Il cavaliere oscuro

Chi lotta contro i mostri deve fare attenzione a non diventare lui stesso un mostro. E se tu riguarderai a lungo in un abisso, anche l'abisso vorrà guardare dentro di te.

lunedì 23 aprile 2012

PadreMadre

Com'è difficile per una madre, per un padre, comunicare con un figlio, con una figlia, che non sono più i fiduciosi, sereni, rassicuranti bambini che erano appena ieri.

Com'è difficile per un figlio, per una figlia, parlarsi con una madre, con un padre, che li guardano con occhi esausti, vitrei, spauriti, senza nemmeno più riuscire a sforzarsi di scorgere in loro un'ombra di quei loro bambini ora irriconoscibili.

Fiumi di parole che diventano discorsi che basta sempre un attimo perché si accendano e diventino diverbi. Insulti. Grida. Schermaglie. Battaglie. Che giorno dopo giorno tracciano solchi sanguinosi nei cuori degli appartenenti a tutte le fazioni. Tutti sono parte lesa, in queste guerre senza vincitori.

E talvolta finiscono con un bombardamento finale al napalm che stermina tutto, lasciando nell'aria un terrificante silenzio postatomico, una desolazione insostenibile e fatale.

Allora, al posto della parola, ecco il canto. A lenire la disperazione, lo smarrimento, l'incredulità di uno strappo talmente violento e irrimediabile, che echeggia anche tra noialtri, noi madri e padri, e i nostri figli ancora vivi a combattere con noi. A coprire il rumore osceno di un colpo che ha spezzato per sempre ogni possibilità di tornare indietro a spiegarsi, parlare, capirsi.

Dove non si riesce più a comunicare a parole, non ci si rassegni mai a tacere. Si canti, piuttosto.

Ciao, figlio.




Padre, occhi gialli e stanchi, nelle sopracciglia il suo dolore da raccontarmi
Madre, gonna lunga ai fianchi, nelle sue guance gli anni e i pranzi coi parenti
Non mi senti, o non mi ascolti, mentre piango ad occhi chiusi sotto al letto

Padre, e se mi manchi è perché ho dato più importanza ai miei lamenti
Madre, perché piangi? Ma non mi hai detto tu, che una lacrima è un segreto?
Ed io ci credo, ma non ti vedo mentre grido e canto le mie prime note

Ma se, una canzone che stia al posto mio non c'è
eccola qua: è come se foste con me

Padre, mille anni, e quante bombe sono esplose nei tuoi ricordi
Madre, tra i gioielli, sono ancora il più prezioso tra i diamanti?
Ma non mi ascolti, non mi senti, mentre parto sulla nave dei potenti

Ma se una canzone che stia al posto mio non c'è
eccola qua: è come se foste con me
Ma se una canzone che stia al posto mio non c'è
eccola qua: è come se foste con me

Padre, occhi gialli e stanchi, cerca ancora coi tuoi proverbi a illuminarmi
Madre, butta i panni, e prova ancora, se ne hai voglia a coccolarmi,
perché mi manchi, e se son stato così lontano è stato solo per salvarmi
Così lontano è stato solo per salvarmi
Così lontano è stato solo per salvarmi

Ma se una canzone che stia al posto mio non c'è
eccola qua: è come se foste con me
E' come se
foste con me
E' come se
foste con me

domenica 22 aprile 2012

La terra desolata

Domani torno al lavoro e non so come farò.

Mio figlio è fuori, è andato a stringersi ai suoi compagni di classe perché uno di loro si è ucciso con un colpo di pistola in testa, e non so quando tornerà.

La mia anima è un ammasso di rovine ancora fumanti.

