sabato 27 agosto 2011

Fredbaby

Proprio ad agosto, il mese che nell'anno sopporto di meno (se la batte con novembre, ma è una bella lotta), son nate alcune delle persone più significative della mia vita. Di sesso maschile: mio padre, mio figlio e te.
Domani è il tuo compleanno.
Ci dividono dieci anni di età quasi esatti, ci uniscono lo stesso segno zodiacale e alcune tendenze comportamentali, oltre ad un tipo di sensibilità e ad un modo di concepire la vita che depongono a favore di una nostra indiscutibile affinità.
Pensando retrospettivamente a quando ci siamo conosciuti mi viene da dire che ci siamo capiti subito, a naso, tu, uomo d'affari già affermato ed esperto e io, ragazzina alla prima esperienza lavorativa che non era mai uscita di casa prima d'allora: la nostra è stata una simpatia immediata, rafforzatasi giorno dopo giorno con la consuetudine l'uno dell'altra.
E' superfluo enumerare anche una minima parte di tutte le piccole esperienze quotidiane che abbiamo condiviso e che costituiscono i fili di un rapporto che, per quanto tenue e sottile, e rimasto sottotraccia per anni, non si è mai interrotto.
Io ero smarrita e selvaggia, ma tu hai posato su di me uno sguardo benevolo che mi ha riscaldata. Poi mi hai guidato, educato, sgridandomi quando dovevo esser sgridata, elogiandomi quando dovevo esser elogiata, come un padre degno di questo nome, come i miei non avevano mai fatto, e dire che non eri tanto più adulto di me. Io ti adoravo, questo tu lo sai, ma tu provavi una grande tenerezza per me, e questo lo so io.

Dai tempi in cui abbiamo smesso di esserci familiari, non c'è mai stata una volta in cui io sia passata nei posti da te frequentati senza cercarti con lo sguardo.
E son state molte quelle in cui, girando per Roma, ho sperato nell'assurdità di vederti in sella al tuo scooter. Sul quale probabilmente non ti sposterai più da anni.

Poi, quando qualche mese fa ci siamo rivisti, l'affetto sopito tra noi è sgorgato alla superficie come un fiume carsico. Tu hai fiutato, ancora una volta, che avevo bisogno del tuo sostegno, del tuo mezzo sorriso amorevole, delle tue parole pacate, pronunciate nel solito tono scanzonato, appena mitigato dal peso della saggezza della maturità che ti ho visto sul viso e nei gesti con più evidenza per non averla colta impercettibilmente nel suo divenire, abituandomici, giorno dopo giorno - e che pure non ti ha affatto cambiato, perché la tua essenza è sempre la stessa, e si effonde all'esterno, nel tuo aspetto, in un modo che mi fa dire che sei sempre tu, sei sempre l'uomo bello, bellissimo per me, che tu sei sempre stato, e che sempre io ti riconoscerei tra mille ad occhi chiusi.
Tu hai sentito il mio smarrimento nuovo, diverso da quello della mia giovinezza, più profondo, più straziante, e me lo hai curato riversando su di me in una mezza giornata un concentrato di bontà e affetto e attenzione quali io non mi sarei mai aspettata, pur conoscendoti.
E mi  hai donato quello di cui più avevo bisogno: la sicurezza nella percezione dei tuoi sentimenti per me. La certezza che un affetto reciproco può durare anche dopo decenni in cui ci si è persi di vista. Che se ci rivedessimo tra altri vent'anni ci riconosceremmo lo stesso, e scopriremmo di provare ancora gli stessi sentimenti l'una per l'altro.

Buon compleanno, allora. Ti auguro ogni bene. E te ne voglio tanto.

E tutto questo non lo scriverò nel biglietto d'auguri che ti manderò. Non serve.


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