sabato 22 settembre 2012

Pink Flamingos/1


Oggi, siccome ho il vizio di coltivare i miei pensieri ossessivi e amo rigirarmi nella mia melma interiore, ed è sabato, giorno in cui molta gente normale fa le pulizie, mi è venuto in mente di rivoltarmi un po' nella mia spazzatura.

Dunque questo che segue è un post trash, dove mi accingo a fare outing sulle mie debolezze più recondite e vergognose.

Chi di noi non ha mai subito una fascinazione oscura e invincibile per cose che sente come repulsive? Se ce n'è uno, alzi la mano. 

Tutti fermi, eh? 

E ora la alzi chi a quella fascinazione cede spesso e volentieri. ZAC! Che foresta! Sembra di stare al  live Wembley Stadium '86 durante la performance di Radio GaGa di Freddie. (Che meraviglia! Pensarci mi emoziona ed esalta ancor oggi come allora... Che spettacolo. Prima o poi me lo regalerò in un post.)

Io faccio senz'altro parte della schiera che la alza. Anzi, le alza tutte e due. Anzi, si mette a saltellare a ripetizione sulle gambe come una molla e non smette più. Solo perché sprovvista di ali per sollevarsi in volo e restare per aria a librarsi su tutti gli altri.

Sono la regina dell'attrazione per la repulsione. Nella quale indulgo continuamente, con enorme e consolante sollievo.

Sono una crepuscolare. Una replicante del Gozzano che forse, potrebbe, amare d'amore solo l'amica Carlotta di nonna Speranza, ossia, un'immagine muffa e stantia di una ragazza che non esiste più, su una fotografia di un mondo che non c'è più, da vagheggiare in modo estetico, indolente, senza costrutto. Una dandy che, per curarsi i lividi delle sue rovinose cadute dai voli pindarici che compie allo scopo di sottrarsi al confronto con la rozza ma impegnativa realtà quotidiana, va a rifugiarsi nel kitsch delle "buone cose di pessimo gusto".

Dalle stelle alle stalle. E viceversa, su e giù da una montagna russa che la stordisce, la placa e la infervora. Sconvolta, con lo stomaco sottosopra, spaventata e ammaccata. Ma illusa che sia meglio distrarsi così piuttosto che affrontare la banale e terribile concretezza che da sempre, per pregressi buoni motivi, la atterrisce.

E insomma: confesso che, tra le mie segrete miserie, c'è una perversa passione per le vischiosità delle canzoni di Baglioni e Venditti. 

Il primo lamentoso compagno di merende dei miei diciott'anni, testimone e complice dei miei turbamenti sentimentali e sessuali del periodo.
Di lui ho ripreso, nascondendomi come una ladra, a riascoltare roba nel febbraio 2006; anno in cui il mio ex ex capo, allora ancora solo collega, venne trasferito ad altra sede per promozione e se ne andò dalla stanza matrimoniale che dividevamo da sei anni prima. Come tutti i matrimoni, stavamo attraversando una crisi, e ci comportavamo come Sandra e Raimondo in casa Vianello già da un po'. Dunque mi sembrò, al momento, che il suo trasferimento mi facesse piacere; al massimo, mi lasciasse indifferente. Celiando, allora, gli misi su, il lunedì della sua ultima settimana, in ufficio, la canzone sottostante. Scoprendo poi che invece, scherzando scherzando, ero entrata in una telenovela sudamericana di scene madri in cui mi si aprivano ad ogni piè sospinto - in stanza, nei corridoi, al bar all'angolo, per strada, a casa mia - le cataratte di una diga di lacrime che allagò cose e persone, compreso lui e il suo vestito di tweed di buon taglio, per quello ed altri giorni a venire. Favore che lui mi restituì puntualmente ad aprile 2011, quando, dopo esser tornato da noi come nostro dirigente per tre anni, ed esser io stata la sua segretaria personale, fu ritrasferito, stavolta per degradamento, e si mise letteralmente a piangermi addosso, alla faccia del nostro rapporto burrascoso e non di rado rancoroso, senza riuscire a smettere, per un tempo equivalente al mio precedente, se non addirittura superiore.

Questa la canzone, che mi è rivenuta in mente per un complesso di sensazioni idiote in questi giorni. E che riascolto assaporandone tutta la squallida, melensa tenerezza.


(Brrrrr. Mi pare che per adesso basti e avanzi. La canzone di Venditti ve la risparmio, per oggi. Rimandiamola a domani. Buon sabato a tutti)

(Ringrazio la Volpe per avermi spiegato il sistema di sovrascrivere un link. Hai visto, Giulio? Funziona. Ho imparato!)


12 commenti:

  1. Ma il sabato, invece di mangiarsi la spazzatura oppure di ascoltare voce, parole e musica che più dolciastre non si può, non si potrebbe evocare, invece di Gozzano, Madame Bovary oppure Mademoiselle de Maupin? Magari ti verrebbe voglia di fare spensieratamente le pulizie.

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    1. Diobono, Ambra, Madame Bovary proprio no... E manco Anna Karenina, Diocisalvi XD
      (Su Mademoiselle de Maupin ci sto facendo più di un pensierino, invece!)

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  2. Io non alzo nessuna mano e neppure una delle due, mi limito a "far
    finta" di non aver mai subito alcuna fascinazione.

    Credo che ci si senta meglio a piangere in due.

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    1. Purché si pianga in sincrono, non così scoordinati. Sennò è peggio.

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  3. Io le alzo tutte e due perchè quel giorno in mezzo a quel marasma c'ero. Eppoi perchè come diceva Poe :"è così rigorosamente vero e
    dimostrabile che l’attrazione e la repulsione sono le uniche proprietà attraverso cui percepiamo l’universo."
    Gros bisous et un chaleureux merci!
    Pierrot

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    1. TU STAI AL WEMBLEY STADIUM? Nooooooooo <3

      (La frase di Poe non la conoscevo, mi ha folgorata)

      Grazie, Pierrot. Bacioni grandi anche a te, con gratitudine altrettanto calorosa! :*

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    2. STAVI, non STAI. Nella foga mi son tremate le dita ^^

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    3. Oui c'ero grazie a uno zio discografico :))

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  4. quella melensa tenerezza ci appartiene, e non la confinerei nella spazzatura, ma nell'angolo dove si conservano i dolci. comunque concordo, a volte nella spazzatura si trovano cose interessantissime

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