Ed io sto qui, in mezzo ad un deserto di vuoto, impermeabile, indifferente silenzio.

venerdì 20 aprile 2012

Tutto può succedere

Chi non impara niente dalle proprie sofferenze, o non ha realmente sofferto, o è uno senza speranza. Poi si incontrano persone nelle quali le due condizioni possono sussistere contemporaneamente.

giovedì 19 aprile 2012

E' complicato

Quando ti arriva un SMS con su scritto "ti penso spesso", e il mittente è la tua ex terapeuta, ti sale proprio lo sconforto di poter mai venire a capo della matassa ingarbugliata della tua vita.

mercoledì 18 aprile 2012

Bittersweet Symphony

Dopo una mattinata fulgida, stasera il vento ha ripreso a soffiare, portando nubi di temporale su tutto il cielo di Roma. Esattamente come è successo quindici anni fa, il giorno dopo la notte della tua nascita.
Meno di ventiquattr'ore prima, intorno alle dieci e mezza di sera, avevo avuto il responso del medico di guardia: "uhm, sì, signora, credo che per le prime ore di domattina avrà partorito."
"Cheeeeee??? Tutto 'sto tempo ancora da pena'? Ma questo è matto" avevamo esclamato all'unisono io e te dentro la mia pancia. Stringendo un'alleanza strategica vincente. Per cui tu, non più di un'ora dopo, da vera Ariete, mi rompevi le acque con la testa. E a mezzanotte e quarantasette, a due ore e un quarto dal momento in cui eravamo entrate in ospedale, nascevi, catapultandoti fuori da me con una acrobatica capriola su un lettino della sala travaglio.
Da lì si è capito di che pasta eri fatta.
Sei la mia figlia giacobina. Quella che non sarà mai indulgente, né con me né con nessuno ma soprattutto con me, che mi starà sempre col fiato sul collo per valutare e giudicare ogni mio atto, che non si lascerà mai andare ad un momento di debolezza, tanto meno di tenerezza. Quella che mi ha fatto, mi fa e mi farà sempre vedere i sorci verdi.
E io sono fiera di te per questo. Tu sei il mio più grande successo.
Oltre ad essere molto altro.
Se penso a te, se ti associo ad una melodia, la prima che mi viene in mente è la canzone del tizio segaligno e fascinoso dei Verve. Quello che nel video prende con suprema noncuranza a spallate tutti quelli che incontra nel suo solitario cammino cantando quella nenia d'archi incalzante, sdegnosa, elegante, come tu sei.
Ti auguro di andare lontano in questa sinfonia dolceamara dove anche tu cammini da sola, a testa alta, da tanto, senza più l'ausilio della mia mano nella tua che hai lasciato anzitempo, al massimo incontrandomi talvolta in qualche crocevia, continuando a farti largo nel mondo con quel tuo stile unico fatto di forza e di grazia.
Perché mi piace tanto seguirti con lo sguardo. Fin dove riuscirò a vederti.


'Cause it's a bittersweet symphony, this life
Try to make ends meet
You're a slave to money then you die
I'll take you down the only road I've ever been down
You know the one that takes you to the places
where all the veins meet yeah,

No change, I can't change
I can't change, I can't change
But I'm here in my mold
I am here in my mold
But I'm a million different people
from one day to the next
I can't change my mold
No, no, no, no, no

Well I never pray
But tonight I'm on my knees yeah
I need to hear some sounds
that recognize the pain in me, yeah
I let the melody shine,
let it cleanse my mind,
I feel free now
But the airways are clean
and there's nobody singing to me now

No change, I can't change
I can't change, I can't change
But I'm here in my mold
I am here in my mold
And I'm a million different people
from one day to the next
I can't change my mold
No, no, no, no, no
I can't change
I can't change

'Cause it's a bittersweet symphony, this life
Try to make ends meet
Try to find some money then you die
I'll take you down the only road I've ever been down
You know the one that takes you to the places
where all the things meet yeah

You know I can't change, I can't change
I can't change, I can't change
But I'm here in my mold
I am here in my mold
And I'm a million different people
from one day to the next
I can't change my mold
No, no, no, no, no

I can't change my mold
no, no, no, no, no,
I can't change
Can't change my body,
no, no, no

I'll take you down the only road I've ever been down
I'll take you down the only road I've ever been down
Been down
Ever been down
Ever been down
Ever been down
Ever been down
Have you ever been down?
Have you've ever been down?

martedì 17 aprile 2012

Mia dolce rivoluzionaria

Da intimista e sofferente, questo blog diventa improvvisamente barricadero e solidale.


