venerdì 3 maggio 2013

L'isola misteriosa/2

Adesso, novella Gulliver di ritorno da una delle sue avventure in paesi remoti e favolosi, riprendo a scrivere qui sotto in ordine sparso a mo' di appunti di viaggio altre ovvietà che per me sanno di epocali scoperte.

L'aria di Londra non è affatto inquinata come me l'aspettavo, forte delle reminiscenze di descrizioni dickensiane di coltri di fumo e nebbia; anzi, è alquanto respirabile, ben diversa da quella di Roma: in parte grazie al già menzionato vento freddissimo ed impetuoso che spazza via ogni scoria come quello che in Mary Poppins fa volar via le aspiranti governanti davanti alla casa dei Banks, in parte grazie alla mancanza di congestione della circolazione stradale. L'onda di traffico scorrevole e non isterico, composta principalmente da file di cab multicolori - il nero prevale ancora, ma non egemonizza - affiancate ad intermittenza dal veloce passaggio sulle corsie preferenziali dei famosi bus rossi a due piani, si snoda ordinatamente lungo i grandi viali e non si accalca agli incroci. Consentendo così ai pedoni di praticare senza danni lo sport universale: attraversare col rosso. In moto perpetuo piccole carovane passano col rosso incessantemente, ritualmente, signorilmente, senza bisogno di accelerare il passo. Però sempre badando, senza darlo a notare, di non intralciare con la loro infrazione il flusso dei veicoli. Perché il pedone, a Londra, è signore e padrone delle strade: tuttavia, emulando il contegno della maestà che lo sopravanza per simbolica autorità, egli non fa sguaiati abusi della propria supremazia.

Del re pedone il ciclista è il primo vassallo. Vuoi di proprietà personale, vuoi prelevate dalle rastrelliere del noleggio allocate ad ogni angolo di strada (per questo sempre vuote) le bici sono ovunque, da Belgravia alla City, da Piccadilly a Westminster a Southwark, lietamente lanciate in libertà su chilometri (meglio, miglia) di piste ciclabili di un colore blu di piacevole effetto visivo che ravviva l'austerità di certe grosse arterie di scorrimento.

Assenti quasi del tutto i ciclomotori (si assiste sporadicamente al transito di qualche moto isolata), dopo la doverosa menzione d'ossequio alla mitica London underground che collega, intersecandosi nella trama delle duecentocinquanta miglia delle sue molteplici linee, a tutti gli altri ogni punto della città e, grazie agli scambi con le stazioni ferroviarie, dell'intera Inghilterra, si passa direttamente alla sottocategoria dei veicoli con più di due ruote, all'interno della quale l'autovettura privata è senza dubbio il mezzo meno valutato, un gradino sotto i trasporti pubblici, che in grandi e piccole mandrie colorate battono senza sosta reticoli di percorsi, e persino sotto i pullman turistici. In una metropoli dove si espongono cartelli sui cancelli antistanti i  portoni che invitano (non vietano: la locuzione not allowed non è diffusa) a non assicurare la catena della bici alle sbarre per evitare la rimozione della medesima, l'auto sente di essere una mal tollerata sorvegliata speciale, e si adegua a mantenere perciò un basso profilo, scivolando disciplinatamente su e giù per i dolci pendii del centro città senza mai strombettare, senza superare i limiti di velocità, senza fare manovre spericolate, e soprattutto senza mai, mai, mai osare sostare in doppia fila, che lì dev'esser considerato esecrabile reato quasi al pari del pigliare la metro senza pagare il biglietto (atto, quest'ultimo, che può costare, se ho decifrato bene i manifesti esplicitanti, una macchia sulla fedina penale).

Il pedone, re delle strade, a Londra è tutelato come un bimbo. All'altezza di ogni attraversamento, nelle municipalità del centro, scendendo il marciapiede si mettono i piedi sulle scritte : "LOOK RIGHT" e "LOOK LEFT" in successione, replicate con minuzia certosina: certo per sventare investimenti a ripetizione (e infatti mi sono state ben giovevoli, perché nell'eternità che avrebbe impiegato motu proprio il mio poco reattivo cervello ad applicarsi nel decostruire l'allerta pavloviana di "guardaprimaasinistraepoiadestra" e invertire il movimento dei muscoli del collo avrei fatto in tempo a farmi tirar sotto cinque o sei volte ad ogni incrocio). Ma, essendo con ogni evidenza dedicate agli stranieri adusi alla cultura dell'opposto senso di marcia - i tre quarti degli altri abitanti del globo, in pratica -, anche in concessione allo snobismo elitario di chi, nell'atto stesso di  piegarsi a scendere a patti con l'evidenza della propria minoritaria diversità, in realtà, con elegante alterigia, la sottolinea e la rivendica. Quelle scritte, visibili ovunque, dipinte in ogni verso con un'attenzione che sa di ostinazione e tenacia valgono come un'affermazione di fierezza per l'unicità di essere in controtendenza, caratteristica attribuita al popolo britannico anche nelle storielle come quella che vuole gli inglesi favellare, commentando il maltempo, "nebbia sulla Manica, il Continente è isolato".

