mercoledì 4 aprile 2012

La chanson des vieux amants

Sabato, domenica, lunedì e martedì: per quattro giorni di fila ho, per un breve o ampio lasso di tempo, sospeso la mia quotidianità varcando i cancelli d'entrata di Villa Borghese, l'antico cuore verde di Roma, dall'ingresso di Valle Giulia.
Sabato e domenica ne ho fatto esperienza in compagnia di due diverse persone con le quali, per differenti motivi, ho, al presente, un rapporto significativo - il primo dei due, soprattutto, nato per caso e approfonditosi in maniera per certi versi poco comprensibile, gravato da una sorta di irrazionalità di fondo e per questo vissuto sempre con il grato e trepido stupore di aver trovato qualcosa di rara ma fragile, eterea e impalpabile bellezza che maneggio incredula, goffamente delicata, tra sconquassi di gioia e sofferenza per il costante timore del fatale momento in cui mi si frantumerà tra le dita, o svanirà all'improvviso in un battito di ciglia.
Ieri e l'altro ieri invece l'ho vissuta da sola.
Ieri di fretta, in una fugace sortita non prevista e non andata a buon fine, compiuta con addosso il familiare malessere di sentirmi mancare la terra sotto i piedi, l'usuale orgasmo che mi affanna il respiro quando tento di stringere l'illusione di star spostando l'asticella del baratro un po' più in là, di aver procrastinato ancora di un poco il redde rationem. Provando una fottuta nostalgia dell'effimera felicità agguantata nemmeno ventiquattro ore prima, sperando con tutta l'anima di ritrovare l'amore scoperto, e a quanto pare già perduto, solo il giorno precedente. Lunedì.

Perché lunedì mi capita qualcosa di eccezionale. Decido di seguire un impulso, un'intuizione non ben definita ma promettente. Mi viene improvvisamente voglia di chiudere un cerchio, e per farlo torno a Villa Borghese con la calma e il gusto di chi compie l'ultima tappa di un viaggio e assapora l'arrivo ad una meta insperatamente felice: una splendida e incognita solitudine. Non c'è due senza tre. Un, due, tre, stella, gridano i bambini giocando ad avvicinarsi alla tana. Tre, numero perfetto. Sabato, domenica e lunedì. Occhi castani, occhi verdi, occhi miei. Giovane uomo, donna matura, me, creatura sintesi delle altre due. Perfetta. Completa in me stessa.
Io emozionata, io vibrante, come al solito. Ma senza legami, che possano spezzarsi ferendomi. Viva, ricettiva, ma con un'aura protettiva, un guscio di energia buona che impedisca il mio solito disperdermi.
Io densa, io tridimensionale. Me ne accorgo forse per la prima volta. Non confusa, diffusa, ma solida e sicura. Non smarrita, proiettata nel passato o in un futuro incerto, ma presente, gravida del mio essere qui e ora.
Alzo il viso oltre le cime degli alberi più alti a bere cielo, incorporarlo in me con lo sguardo. Lascio impronte sulla terra, solchi nei mucchi di ghiaia. Stringo la mano e sento sul palmo la consistenza di velluto dei miei polpastrelli. Ci sono, e non ho bisogno di specchiarmi in nessuno per averne conferma. Non ho bisogno di niente e di nessuno. La polarità si è invertita, sono io il magnete, e invece di essere attratta attraggo io tutto a me, i rami frondosi, le infiorescenze, gli uccelli, le persone che mi passano accanto. Lo splendore che mi circonda si riflette su di me e ne viene arricchito.
Sono libera, e sola, e piena, e autonoma, bastante a me stessa. Amo. Mi amo.
Il sentimento prorompe dentro di me, mi travolge. "Ti amo, Cri!" la mia voce mi squilla nell'anima, più e più volte, in molti e molti toni ed accenti, inebriandomi fino alle lacrime.
Ho finalmente trovato l'amore della mia vita.

Mon amour, mon doux, mon tendre, mon merveilleux amour, de l'aube claire jusqu'à la fin du jour je t'aime encore, tu sais, je t'ame.





Certo ci fu qualche tempesta
anni d'amore alla follia.
Mille volte tu dicesti basta
mille volte io me ne andai via.
Ed ogni mobile ricorda
in questa stanza senza culla
i lampi dei vecchi contrasti
non c'era più una cosa giusta
avevi perso il tuo calore
ed io la febbre di conquista.
Mio amore mio dolce meraviglioso amore
dall'alba chiara finché il giorno muore
ti amo ancora sai ti amo.
So tutto delle tue magie
e tu della mia intimità
sapevo delle tue bugie
tu delle mie tristi viltà.
So che hai avuto degli amanti
bisogna pur passare il tempo
bisogna pur che il corpo esulti
ma c'é voluto del talento
per riuscire ad invecchiare senza diventare adulti.
Mio amore mio dolce mio meraviglioso amore
dall'alba chiara finché il giorno muore
ti amo ancora sai ti amo.
Il tempo passa e ci scoraggia
tormenti sulla nostra via
ma dimmi c'é peggior insidia
che amarsi con monotonia.
Adesso piangi molto dopo
io mi dispero con ritardo
non abbiamo più misteri
si lascia meno fare al caso
scendiamo a patti con la terra
però é la stessa dolce guerra.
Mon amour
mon doux, mon tendre, mon merveilleux amour
de l'aube claire jusqu'à la fin du jour
je t'aime encore, tu sais, je t'ame.


6 commenti:

  1. Un poeta - o una poetessa - non avrebbe saputo descrivere meglio ciò che si prova verso un'altra persona e quello che,
    tornando con i piedi in terra, si sente di provare verso se stessi.
    Che cosa è più importante? Che cosa ha più valore? In parole povere cosa conta di più? Quali risposte dare a queste domande?
    Forse c'è un'unica risposta: potrebbe essere la frase finale di questo post "Ho finalmente trovato l'amore della mia vita"

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  2. Aldo, me l'hai fatta alle spalle! :D

    Certo che la risposta potrebbe essere la frase finale. Dopo averla scritta però mi sono resa conto di aver fatto la scoperta dell'acqua calda quando mi è sovvenuta all'istante l'inflazionatissima citazione, tirata da ogni parte senza vergogna dai più, da Il marito ideale del grande Oscar: "amare se stessi è l'inizio di un idillio che dura tutta la vita"... :D

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  3. queste parole non si possono commentare... ma si possono abbracciare ;)
    Io a dirmi "ti amo" non ci sono ancora arrivata. Non lo so più dire e se devo dirlo, lo dico ai miei figli, non certo a me stessa. Non certo agli uomini che me lo risbattono in faccia tra le risate. A me no. Ancora a questo non ci sono arrivata.
    Finirà che non lo dirò più, e così il problema è risolto.

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  4. Martina carissima, certe volte potrebbe anche esser peggio dirlo ad uomini impermeabili, muri di gomma che invece di ridere fanno la faccia grave e compresa, e invece poi non hanno compreso una minchia, o non hanno fatto comprendere una minchia. In questi frangenti capisco chi dice che le verrebbe voglia di passare all'altra sponda per lo sconforto.
    Anch'io ai miei figli lo dico spesso... E lì, davvero, non importa se loro ricambino le mie parole. Un bacio grande.

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