"Battetela ora, la sirena, se volete. Perché s'è vinto. Anche per te, Olindo Tinai"

domenica 15 aprile 2012

Memento

Per tutto: vicende private e pubbliche di questi giorni. Per le stragi di Stato e le stragi dell'anima.


"Noi semo gente semplice, de core..."
"Che hai detto?... Er core. Maledetto er core e chi ce l'ha"




"E quando lo buttamo giù er padrone se continuamo a' anna' in giro cor core in mano?"


giovedì 12 aprile 2012

Pensavo fosse amore invece era un calesse

Un, due, tre, stella. Capitolazione.

Ad un rovescio puoi far fronte. Veleggi tra disincanto e dispiacere, tra esausta malinconia e improvvisi picchi di indignazione per la beffa che ti sei giocata da sola, ondeggi, caracolli, come una zattera tra i flutti, ogni tanto sdruccioli, ma prima di finir di cadere stringi i denti, allarghi le gambe e ti industri a restare in piedi.

Puoi far fronte anche al secondo. Anzi, l'incalzare del continuo pavesarsi in rassegna degli spettri del primo nella testa dolorante ti tiene la mente occupata, impedendoti di cedere all'ansia, alla paura di cui è permeata l'atmosfera di sventura che aleggia intorno all'evento, alla sofferenza delle persone immerse nella disgrazia che ti stanno intorno, consentendoti di rimanere lucida, efficiente, operativa, e dunque più utile per loro, in quel marasma kafkiano di disumanità che è la vera tragedia nella tragedia.

Al terzo, hai finito le mani per pararti.

Accade così che, mentre fai con enorme travaglio, un passo avanti e due indietro, i conti con una disillusione e insieme con un dramma familiare in atto, ti arrivi la frecciata che non t'aspetti, quella che ti metterà kaputt. Quella per cui, a seguito di una coatta riorganizzazione del lavoro decisa dalle alte sfere, consistente nell'aleatoria chiusura di quattro uffici provinciali e nel contestuale rientro in servizio a Roma di sette persone, al tuo capo non pare vero di pigliare due piccioni con una fava - indennizzare qualcuno a cui fa gola il tuo posto del disagio dello spostamento di sede e al contempo far tacere le lamentele di un alacre panzer da cui tutti rifuggono come la peste per il suo modo bizantino di lavorare che sta sempre a martellargli le orecchie per ottenere un aiuto valido - e ti annunci perciò serafico che ti deve chiedere "una grossa cortesia".
Cortesia obbligata. Che devi fargli prima di subito.
E così da domani sei sbattuta fuori dal tuo ruolo, dalla tua scrivania, dalla tua stanza con Claudio, da tutto.
E quello che più di ogni altra cosa ti spezza dentro è constatare come sia successo perché, anche qui, hai abbassato la guardia. Perché non te l'aspettavi, non te lo saresti mai aspettato, e men che mai dall'oggi al domani, senza preavviso. Perché hai scommesso sulle relazioni tra le persone, e, come sempre, hai perso.
Sulla sintonia col capo, che hai conosciuto come semplice funzionario iperemotivo insofferente alle procedure più di vent'anni fa, del cui carattere - "brutto", come si dice di tutti quelli che hanno carattere (che sembrano avere carattere) - hai preso le misure, che facevi simile a te, dai tratti ossessivo compulsivi come i tuoi, e come te aperto di mente, capace di orizzonti meno angusti di quelli di un piccolo burocrate, come tanti ne hai visti, che abdicano alla loro intelligenza pur di non mettere a repentaglio la poltrona. Su quella con il panzer, tuo coetaneo, col quale hai condiviso tante cose dell'esistenza, piangendoci insieme, tenendogli la mano, raccontandogli le tue vicende private, ascoltando le sue, tra compleanni dei figli, funerali dei padri, compravendite e passaggi di proprietà di pandine, confidenze intime, abbracci e sguardi d'affetto tra esseri umani.