Circondati da tutta questa cura, e noncuranti di essa come se fosse nell'ordine naturale delle cose, i londinesi per strada camminano spediti, leggeri, decisi, concentrati, talvolta frettolosi, ma senza l'urgenza di chi è in ritardo, i più parlando tra loro velocemente con voce bassa, controllata, senza gesticolare. Anche i bambini. Le poche volte che ho incrociato sul mio tragitto un bambino urlante o bizzoso, costui si rivelava immancabilmente essere un bambino italiano.

L'integrazione, che lì è comunque avanti anni luce alla nostra, ingloba, tra i più pazienti e cortesi esponenti di una popolazione cortese e paziente, copiose schiere di indiani e pachistani inseriti in ogni ganglio della vita produttiva della città, pur se prevalentemente in ruoli subordinati: dipendenti delle ferrovie, commessi nei negozi, cassieri nei supermarket, custodi nei musei: i più empatici, anche, difettando in loro quella punta di fredda riservatezza british che marca il discreto ma fermo distacco tra ogni inglese autoctono e il resto del mondo.

Ah, i custodi dei musei! Quanto sono, per un'italiana, esemplari di una fauna affascinante! Così come gli addetti alla subway o i conducenti di bus. Specie animali sconosciute nell'italico territorio, forse estinte, forse mai giunte a calpestare i nostri suoli, costoro lavorano nel pubblico, rappresentanti e mediatori tra lo Stato e i cittadini, e lo fanno con tale spontanea dignità, competenza, contegno e impegno che per i nostri occhi ha del miracoloso.

Gli autisti di bus ad ogni fermata staccano le mani dal volante, si girano di novanta gradi verso il vetro che alla loro sinistra li separa dai passeggeri, si mutano per un paio di minuti in impiegati di sportello, e in tal guisa, udite udite, controllano i biglietti, peraltro (a buon diritto, vista la qualità del servizio) cari assai, dei viaggiatori che salgono, esclusivamente e correttamente, dalla porta anteriore (a nessun abitante di Londra verrebbe mai in mente di contravvenire a questa disposizione: dal che è facile immaginare le perplessità di quelli di loro che, a loro volta turisti in vacanza a Roma, si debbano misurare con quell'assalto alla diligenza che accompagna qui ogni arrivo di autobus.)! Da noi, se si decretasse una soluzione del genere, ci sarebbe una levata di scudi da parte di tutti i comparti, conducenti, controllori e passeggeri: scenderebbero in piazza i Cobas, l'UGL minaccerebbe blocchi del traffico, la CGIL promuoverebbe un inutile referendum tra gli iscritti, e CISL e UIL tenterebbero di monetizzare il monetizzabile firmando un accordo con l'amministrazione dei trasporti per la creazione di una nuova figura di "autista controllore" con salario individuale accessorio maggiorato ad hoc - qualifica che diverrebbe perciò all'istante ulteriore strumento di iniquità quale ennesimo privilegio disponibile pei raccomandati imboscati dietro una scrivania.

Tra il personale della subway spiccano gli strani personaggi col cartellino "assistenza agli utenti", palesemente incaricati, tra le altre incombenze, anche di prestare aiuto ai viaggiatori impantanati nella complessa operazione di impostazione del biglietto a costo giusto (con una dozzina di linee di metropolitana intrecciate in decine e decine di coincidenze e tariffe modulate in base a nove diverse zone di percorrenza un neofita può, persino se madrelingua, incorrere in qualche piccola oggettiva difficoltà). Disponibili, pratici ed efficienti, costoro possono, incredibile visu, arrivare a schiacciare i pulsanti ed inserire i tuoi soldi nella buchetta dell'emettitrice in tua vece, esercitando una discrezionalità di svolgimento dei loro compiti con un'autorità che è manifesta, espressiva emanazione dell'autorevole e rigorosa potestà dello Stato in nome e per conto del quale essi stanno operando. Il contrario esatto, in pratica, della discrezionalità ad minchiam degli addetti ai pubblici servizi (lo dico da impiegata addetta a un pubblico servizio), esercitata in nome e per conto degli esclusivi cavoli propri,  in cui si ha la sventura di incappare, diciamo con una certa frequenza, in Italia.

