domenica 12 agosto 2012

Un'altra donna

Quando ho elencato le dieci cose per cui vale la pena vivere ho commesso un'imperdonabile omissione.
Era talmente tanto tempo che non ci andavo da averlo dimenticato, che al primo posto tra le cose per cui vale la pena vivere, per me, c'è l'Umbria.
Ci sono stata per brevi periodi nel corso di varie estati quando ero bambina. Ci ritrovavo la mia maestra, le mie compagne, perlomeno tutte quelle che erano a convitto in collegio e non tornavano a casa nemmeno l'estate, quando allora venivano portate in "colonia". Lì le terribili monache dove andavo a scuola mi offrivano l'unico motivo che controbilanciasse il loro aggravarmi un'innocente esistenza infantile. La loro fondatrice, una donna rozza, ignorante, volitiva fino alla cieca ostinazione e assertiva fino al dispotismo, con pretese taumaturgiche alla padre Pio (sudori di sangue, bilocazioni, preveggenza, moltiplicazioni di cibo e mani fasciate per le stimmate e per presunte bastonate del diavolo con il quale diceva di lottare di notte) aveva ricevuto, forse come ex voto, una donazione alquanto particolare: un'intera collina distante pochi chilometri da Todi. Collevalenza, si chiama.
Lì ella fece costruire, tra il 1950 e il 1970, per buona parte sfruttando la diretta manodopera sua e delle sue consorelle, da cui era letteralmente venerata, una chiesa, poi un impressionante santuario di ferro, vetro e pietra con cripta sottostante, un pozzo per la captazione delle acque profondo cento metri e piscine in stile Lourdes, un paio di alberghi chiamati "case del pellegrino", nonché case per le sue suore e per i suoi preti, e corridoi lunghi e tortuosi come gallerie di formiche per collegare il tutto. Una piccola cittadina interamente votata al turismo religioso, organizzata e funzionale, completa di luoghi di svago adatti alla bisogna: presepi poliscenici con pupazzetti semoventi che erano il diletto dei ragazzini più piccoli, supermarket di gadget, libri, pubblicazioni e opere di varia religiosità, quattordici blocchi marmorei a segnare le altrettante stazioni della Via Crucis disseminati per il suggestivo sentiero dai piedi della collina fino in cima, lungo il quale io, insolitamente disciolta dalle catene del ferreo controllo nonnesco e materno - era questo il vero miracolo -, mi scapicollavo intere giornate con masnade di ragazzini sfuggiti al seguito di altre pie famiglie pellegrine - attirate probabilmente dalla possibilità di fare una bella vacanza a poco prezzo grazie alla combinazione economicità delle tariffe dello spartano soggiorno offerto/salubrità dei luoghi piuttosto che dalla devozione (rapporto costi/benefici in virtù del quale assoggettarsi ad una messa domenicale e a qualche processione occasionale, a mangiare in un refettorio dividendo le vivande, fornite ai tavoli da sei in unici piatti di portata smistati con carrelli ospedalieri, con perfetti sconosciuti, ad assumere un comportamento irreprensibile includente l'ovvio divieto di proferire bestemmie e parolacce udibili, norma questa che costava parecchio ai capifamiglia provenienti da Roma in giù soprattutto quando giocavano a carte, al dover sopportare un paio di volte al giorno qualche monacale predicozzo e all'obbligo di non indossare indumenti scollacciati non solo dentro alla chiesa ma in tutti gli altri edifici, albergo compreso, non doveva parere un sacrificio eccessivo) -, utilizzandolo con scopi ben diversi da quelli di riflessione e meditazione per cui era stato concepito; sorte che veniva riservata da me e dai miei compagni di scorribande anche all'immenso piazzale antistante l'imponente santuario, destinato al raccoglimento di penitenti folle oceaniche e invece da noi utilizzato per giocare a pallone, o a rincorrerci accovacciati gridando come selvaggi nell'enorme budello di cemento aperto a mezzaluna, una sorta di gigantesco anello che delimitava l'area e nei dopopranzo e dopocena svolgeva per convenzione la funzione di panchina di fortuna per gruppi di vecchie beghine brevemente sostanti durante l'usuale passeggiatina digestiva, sempre parecchio infastidite dal nostro arrivar loro alle spalle a frotte urlanti in quelle scomposte gare di acchiapparella, quando non di urtarle mettendole a rischio di finire ginocchioni sul sagrato scabro.
Intorno, il nulla: o, per meglio dire, intorno il bosco - quello che di notte, guardandolo dalle vetrate a pian terreno - uniche intercapedini di sicurezza tra noi e l'esterno, giacché evidentemente le suore ritenevano di esser tanto conosciute e benvolute dal circondario da non temere incursioni di ladri - degli edifici più isolati, influenzati com'eravamo da quell'atmosfera misteriosa, sibillina, che circondava la fondatrice, diveniva un buio tenebroso e popolato di presenze che accendeva le nostre già fervide immaginazioni, dove si mischiavano ambivalenti paure e attrazioni, deliziosi ed inquietanti incubi di spiriti e demoni come di assassini e di lupi e pipistrelli (questi ultimi ce li sentivamo spesso fischiare intorno nell'oscurità, e una notte uno di loro seminò il terrore entrando in camera di mia madre e mia sorella); e intorno, soprattutto, le distese d'oro, e le verdi vallate, e le dolci colline, ampie e morbide come seni di donna; un panorama che mi cingeva come un manto fatato e benevolo, e che, se di giorno mi mozzava il fiato, sul far del tramonto mi scioglieva il cuore, e allora pensavo commossa che nessuna meraviglia naturale, nessun ghiacciaio, nessuna montagna, nessun oceano, poteva essere in grado di suscitare emozione come quello di cui mi stavo imbevendo gli occhi senza potermene saziare.