E ora questi due, su cui avresti puntato ad occhi chiusi, si sono accordati tra loro alle tue spalle, senza farsi sfuggire una parola preventiva, come se tu fossi un oggetto nelle loro mani, senza propria volontà, senza potere decisionale, senza sentimenti di cui aver cura. E quanto ti fa male constatare che la tua indole di ingenua entusiasta anche stavolta finisce umiliata e calpestata. Doverti rendere conto di come tutto il mondo, in questi giorni, paia accanitamente concentrato a distruggere la primigenia innocenza che tu, ostinata e ottusa, mantieni radicata nella tua anima.

"Fa', qui mi stai sconvolgendo all'improvviso una fetta di vita"
"Ma che vita, Cri. Questo è lavoro. Io sono un dirigente, debbo organizzare, ottimizzare il lavoro..."

Hai cominciato a vivere troppo tardi, Cri. Non sei attrezzata. E soprattutto non lo sei mentalmente. Non solo non sai, non vuoi, guardarti le spalle. Sei sempre troppo scoperta, disarmata, esposta. Non riesci a convincerti della necessità di abbandonare la tua fiducia nell'intrinseca bontà ed efficacia dell'amore in favore di un giusto ed opportuno cinismo.
Quell'amore che ogni volta ti illudi ti proteggerà da amari disincanti con la forza della simpatia che credi di sentir scorrere tra te e il tuo prossimo nel totem immacolato e assoluto che sono per te i rapporti interpersonali.
Quante prove ancora, e di quale entità, ti occorreranno per farti cambiare idea? Per costringerti finalmente a crescere?


Vino e pane

Non so cosa significhi amare la gente a metà, non è nella mia natura. I miei affetti sono sempre eccessivi.

mercoledì 11 aprile 2012

Gumption

Alla mia incomparabile, inestimabile, insuperabile, irresistibile, insostituibile socia. Orsù, uccidila, 'st'influenza, Syrys! E già che ti trovi a sterminare non ti reprimere e, se ti viene il ticchio, allargati e falla, 'sta strage di batteri, germi e parassiti vari d'ogni genere. <3


martedì 10 aprile 2012

Il dito e la luna

"Non donare tempo e fiumi di parole a chiunque non sia in grado, quando tu gli indichi la luna, di vedere altro che il dito"
(Claudio, oggi pomeriggio, sorridendomi carezzevole coi suoi occhi nuovi)



C'è un sipario che s'alza e un sipario che cala
si consuma la corda e la tela
se per noi vecchi attori e per voi vecchie attrici
i ricordi si fan cicatrici

non è il senno di poi che ci aiuta a correggere
con il tempo ogni errore che nel tempo si fa
mentre ancora chi guarda nel silenzio allibito
già sussurra "l'artista è impazzito"

"come i gatti di notte sotto stelle sbiadite
crede forse di aver sette vite,
quando invece col dito indicare la luna
vuole dir non averne nessuna"

C'è una sedia da sempre nella fila davanti
riservata per noi commedianti
perchè mai la fortuna ch'è distratta e furtiva
ha avvertito la sera che arriva

nella cinta se mai altri buchi da stringere
e allargare un sorriso se è così che si fa
con la luce che scende col sipario che cala
si consuma la corda e la tela

si divide d'un tratto da chi ha solo assistito
chi indicava la luna col dito
e ogni volta lo sciocco che di vite ne ha una
guarda il dito e non guarda la luna
guarda il dito e non guarda la luna


lunedì 9 aprile 2012

Starlight

"Il vero successo è saper vivere le sconfitte."