Ma sono i custodi dei musei i più interessanti, i più magnificenti da osservare.
(Sui custodi dei musei, e sui musei in generale, ho troppo da raccontare. Lo farò nel prossimo post. Continua...)

8 commenti:

  1. Cri, vedere Londra attraverso i tuoi occhi raffinati, è tutt'altra cosa dall'esserci magari con amici magari per motivi di lavoro.
    Ritrovo nel tuo sofisticato eloquio impressioni ed opinioni formulatesi nella mia mente ad ogni sosta nella regale città, impressioni che mai avrei saputo esternare con l'opulenza del linguaggio, l'osservazione del dettaglio e la ricchezza delle immagini come sai farlo tu.
    I titoli dei capitoli/post ci sono già, trova un titolo per il libro e io ti faccio da agente letterario e ti propongo alle migliori case editrici. A presto.

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    1. Uh che bellezza avere con te una tale bella sintonia!
      Ti assicuro che nulla mi viene spontaneo, buttare giù e limare i miei sproloqui spigolosi è una faticaccia :D
      Grazie della disponibilità! :D
      A presto :*

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  2. Sai Cri, ti vorrei dare un consiglio. Dopo aver letto i primi due capitoli del tuo resoconto circa la vacanza a L:ondra. ti converrebbe inviarli ad un Ente del Turismo di quella città, dove potrebbero inserirla in una qualsiasi guida turistica per dimostrare urbi et orbi la perfetta organizzazione che lì regna sovrana. Elisabetta non c'entra... o sì?

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    1. Non so se c'entra, ma mi è tanto simpatica :D
      Quando sono stata davanti a Buckingham Palace ed ho visto la bandiera alta sul pennone - segno che la regina era "a casa" - mi sono emozionata :)
      (Quando puoi, se non l'hai visto, cercati un Torrent con The Queen. E' un film che mi ha commossa. E mi ha fatto voler bene ad Elizabeth the II)

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  3. Ricapitoliamo, visto che sono stato un po' latitante: allora sei stata a Londra. Nella prima puntata, scusa, nel descrivere il tuo stato d'animo prima della partenza mi sono messo a ridere. Lo so' che era roba seria la tua angoscia ma non sono riuscito a trattenermi. Molto seriamente, invece, ho affrontato la lettura che ha preceduto quell'evento, particolarmente drammatica se non ho capito male. Mi sembra, però, che l'hai superata. O meglio, l'hai voluta superare. Credo sia meglio!

    Roma 1 giugno: ho dato risposta per le "vie brevi" al mitico Aldo. Ci sarò, salvo l'imponderabile che, di questi tempi, è veramente imponderabile!

    In questa seconda puntata su Londra, invece, ho rivissuto la mia esperienza di una settimana in quella città, parecchi anni fa. Hai fatto un elenco di "cose buone" che in parte condivido. Sul tempo e la nebbia perenne, ho avuto però tutt'altra impressione! Devi essere stata fortunata! Inoltre, hai elencato anche alcune "pecche" e vorrei aggiungerne un'altra: i fottutissimi, non parlano un'altra lingua che non sia la loro, manco se gli punti una pistola tra gli occhi. Peggio, se vai in un museo, fosse il British Museum oppure la National Gallery, il Tate Modern o il Natural History Museum, non trovi un cartello direzionale, una targa o un cartello esplicativi che non siano scritti esclusivamente in inglese. Se non parli la loro lingua, come me, sei perso e quello che guardi devi immaginarlo. A meno che non hai la "fortuna" di trovare un'opuscolo esplicativo in italiano... a caro prezzo. Per fortuna con me c'erano due amiche, di cui una che viveva lì da 6 mesi, altrimenti ero spacciato, isolato, neanche mi vedevano!

