mercoledì 5 giugno 2013

Braveheart

Uscì dall'ascensore già trafelata: erano più in ritardo del solito.
"Cribbio, figlia giacobina, sono le otto e un quarto! Oggi davvero te lo scordi di arrivare entro le otto e venticinque."
"Chissenefrega, tanto ormai è finita" rispose la giacobina insolitamente rilassata, inducendole per riflesso un rallentamento dell'andatura frenetica.
Fu per questo, con tutta probabilità, che lo vide.
Girato l'angolo dell'androne, sul muro adiacente all'ascensore della scala A, tra le cassette delle poste, nella bacheca condominiale, ella lo vide.
Vide il manifestino variopinto che invitava a votare al ballottaggio della domenica seguente il sindaco uscente, con l'immagine infelice della faccia di quell'ominide piccolo e sgraziato, brutto, avulso in tutto alla città da lui amministrata per quanto avesse fatto per renderla a lui somigliante, e sotto la scritta "Abbiamo salvato Roma."
La sua retina registrò parole che il suo cervello si rifiutava di elaborare.
"Ab-bia-mo.sal-va-to.Ro-ma?"
Poi realizzò. Farlo e abbattersi come una furia sullo sportello della bacheca, tentando di forzarlo a pugni, fu tutt'uno. Ottenne invece solo di rincalcarlo verso l'interno. Ma anche così deformato il maledetto restava  ermeticamente chiuso, geloso e malevolo custode dell'ignobile foglio propagandistico. Sarebbero occorse le chiavi, in dotazione solo all'amministratore e ai consiglieri del condominio. E siccome il manifestino risultava perfettamente appoggiato alla parete della teca era evidente che non era stato infilato da sopra, ma accuratamente posto e steso da qualcuno che le chiavi le aveva.
Che nel suo condominio ci fosse una maggioranza, o comunque una chiassosa minoranza, di bruti e idioti fascisti era cosa amaramente risaputa, tentò di razionalizzare lei per calmarsi. Provò a consolarsi  pensando che per fortuna nel suo quartiere questo palazzo politicamente in controtendenza col resto della popolazione che vi risiedeva era considerabile ancora una mosca bianca, e perciò un manifestino, ancorché recante uno slogan, più che menzognero, inconcepibile, che gridava vendetta a Dio, non avrebbe influito in modo significativo sul corso degli eventi. 
Fece un profondo respiro. Attraversò l'androne, uscì dal portone, se lo chiuse alle spalle e fu fuori.
L'aria tersa e fresca del mattino le snebbiò le idee.
Si guardò intorno, guardò lo schifo dei cassonetti traboccanti di rifiuti, le saracinesche abbassate su polverosi magazzini abbandonati, le macchine ammassate in terza e quarta fila, la zozzeria per strada. Immaginò le zoccole di fogna correre assatanate sotto lo strato dell'asfalto. Cinque, ne aveva trovate l'uomo che puliva le scale, morte in cantina, dopo che aveva messo le esche col veleno a seguito del passeggio serale di un paio di loro, una arrivata fino al pianerottolo del quinto piano. Pensò alla recrudescenza di furti dei ladri d'appartamento, al Colosseo che perdeva i pezzi, ai tagli dei posti negli asili nido, alla metro C coi lavori indietro di oltre due anni, ai mezzi pubblici in sfacelo, all'illegalità che aveva colonizzato ogni cantone, alle sparatorie per strada, all'inciviltà imperante che aveva superato ogni livello di guardia. 
Le tornò l'impulso di prima di sfasciare tutto. Ma stavolta incanalato in una direzione risolutiva.
Divenne lucida, determinata e calmissima.
Seraficamente chiese alla giacobina: "hai per caso un foglio di carta?"
Quella la guardò con occhi d'intesa, e, senza proferire parola, aprì la borsa, ne estrasse un quaderno ad anelli coi fogli celesti, ne strappò uno e glielo porse.
Lei sorrise. "Grazie. Ora chinati, così ti uso come tavolino. Devo scrivere."
Due minuti dopo era attaccata al campanello del citofono. 
"Aprimi, ho dimenticato di mettere una cosa nella bacheca del condominio" ordinò imperiosa al marito assonnato.
Per colmo di sventura il colpo che aveva assestato allo sportello l'aveva piegato all'indietro, stringendo la fessura dove avrebbe dovuto infilare il foglio. Le venne da ridere, all'idea che aveva rischiato di sabotarsi da sola. Ma insistette fino a che il foglio non passò. Di largo invece che di lungo, ma passò.
Arretrò di due passi per contemplare compiaciuta la sua opera. Si sentiva benissimo, ora: aveva ottenuto il suo scopo, anzi, aveva preso due piccioni con una fava.
La faccia del sindaco era completamente coperta dal foglietto. Sul quale chiunque, inclinando appena la testa, avrebbe potuto agevolmente leggere a caratteri cubitali "AVETE IL CULO COME LA FACCIA. PEZZI DI MERDA."
E solo a quel punto si avviò, soddisfatta, a cominciare lietamente la giornata.
Poi, quando arrivò in ufficio e lo raccontò alla sua collega caterpillar grillina, ottenendo in replica un rabbioso "quello è uguale a tutti gli altri" l'armonia psichica recuperata andò subito a farsi benedire...