Cuori battono alla velocità della luce
Gli occhi sono aperti e ruotano
Mi sembra di affogare
E’ come se non mi importasse di morire questa notte
Siamo bellissimi
Così fragili
Perderemo tutto con la luce
Perché al momento giusto bruceremo tutti, nel sole, nel cielo
Come una stella cadente, ecco cosa siamo
Spingendo, spingendo, tirando, muovendoci
Siamo rimasti attaccati a un senso di libertà
Ho tagliato la corda e ora non durerà più molto tempo
Prima di trovare da dove venga tutto questo
Siamo bellissimi
Così fragili
Perderemo tutto con la luce
Perché al momento giusto bruceremo tutti, nel sole, nel cielo
Come una stella cadente, ecco cosa siamo
Siamo bellissimi
Così fragili
Perderemo tutto con la luce

Perché al momento giusto bruceremo tutti, nel sole, nel cielo
Come una stella cadente, ecco cosa siamo

venerdì 6 aprile 2012

The windmills of your mind

Sto piangendo. Senza amor proprio, senza vergogna. Ma tanto è venerdì santo, giorno adatto.
Piango sempre quando ascolto questa canzone.
Spesso me la metto apposta.

Ci vuol poco a farmi piangere, comunque.

Piango come estremo atto di comprensione. Quando non riesco ad esprimere quello che sento dentro. Quando non riesco a capire quello che gli altri hanno dentro. E mi pare che le lacrime purifichino, diano un'estrema trasparenza a tutto.
Piango di smarrimento, di speranza, di dolore. E piango anche di gioia. Soprattutto quando entro qua dentro e leggo i vostri commenti. Grazie.
Auguro a tutti la resurrezione. Anche a me.



Round, like a circle in a spiral
Like a wheel within a wheel,
Never ending on beginning,
On an ever-spinning reel
Like a snowball down a mountain,
Or a carnival balloon
Like a carousel that's turning
Running rings around the moon
Like a clock whose hands are sweeping
Past the minutes on its face
And the world is like an apple
Spinning silently in space
Like the circles that you find
In the windmills of your mind!
Like a tunnel that you follow
To a tunnel of its own
Down a hollow to a cavern
Where the sun has never shone
Like a door that keeps revolving
In a half-forgotten dream
Like the ripples from a pebble
Someone tosses in a stream.
Like a clock whose hands are sweeping
Past the minutes on its face
And the world is like an apple
Spinning silently in space
Like the circles that you find
In the windmills of your mind!
Keys that jingle in your pocket
Words that jangle in your head
Why did summer go so quickly?
Was it something that I said?
Lovers walk along a shore
And leave their footprints in the sand
Was the sound of distant drumming
Just the fingers of your hand?
Pictures hanging in a hallway
or the fragment of a song,
half-remembered names and faces
but to whom do they belong?
When you knew that it was over
Were you suddenly aware
That the autumn leaves were turning
To the color of her hair?
Like a circle in a spiral
Like a wheel within a wheel
Never ending or beginning
On an ever-spinning reel
As the images unwind
Like the circles that you find
In the windmills of your mind

(libera traduzione, che ho scovato su un blog, per Aldo:

Come cerchio in una spirale
Una ruota nella ruota
Senza inizio né fine,
Su una ruota in eterno movimento
Come una palla di neve giù da una montagna
Un palloncino di carnevale
Come un nastro che gira
Disegnando cerchi attorno alla luna

Come lancette
Che spazzano via i minuti dall’orologio
E il mondo è una mela
Che gira silenziosa e lenta
Nello spazio
Come cerchi che ritrovi
Tra i mulini della mente

Come un tunnel che percorri
Per arrivare in un tunnel,
Giù dal vuoto in una caverna
Dove il sole non è mai apparso
Come una porta che gira in eterno
In un sogno per metà dimenticato
Increspature d’acqua di una pietra
Gettata in un fiume.

