giovedì 12 aprile 2012

Pensavo fosse amore invece era un calesse

Un, due, tre, stella. Capitolazione.

Ad un rovescio puoi far fronte. Veleggi tra disincanto e dispiacere, tra esausta malinconia e improvvisi picchi di indignazione per la beffa che ti sei giocata da sola, ondeggi, caracolli, come una zattera tra i flutti, ogni tanto sdruccioli, ma prima di finir di cadere stringi i denti, allarghi le gambe e ti industri a restare in piedi.

Puoi far fronte anche al secondo. Anzi, l'incalzare del continuo pavesarsi in rassegna degli spettri del primo nella testa dolorante ti tiene la mente occupata, impedendoti di cedere all'ansia, alla paura di cui è permeata l'atmosfera di sventura che aleggia intorno all'evento, alla sofferenza delle persone immerse nella disgrazia che ti stanno intorno, consentendoti di rimanere lucida, efficiente, operativa, e dunque più utile per loro, in quel marasma kafkiano di disumanità che è la vera tragedia nella tragedia.

Al terzo, hai finito le mani per pararti.

Accade così che, mentre fai con enorme travaglio, un passo avanti e due indietro, i conti con una disillusione e insieme con un dramma familiare in atto, ti arrivi la frecciata che non t'aspetti, quella che ti metterà kaputt. Quella per cui, a seguito di una coatta riorganizzazione del lavoro decisa dalle alte sfere, consistente nell'aleatoria chiusura di quattro uffici provinciali e nel contestuale rientro in servizio a Roma di sette persone, al tuo capo non pare vero di pigliare due piccioni con una fava - indennizzare qualcuno a cui fa gola il tuo posto del disagio dello spostamento di sede e al contempo far tacere le lamentele di un alacre panzer da cui tutti rifuggono come la peste per il suo modo bizantino di lavorare che sta sempre a martellargli le orecchie per ottenere un aiuto valido - e ti annunci perciò serafico che ti deve chiedere "una grossa cortesia".
Cortesia obbligata. Che devi fargli prima di subito.
E così da domani sei sbattuta fuori dal tuo ruolo, dalla tua scrivania, dalla tua stanza con Claudio, da tutto.
E quello che più di ogni altra cosa ti spezza dentro è constatare come sia successo perché, anche qui, hai abbassato la guardia. Perché non te l'aspettavi, non te lo saresti mai aspettato, e men che mai dall'oggi al domani, senza preavviso. Perché hai scommesso sulle relazioni tra le persone, e, come sempre, hai perso.
Sulla sintonia col capo, che hai conosciuto come semplice funzionario iperemotivo insofferente alle procedure più di vent'anni fa, del cui carattere - "brutto", come si dice di tutti quelli che hanno carattere (che sembrano avere carattere) - hai preso le misure, che facevi simile a te, dai tratti ossessivo compulsivi come i tuoi, e come te aperto di mente, capace di orizzonti meno angusti di quelli di un piccolo burocrate, come tanti ne hai visti, che abdicano alla loro intelligenza pur di non mettere a repentaglio la poltrona. Su quella con il panzer, tuo coetaneo, col quale hai condiviso tante cose dell'esistenza, piangendoci insieme, tenendogli la mano, raccontandogli le tue vicende private, ascoltando le sue, tra compleanni dei figli, funerali dei padri, compravendite e passaggi di proprietà di pandine, confidenze intime, abbracci e sguardi d'affetto tra esseri umani.

E ora questi due, su cui avresti puntato ad occhi chiusi, si sono accordati tra loro alle tue spalle, senza farsi sfuggire una parola preventiva, come se tu fossi un oggetto nelle loro mani, senza propria volontà, senza potere decisionale, senza sentimenti di cui aver cura. E quanto ti fa male constatare che la tua indole di ingenua entusiasta anche stavolta finisce umiliata e calpestata. Doverti rendere conto di come tutto il mondo, in questi giorni, paia accanitamente concentrato a distruggere la primigenia innocenza che tu, ostinata e ottusa, mantieni radicata nella tua anima.

"Fa', qui mi stai sconvolgendo all'improvviso una fetta di vita"
"Ma che vita, Cri. Questo è lavoro. Io sono un dirigente, debbo organizzare, ottimizzare il lavoro..."

Hai cominciato a vivere troppo tardi, Cri. Non sei attrezzata. E soprattutto non lo sei mentalmente. Non solo non sai, non vuoi, guardarti le spalle. Sei sempre troppo scoperta, disarmata, esposta. Non riesci a convincerti della necessità di abbandonare la tua fiducia nell'intrinseca bontà ed efficacia dell'amore in favore di un giusto ed opportuno cinismo.
Quell'amore che ogni volta ti illudi ti proteggerà da amari disincanti con la forza della simpatia che credi di sentir scorrere tra te e il tuo prossimo nel totem immacolato e assoluto che sono per te i rapporti interpersonali.
Quante prove ancora, e di quale entità, ti occorreranno per farti cambiare idea? Per costringerti finalmente a crescere?


11 commenti:

  1. (piangere nel leggere può essere un commento?)

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  2. Ne fai uno al giorno? sforni più post di quanto la Siria sforni cadaveri.