Ci sono tornata, nel corso degli anni, in Umbria, ad intermittenza. Da ragazza, e poi da sposata, e da giovane madre, e con i figli già cresciuti.
Ad un certo punto ho chiuso con le monache. Ma non ho mai chiuso con lei.

Ho passato gli ultimi tre giorni in Umbria. E ho constatato che, pur essendo consapevole, oggi, di altri panorami belli quanto e forse più dei suoi - quelli della Val D'Orcia, della Val di Chiana, del Casentino, ad esempio - questi sono inarrivabili nella mia anima.
Sono parte di me.
L'Umbria mi ha accolto, una volta di più, esattamente come ha sempre fatto. Con le sue vastità serene, taumaturgiche, quiete.
Sorridendomi, a braccia aperte. Come una madre.
Sul cui seno ho riposato serena come una bambina sicura e felice.
Ho dormito a Todi, sul cocuzzolo, nell'albergo accanto alla piazza principale, quella con i due fiabeschi palazzi bianchi che ne fanno un capolavoro unico al mondo.
Ho girato per luoghi conosciuti ed amati, subito di nuovo familiari.
Sabato sera sono stata a Montecastello di Vibio, dove la piccola comunità ha organizzato una processione in abiti medioevali e poi uno spettacolo di falconeria.
E quando il giovane falconiere ha lanciato il suo falco, questo ha spiegato le ali e si è impossessato dell'immensa concavità azzurra sovrastante la valle del Tevere.
Tra gli spettatori a naso in su un ragazzino ha spontaneamente, gioiosamente esclamato: "vai, vai, falco, vola libero nel cielo!"
Il falco ha puntato dritto verso il tramonto rosa all'orizzonte.
E io mi sentivo di essere lui, che volava libero, con tutto il cielo per sé, fino ai confini del mondo.
E ora sono un'altra donna.
Rigenerata.
Non so per quanto durerà.

Ma intanto è successo.

8 commenti:

  1. Pwr scivere un post di tal fatta ci vuole la nitida memoria di ciò che è stato il passato e tu hai dimostrato di averla; ci vuiole anche del coraggio ed anche quello non ti è venuto meno; ci vogliono sentimenti veri per amare una terra come l'Umbria che li merita e ci vuole infine la perfetta conoscenza di se stessi per ammettere di "essere un'altra donna. Rignerata". Adesso ci vuole ancora un'enorme forza di volontà per fare durare il proposito il più a lungo possibile.

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  2. Ma questo post è come assistere ad un film di quelli che non si dimenticheranno mai

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  3. Mi è capitato di ritornare sui luoghi amati dell'infanzia, ma mi è mancato il gusto delle scoperte che vi facevo allora.

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  4. ma dove è quel posto i umbria???? io da dopo ferragosto mi ritiro a Baschi dove da anni e anni abbiamo una casa...lì si che sto bene e non vorrei più tornare

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  5. Ma è vicino, Pat! Baschi, se non erro, è sull'orvietana, la strada che collega Todi appunto ad Orvieto... Oddio non dovevi dirmelooooo che hai una casa lì, ora sono invidiosissima :D :D :D
    (Che meraviglia!!! <3)

    Bomba carissima: probabilmente la meraviglia che si conosce nell'infanzia si rarefà quando si diventa adulti... Poi, per fortuna, si diventa vecchi e un po' rincitrulliti come me e si torna indietro :)

    Cara Simo, grazie! Film non so, ma davvero, ripensandoci, mi è venuto in mente il telefilm che ho amato di più nella mia infanzia, e ho capito anche le motivazioni: si tratta de Il tesoro del castello senza nome, da cui è tratta l'immagine che campeggia in cima al mio template :D

    Aldo, la memoria è nitida perché è quella del cuore... E non so se ci vuole coraggio; molti mi dicono di sentire in me una forza, io non so se me la riconosco: ma so che quando si arriva a percepire il benessere sì, si vuole rimanere in quello stato d'animo il più a lungo possibile :)

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  6. :-) ogni volta che ti immergi nella melma, ne vieni fuori pulita e scintillante di luce.

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  7. Che bel posto pieno di sentimento. C'è un detto francese che dice che non importa dove nasci
    ma dove mette le radici il tuo cuore lì è la tua terra.
    Mi è piaciuto il pezzo in cui dici che l'Umbria c'è e c'è stata nelle varie fasi della tua vita, ti ha accompagnato
    nel tuo percorso di donna.
    Davvero rigenerante.
    E se mi è permesso, da piccolo (sono nato nelle Marche) venivo spesso a Norcia. E non dimentico la semplicità
    di un piatto di pasta e fagioli.
    Mi sono permesso di essere tra i tuoi sostenitori.

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  8. Verissimo, cara Minerva: a parte l'inconveniente di ritrovarsi ogni tanto ancora attaccato qualche schizzo residuo da lavare subito via :D

    Pierrot: io sono, tra l'altro, per un quarto e mezzo marchigiana, del Piceno. Mio nonno paterno e il padre di mia nonna materna erano di Montalto Marche, mio padre ci vive tuttora. E nemmeno le Marche - tutte, e in particolare il maceratese, dove ogni volta che ci passo mi faccio sempre più persuasa del perché abbia dato i natali a Leopardi - mi dispiacciono. Affatto.
    Benvenuto :)

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