Come lancette
Che spazzano via i minuti dall’orologio
E il mondo è una mela
Che gira silenziosa e lenta
Nello spazio
Come cerchi che trovi
Tra i mulini della mente

Rumore di chiavi nella tasca
Parole che risuonano nella mente,
Perché l’estate è stata così breve,
È per qualcosa che hai detto,
Amanti camminano lungo la riva,
Lasciando impronte nella sabbia
È stato il suono di una musica lontana
O Solo le dita della tua mano.

Fotografie appese nella stanza
E un frammento di questa musica
Nomi e volti ricordati a metà
Ma che appartengono a qualcuno
Quando sapevi che era finita
Quando hai improvvisamente capito
Che le foglie d’autunno erano divenute
Del colore dei suoi capelli

Come un cerchio nella spirale
Una ruota nella ruota
Senza inizio e fine,
Su una ruota in eterno movimento
Immagini che passano
Come il cerchio che ritrovi
Tra i mulini della mente

Fotografie appese nella stanza
E un frammento di questa musica
Nomi e volti ricordati a metà
Ma che appartengono a qualcuno
Quando sapevi che era finita
Quando hai improvvisamente capito
Che le foglie d’autunno sarebbero divenute
Del colore dei suoi capelli

Come un cerchio nella spirale
Una ruota nella ruota
Senza inizio e fine,
Su una ruota in eterno movimento
Come immagini che passano
Come cerchi che ritrovi
Tra i mulini della mente.)

Take the long way home

L'ho ascoltata per la prima volta a sedici anni, dunque non molto tempo fa. Da allora questa canzone - bellissima - incombe nella mia vita.
Quante volte ho fatto il giro lungo per allontanare il momento di tornare a casa.
Anche stasera.


So you think you're a Romeo
playing a part in a picture-show
Take the long way home
Take the long way home
Cos you're the joke of the neighborhood
Why should you care if you're feeling good
Take the long way home
Take the long way home
But there are times that you feel you're part of the scenery
all the greenery is comin' down, boy
And then your wife seems to think you're part of the
furniture oh, it's peculiar, she used to be so nice.
When lonely days turn to lonely nights
you take a trip to the city lights
And take the long way home
Take the long way home
You never see what you want to see
Forever playing to the gallery
You take the long way home
Take the long way home
And when you're up on the stage, it's so unbelievable,
unforgettable, how they adore you,
But then your wife seems to think you're losing your sanity,
oh, calamity, is there no way out?
Does it feel that you life's become a catastrophe?
Oh, it has to be for you to grow, boy.
When you look through the years and see what you could
have been oh, what might have been,
if you'd had more time.
So, when the day comes to settle down,
Who's to blame if you're not around?
You took the long way home
You took the long way home...........

mercoledì 4 aprile 2012

La chanson des vieux amants

Sabato, domenica, lunedì e martedì: per quattro giorni di fila ho, per un breve o ampio lasso di tempo, sospeso la mia quotidianità varcando i cancelli d'entrata di Villa Borghese, l'antico cuore verde di Roma, dall'ingresso di Valle Giulia.
Sabato e domenica ne ho fatto esperienza in compagnia di due diverse persone con le quali, per differenti motivi, ho, al presente, un rapporto significativo - il primo dei due, soprattutto, nato per caso e approfonditosi in maniera per certi versi poco comprensibile, gravato da una sorta di irrazionalità di fondo e per questo vissuto sempre con il grato e trepido stupore di aver trovato qualcosa di rara ma fragile, eterea e impalpabile bellezza che maneggio incredula, goffamente delicata, tra sconquassi di gioia e sofferenza per il costante timore del fatale momento in cui mi si frantumerà tra le dita, o svanirà all'improvviso in un battito di ciglia.
Ieri e l'altro ieri invece l'ho vissuta da sola.
Ieri di fretta, in una fugace sortita non prevista e non andata a buon fine, compiuta con addosso il familiare malessere di sentirmi mancare la terra sotto i piedi, l'usuale orgasmo che mi affanna il respiro quando tento di stringere l'illusione di star spostando l'asticella del baratro un po' più in là, di aver procrastinato ancora di un poco il redde rationem. Provando una fottuta nostalgia dell'effimera felicità agguantata nemmeno ventiquattro ore prima, sperando con tutta l'anima di ritrovare l'amore scoperto, e a quanto pare già perduto, solo il giorno precedente. Lunedì.