12 commenti:

  1. Cos'altro ci si poteva aspettare da un "prisma forgiato al buio"?
    Un più che giustificato processo liberatorio per alleggerire il senso di impotenza e sconfitta che colpisce tutti noi da tempo.

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    1. :D
      Certe volte come prisma mi verrebbe voglia di lanciarmi quale oggetto contundente :D

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  2. Se fosse capitato a me di vedere un manifestino di tale tipo nell'androne del mio palazzo, avrei adoperato un pezzo di cartone sul quale avrei scritto a caratteri cubitali le tue parole senza cambiare una virgola aggiungendovi qualcosa di mia creazione con frasi che qui, per decenza,
    è meglio non riportare.

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    1. Essù, Aldo, non fare il discreto e mettimi a parte delle tue creazioni! Mi possono sempre tornare utili quando i teppisti figli dei miei vicini del piano di sotto incidono croci celtiche accanto al muro dell'ascensore ^_^

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  3. ma come siete cattivi ... Lui ha salvato Roma dai Comunisti. Purtroppo non è riuscito a salvare anche i romani, ma in fondo è un essere umano come tutti.

    Ora io non mi aspetto granchè da Marino, spero solo in un minimo di maggiore onestà intellettuale, consapevole che guidare una città come Roma è un bel mal di testa. Ma dire che è uguale al nostro sindaco uscente ... bè, dì alla tua amica grillina che non è ... diciamo ... molto oggettiva

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    1. Commento perfetto che condivido in tutto e per tutto: sia nella disamina del sindaco salvatore :D, sia nelle considerazioni su Marino. Ha proprio l'oggettività che manca alla mia collega e a molti altri, purtroppo, in questi tempi di furibondo e ottuso manicheismo...

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    1. <3
      detto dal mio osservatore di Roma preferito è un complimentone. Mi fai arrossire e mi commuovi!
      :*

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  5. Post degno di un romanzo di Campanile. Chapeau :)

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    1. Eh, grazie, magari, Domine non sum digna, disse lei. Sicuramente però l'atmosfera che c'era ai tempi di Campanile, nel ventennio mussoliniano, non è che manchi del tutto, eh. Bisognava campare, e gli umoristi aguzzarono gli ingegni, e che ingegni vennero fuori. Speriamo di non diventare davvero anch'io brava così, significherebbe che c'è davvero una gran brutta aria...

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    1. E io sono d'accordo con tutti e due voi!
      Salutoni e alla prossima, sì :)

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