mercoledì 14 marzo 2012

Per dono.



Non ho pena per chi aspetta sicuro di essere compreso, accettato per stanchezza e compassione come se fosse nato così, vittima dell’amore forsennato per la propria immagine riflessa.
Per chi ha sempre l’asso di un’ottima scusa da giocare con se stesso e ciò che fa è ogni volta dovuto al caso.
Di chi crede nella clemenza della corte o nella possibilità che chi ha ferito non lo voglia più vedere e così lontano dagli occhi, dal cuore e dai pensieri può dedicarsi ad altro.
Di quelli che coltivano di notte il vizio segreto dell’autocommiserazione, quella più bassa, insonne, che gode della propria coscienza pesante, nobilitati da questa perché dentro di sé non hanno nient’altro di umano da offrire.
Di chi considera il perdono come una cartolina sbiadita che prima o poi arriva sempre a destinazione a confortarti che no, in fondo non sei cattivo, sei fatto così.

Anche quando mi sarò dimenticata di te ricorderò che vorrei non averti mai conosciuto.

12 commenti:

  1. Sapere come si è fatti significa assumersene la responsabilità, non farsene giustificazione.

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  2. Sì, la codardia non può essere perdonata. Perché sminuisce l'umanità. Ed è dono inutile e sprecato aver pena di chi è meno che umano.

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  3. "Alla fine è stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati" De Andrè non la pensava come te. E io concordo con lui. Bisogna conoscere tutto e poi magari farne a meno.

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  4. Avrà sicuramente ragione De André ma non è quello che sento adesso.

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  5. Pensa che l'ultima frase di questo tuo post l'ho usata proprio oggi, in un contesto molto doloroso.
    "vorrei che le nostre strade non si fossero mai incontrate", ho scritto.
    Ed è vero. Ed è così doloroso avere questi rimpianti che non riesci neanche a scriverci un post. Non so come ci riesci.
    Sartriana fino all'osso, mi prendo la mia responsabilità. Ho fatto incrociare le strade e adesso pagherò tutta la vita.
    Ti capisco Cri. Oh come ti capisco, non c'è bisogno di ulteriore spiegazione.

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  6. Martina, ti abbraccio con tutte le mie forze residue.
    Questo post non è mio, è di Angie, la mia amica Syrys, a cui vanno donate queste tue dolorose, preziose parole.
    Lei è molto più in gamba di me. Infatti hai ragione, non so come riesce, ma riesce. Io invece no, non riuscirei. Difatti resto invischiata, non ho la sua dignità né il suo coraggio.
    Questo non vuol dire che non stia soffrendo. Da un sacco di tempo, ormai. Nei modi più svariati e raffinati.
    Ma devo prendermi anch'io le mie responsabilità. Perché anche io mi sono fatta trovare ad un incrocio, e incautamente a piedi, per giunta, senza mezzi adeguati. Sperando in un passaggio, ma non è passato nessuno. E ora sono fuori, per strada, al freddo.
    E davvero, non c'è bisogno di ulteriore spiegazione.

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  7. oh,Crì che tenerezza e commozione questa immagine di te a piedi all'incrocio,mi richiama quella poesia di E.Dickinson;per fortuna ti ho conosciuta anche luminosa e riscaldata da una luce tutta tua, sei una stella ,Crì , non un satellite...forse ancora non lo sai.ti abbraccio e me ne prendo uno tuo
    Sil

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  8. Tu mi fai sempre piangere, Silviè. Grazie. Ti voglio bene.

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  9. Tranquilla Angie, prima o poi questi personaggi incorrono sempre nella vecchia classica, benché prosastica, fracchiata di legnate. Anche quella Per dono, naturalmente. :)

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  10. mi sa che però stasera scrivo... un fortissimo abbraccio anche a te ed alla tua amica...

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    1. Ti stringo forte anch'io, Martina. E lo faccio per procura anche per Syrys :)

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