Perché lunedì mi capita qualcosa di eccezionale. Decido di seguire un impulso, un'intuizione non ben definita ma promettente. Mi viene improvvisamente voglia di chiudere un cerchio, e per farlo torno a Villa Borghese con la calma e il gusto di chi compie l'ultima tappa di un viaggio e assapora l'arrivo ad una meta insperatamente felice: una splendida e incognita solitudine. Non c'è due senza tre. Un, due, tre, stella, gridano i bambini giocando ad avvicinarsi alla tana. Tre, numero perfetto. Sabato, domenica e lunedì. Occhi castani, occhi verdi, occhi miei. Giovane uomo, donna matura, me, creatura sintesi delle altre due. Perfetta. Completa in me stessa.
Io emozionata, io vibrante, come al solito. Ma senza legami, che possano spezzarsi ferendomi. Viva, ricettiva, ma con un'aura protettiva, un guscio di energia buona che impedisca il mio solito disperdermi.
Io densa, io tridimensionale. Me ne accorgo forse per la prima volta. Non confusa, diffusa, ma solida e sicura. Non smarrita, proiettata nel passato o in un futuro incerto, ma presente, gravida del mio essere qui e ora.
Alzo il viso oltre le cime degli alberi più alti a bere cielo, incorporarlo in me con lo sguardo. Lascio impronte sulla terra, solchi nei mucchi di ghiaia. Stringo la mano e sento sul palmo la consistenza di velluto dei miei polpastrelli. Ci sono, e non ho bisogno di specchiarmi in nessuno per averne conferma. Non ho bisogno di niente e di nessuno. La polarità si è invertita, sono io il magnete, e invece di essere attratta attraggo io tutto a me, i rami frondosi, le infiorescenze, gli uccelli, le persone che mi passano accanto. Lo splendore che mi circonda si riflette su di me e ne viene arricchito.
Sono libera, e sola, e piena, e autonoma, bastante a me stessa. Amo. Mi amo.
Il sentimento prorompe dentro di me, mi travolge. "Ti amo, Cri!" la mia voce mi squilla nell'anima, più e più volte, in molti e molti toni ed accenti, inebriandomi fino alle lacrime.
Ho finalmente trovato l'amore della mia vita.

Mon amour, mon doux, mon tendre, mon merveilleux amour, de l'aube claire jusqu'à la fin du jour je t'aime encore, tu sais, je t'ame.





Certo ci fu qualche tempesta
anni d'amore alla follia.
Mille volte tu dicesti basta
mille volte io me ne andai via.
Ed ogni mobile ricorda
in questa stanza senza culla
i lampi dei vecchi contrasti
non c'era più una cosa giusta
avevi perso il tuo calore
ed io la febbre di conquista.
Mio amore mio dolce meraviglioso amore
dall'alba chiara finché il giorno muore
ti amo ancora sai ti amo.
So tutto delle tue magie
e tu della mia intimità
sapevo delle tue bugie
tu delle mie tristi viltà.
So che hai avuto degli amanti
bisogna pur passare il tempo
bisogna pur che il corpo esulti
ma c'é voluto del talento
per riuscire ad invecchiare senza diventare adulti.
Mio amore mio dolce mio meraviglioso amore
dall'alba chiara finché il giorno muore
ti amo ancora sai ti amo.
Il tempo passa e ci scoraggia
tormenti sulla nostra via
ma dimmi c'é peggior insidia
che amarsi con monotonia.
Adesso piangi molto dopo
io mi dispero con ritardo
non abbiamo più misteri
si lascia meno fare al caso
scendiamo a patti con la terra
però é la stessa dolce guerra.
Mon amour
mon doux, mon tendre, mon merveilleux amour
de l'aube claire jusqu'à la fin du jour
je t'aime encore, tu sais, je t'ame.


lunedì 2 aprile 2012

Non è la cocaina

Il Monticiano, dall'alto della sua saggezza e sagacia, ha fatto una gran bella pensata.
Copio qui il suo post di oggi, confermando che non solo sarò della partita, ma che collaborerò con l'organizzazione!