    Al ritorno in Italia ero solo. Imparai un paio di frasi a memoria tipo "il mio bagaglio", oppure "dov'è l'imbarco". Come fu, come non fu, riuscii ad arrivare all'aereoporto di Heatrow, feci la mia bella e ordinata fila all'imbarco (che riuscii incredibilmente a trovare), depositai gli oggetti che avevo in tasca nel cestino, feci passare il bagaglio sotto al tunnel detector e mi avviai verso l'aereo. Fatti neanche 50 metri mi accorsi di aver lasciato il telefonino nel cestino. Tornai velocemente dove ero passato e chiesi dello stesso, anche a gesti! Mo' dimmi tu: un accidenti di telefonino anche se lo pronuncio in italiano, puoi non capire? Puoi non capire se ti mimo il telefonino accostato all'orecchio?

    Mi accompagnarono ad un bancone della direzione della polizia aereoportuale. Lì ricominciai a mimare e cristonare finché non vidi, con la coda dell'occhio, il mio telefonino al lato estremo di quel bancone, da cui spuntava solo la mia testa per quanto era alto. Lasciai perdere la tizia che non capiva, mi arrampicai letteralmente sul bancone e afferrai il telefonino. Poi, guardando la tizia allibita, tipicamente all'inglese, allargai il giaccone, feci vedere il fodero del telefonino alla cintura, vi infilai il telefono perfettamente e dissi "è mio".... cristonando!

    Direi che per il momento può bastare! Non so' se ripeterei l'esperienza, sicuramente non da solo ma con chi l'inglese lo conosce perfettamente.

    Ciao Cri, buona serata!!!

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    1. Diobono, è la terza volta che riscrivo una roba lunghissima e mi va via la linea senza salvarmela :P

      Ricomincio da tre: innanzitutto grazie della tanta grazia di Dio di questo commentone, a cui risponderò per capoversi!

      Capoverso uno: hai piena ragione. Sul divertimento (posso a buon diritto dire da oggi in poi che Bergman mi fa vomitare :D ) e anche sulle considerazioni finali. Che ho apprezzato tanto, tanto. Grazie.
      Capoverso due: io ci contavo che tu ci fossi! E che l'imponderabile si pigli una vacanza fino al 2 giugno!
      Capoverso tre: mi sono molto divertita alle tue (dis)avventure londinesi. E pensare che mi sono urtata di scendere a Stansted anzichè ad Heathrow!
      Poi: gli inglesi son spocchiosi per tante cose, la lingua in primis: me l'aspettavo e se non mi avessero dimostrato che era così mi avrebbero deluso! Per fortuna il taxista che mi ha riportato con la modica cifra di 18 pounds dal Tower Bridge a Pimlico dove alloggiavo (una distanza più o meno come da Campo de' Fiori a Piazzale Flaminio, anzi, forse a Belle Arti) ha tenuto alto l'onore facendomi ripetere tre volte Bel-gra-ve-road urlando tutte e tre le volte EEEEEHHHH??? con gli occhi sgranati, per poi pronunciarmela lui in perfetto british. Lo stesso taxista, mentre salivo le scale dell'hotel e mi sono girata all'indietro, l'ho scovato che stava lì a guardarmi, e al mio cenno di saluto ha sorriso e mi ha risalutato. Era pure un bell'uomo, somigliava a Derek Jacobi ^_^
      Non credo affatto che gli inglesi (meglio, i londinesi) siano esenti da difetti. Anzi: sono troppo riservati, per i gusti italici, cordiali ma non inclini a "fare comunella", e molto formali. Ma il loro formalismo non è di facciata, è di sostanza: è costitutivo del loro carattere, della mentalità, della cultura. Non è una pantomima ipocrita e leziosa, è qualcosa di profondo e radicato in loro, che li rende spontanei e sinceri. Per me, abituata alle commedie dell'arte italiane, è stata una boccata di ossigeno vivere tre giorni in mezzo a gente così, che non subisce le regole, né le rispetta: semplicemente le condivide. Non sono simpatici, gli inglesi. Ma hanno un tipo di antipatia che mi va molto a genio :D
      (Buon week end, Carlo! A presto!)

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  4. Fa venire voglia di andarci, a Londra. Bravissima. (penna bianca)

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    1. Grazie, Sandra :)
      (Tu non ci sei mai stata? Londra va vista, davvero: con occhi aperti, spirito d'osservazione e di avventura, e con la disponibilità ad assaporare ogni dettaglio, ogni momento. E' un'esperienza che ti interesserebbe sicuro, se ancora non l'hai fatta ;) )

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