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  3. Sì, Dan, confesso di avere, tra le varie ossessioni, anche quella di riuscire a dare un ritmo cadenzato del genere al blog. Davvero ;)

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  4. Ciao Cri, passavo di qua e ho letto il tuo post...
    Purtroppo mi rendo conto ogni giorno di più, che la gente oggi è piena di cinismo e opportunismo. Finché fai comodo puoi girare con loro sulla giostra... ma come non hanno più bisogno di te... ti fanno scendere senza neanche fermarla, e così ti fai proprio male. La lealtà, la simpatia,la purezza di cuore nel mondo odierno sono poco riconosciuti ma... grazie al cielo ancora esistono belle persone......
    Vania

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    1. Vania, ben arrivata :)
      Io credo che la gente sia sempre stata cinica ed opportunista, in qualsiasi epoca. E' più facile vivere così, almeno in apparenza, invece di fare i conti colle proprie fragilità irrisolte. E che non esistano belle o brutte persone. Solo persone e non-persone, ecco...
      Boh, cerchiamo di non perdere fiducia nel genere umano.

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  5. Spero di non avere frainteso... comunque hai ancora il posto di lavoro, vero?
    nella convinzione spero giusta che tu non sia disoccupata, ti dico col mio solito cinismo: ecco perché io non mi innamoro più.
    Te l'ho detto a voce, te lo ridico qui. Ho passato una vita ad umiliarmi perché gli uomini accettassero il mio amore. Leggi bene quanto sono stata idiota. Anche in quel famoso diario da cui ho recuperato la famosa poesia, ho trovato una nota in cui ringraziavo (!!) il mio fidanzato di allora perché accettava il mio amore. Ma pensa un po' che idiozia. Non ho mai chiesto, neanche nel lavoro. Ho sempre cercato di accontentare tutti, sempre implorato l'accettazione.
    Eccomi qui. sai che fine ho fatto.
    Ecco perché non scommetto più sulle relazioni tra le persone. Ho anch'io abbassato la guardia, e fino a troppo recentemente.
    Adesso vivo nella mia beata solitudine, che non è isolamento, bada bene, perché vivo circondata da meravigliose persone, che non hanno secondi fini e non mi chiedono di abbassare la guardia perché sanno come sono, sanno come ho vissuto e mi accettano, corazza e tutto.
    Ma colleghi e amanti? No grazie, nessuna concessione. La vita è troppo preziosa. Già dato.
    Un abbraccio cara, fammi una bella danza metereologica per domani ;) E scusa per il cinismo, ma così la vita mi ha modellato.

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    1. Ho letto del successone della mia danza della pioggia :)

      Sì, Martina, non mi hanno licenziata. Solo punita :)

      Anch'io sono stata accondiscendente tutta la vita. Sul lavoro ho fatto tutto sulle mie forze, mi sono spaccata in quattro per un sacco di tempo per dimostrare chissà che cosa a chissà chi, sono avanzata di grado facendo concorsi su concorsi sulla mia pelle; l'ultimo, quello per funzionario, l'ho fatto studiando per tre mesi decine di leggi per imparare tremila quiz; ho vergato le settanta risposte giuste in dieci - leggasi dieci - minuti, la penna mi correva sul foglio come in una scrittura automatica, tanto ero preparata, ho preso ovviamente il massimo; e i miei colleghi, che pure mi conoscono, che sanno quello che valgo e che mi avevano vista studiare, son stati capaci di spargere in giro il venticello della calunnia che mi avessero fatto il compito quelli della commissione :)
      Gli stessi colleghi che oggi mi silurano. Gli stessi che mi hanno umiliata in mille modi da più di vent'anni a questa parte, in un posto di lavoro dove sono finita - anche questo - per compiacere la mia aguzzina suprema, che mi ha costretta a lasciare un impiego dove ero gratificata sia economicamente che umanamente, per andare a buttarmi nel mare sporco del pubblico, dove non c'è meritocrazia, né serietà, né professionalità. Solo comaraggine, mezzucci, bassezze. E ora, in controtendenza, vorrei licenziarmi, per non perdere definitivamente la mia salute fisica e mentale. Non ora, eh. Diciamo da almeno un paio d'anni a questa parte. Da quando ho cominciato - purtroppo alquanto tardivamente - a prendere coscienza di me stessa...
      La vita è troppo preziosa. Hai ragione. E bisognerà che io mi faccia coraggio. Rispettandomi, e dandomi il diritto di lottare per me stessa.
      Ti abbraccio forte, ma forte, ma forte!!!
      :*

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  6. Cri, non compiacere nessuno se non te stessa. Che poi dato da me, questo suggerimento fa tanto ridere, dato che ho passato una vita a compiacere tutti.
    Ora è il tempo anche per te. Valuta i pro e i contro e se devi lanciarti nel vuoto... fallo :)
    Un forte abbraccio anche a te, oggi è tornato il sereno ;)

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  7. quanto ti capisco! sto vivendo un inferno simile, ma devo resistere! la mia vità è preziosa e più importante. ti abbraccio

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    1. Grazie, Alessandra. Facciamoci coraggio, siamo donne. Siamo forti.

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