TUTTE LE STRADE PORTANO A ROMA

Per chi viene a Roma per la prima volta, per chi ci ritorna, spero volentieri, ed anche per chi abita o risiede nelle vicinanze.

A qualcuno di noi amici bloggers è venuta la folle idea di organizzare, in questa bella e incantevole città, un incontro tra gli amici bloggers, conosciuti o che si desidera conoscere anche "dal vivo" per uno scambio di impressioni e opinioni sui motivi per i quali si è diventati blogger. Oppure soltanto per vedere l'effetto che fa incontrare un/una blogger dopo aver letto per giorni, mesi ed anche anni i suoi post, e scritto o letto commenti o controcommenti.

Confessiamo candidamente che abbiamo seguito e cercato di imitare quanto fatto brillantemente in precedenza dalle bloggers Ambra del blog "TRA SOGNI E REALTA'", di Sandra del blog "LASANDRAMACCA" ed anche di altre bloggers. Più precisamente la prima festa è stata da loro organizzata a Bologna il 22 maggio 2011 e la seconda a Milano l'8 ottobre dello stesso 2011.

Anche la sera del 29 dicembre 2010 venne organizzato qui a Roma una sorta di "meeting" tra nove bloggers di Bologna, Genova, Roma e dintorni, finito non a tarallucci e vino ma a pizza e birra. Per tre ore, allegre battute, risate e amenità varie.

Per chi gradisce "l'avvenimento" e desidera partecipare abbiamo pensato ad una data: il 5 maggio, facilmente da ricordare grazie ad Alessandro Manzoni. È un sabato e quindi riteniamo che la giornata sia idonea per un incontro del genere. Se poi è tempo bello meglio ancora.

Ognuno è libero di dedicare quel sabato e la domenica successiva a tutto ciò che più gli aggrada.

Abbiamo pensato però che le ore dodici del 5 maggio sia l'ora giusta per incontrarci al centro del parco di Piazza Vittorio Emanuele II per scambiarci i saluti e per tutto quello che ne consegue mentre per le ore tredici, sempre di sabato 5 siamo attesi per pranzare al RISTORANTE LE CAVEAU – VIA CONTE VERDE 6 – ROMA vicinissimo al parco www.ristorantelecaveau.com/.

Ampia e assoluta libertà per il resto della permanenza a Roma.

Insomma ognuno pò fa' quello che je pare e piace. Gia l'avemo detto prima ma è mejo ripetello.

La partecipazione è aperta a single, coppie, terzetti, quartetti ecc.

E andiamo alle cose concrete:

1) il menù:

antipasto rustico

due mezzi primi romaneschi

abbacchio a scottadito o (per eventuali vegetariani) fritto all'italiana

insalata e patate

vino della casa e acqua

caffé

ammazzacaffé

tiramisu della casa.

2)il costo del pranzo: Euro 25 (venticinque) a "capoccia"

3)la scadenza del termine entro il quale inviare le adesioni dei partecipanti è il 30 aprile 2012

Ci sembra opportuno indicare, per chi desidera ulteriori particolari,due indirizzi email e due URL: "aldo.accardo@tiscali.it"– "crisolocri@gmail.com"

www.viadellapolveriera.blogspot.com – www.solocri.blogspot.com

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("diamo a Cesare quello che è di Cesare": il titolo di questo post è stato gentilmente offerto dalla ditta AMBRA & SANDRA)


Pubblicato da il monticiano a 07:28