martedì 10 settembre 2013

La freccia nera




Lo scorso martedì sera, al Globe, ho assistito al mio primo Riccardo III, notissimo capolavoro, ancorché minore, del Grande Bardo, che ho scoperto essere la sua opera più rappresentata: batte persino Amleto.
Minore perché giovanile, acerba, la trascendente originalità della sua successiva titanica, immortale produzione qui ancora solo sfiorata, e non ancora raggiunta l'emancipazione dal gusto gotico che permea i drammi nerissimi di Marlowe e degli altri suoi colleghi contemporanei fino a quel momento più celebri di lui, è né più né meno che una divertente e folle carneficina familiare senza tregua e senza respiro, attuata e narrata insieme, con lugubre entusiasmo e raccapricciante giocondità, dal suo artefice Riccardo di Glouchester, rispettivamente fratello, cugino, zio diretto o acquisito e marito di malcapitati York, alcuni dei quali peraltro a loro volta responsabili, quando non strettamente fautori, di precedenti delitti a danno di svariati Lancaster, altri loro congiunti, tutti maturati nel solco di quella lunga scia di sangue versata tra quelle due casate, entrambe discendenti dall'unica schiatta dei Plantageneti, per la supremazia sul trono d'Inghilterra, passata alla storia col titolo di Guerra delle due Rose.
Datosi che lo spettatore è consapevole che la fragorosa e cruenta sarabanda a cui assiste è effettivamente avvenuta, il suo primo pensiero, insieme a "quanto rimpiango in 'sto momento di essermene fregato a scuola dei cazzi e mazzi della monarchia pre Tudor, se l'avessi studiata come si deve adesso mi raccapezzerei in questo groviglio di parentele e di ammazzamenti di gente che si chiama tutta allo stesso modo, tre Riccardi, tre Enrichi, tre Edoardi, due Margherite, due Elisabette" è "ammazza, però, gli inglesi, che delicatezza di spirito, che attaccamento alla famiglia, che riguardo, che nobiltà d'animo! C'hanno un popo' di antenati di questa risma, che ospitavano i parenti stretti nella Torre di Londra e li ossequiavano a colpi di mannaia o facendoli strangolare, e ora fanno i fichi con il british understatement. Ma mi facessero il piacere."
In realtà poi sembra che questo Riccardo duca di Glouchester, assurto ad emblema di tutte le efferatezze compiute dagli York e dai Lancaster, non fosse il mostro di malvagità che il Grande Bardo pretende. Non più degli altri, almeno. E' vero, usurpò il trono dei figli del fratello (la cui morte, peraltro, pare, avvenne per cause naturali, ed egli non ne ebbe dunque sorprendentemente parte) - quell'Edoardo che l'aveva strappato al precedente re Enrico Lancaster e a suo figlio, tolti dal mondo ad opera del medesimo Riccardo nel suo periodo di fedeltà alla famiglia - dichiarandoli eredi illegittimi del sovrano defunto, facendoli rinchiudere nella torre di Londra e lasciandoli lì a morire d'inedia, o aiutati da un paio di sicari (anche se in tempi recenti, se non sull'imprigionamento, quanto meno sull'ordine di omicidio dei due principini la colpevolezza di Riccardo è stata messa in forse, un forse che scagiona lui per coinvolgere il "buono" Lancaster, l'eroico liberatore Enrico Tudor che lo sconfisse e lo lasciò morto nella battaglia di Bosworth Field salendo al trono al posto suo: ma nemmeno la storia può combattere contro Shakespeare e averla vinta), più o meno in contemporanea all'altro suo fratello conte di Clarence, a cui aveva fatto fare poco prima la stessa fine, per poi occuparsi di far passare a miglior vita la sua regina, lady Anne vedova Lancaster, sua antica promessa sposa divenuta sua moglie dopo che lui aveva finito di ammazzarle il marito e il suocero, i succitati re Lancaster fatti fuori in precedenza (rincarando poi la dose col cognato, dato che in questo guazzabuglio sanguinoso il già menzionato Clarence figura anche come marito della di lei sorella...); non fu però un monarca particolarmente vessatore, e non venne odiato dal popolo, perlomeno non più di quanto non fossero odiati tutti gli altri. Ma il Riccardo III di Shakespeare viene composto per celebrare i fasti dei Tudor, eredi diretti dei Lancaster, e dunque espone il punto di vista dei vincitori. Una forzatura che, tuttavia, invece di nuocergli, ha finito per regalargli, beffardamente, una fama imperitura.
Un dettaglio, invece, pare finalmente certo, dopo secoli in cui era stata considerato mero artificio letterario volto ad esprimere e motivare una ripugnanza anche fisica per un personaggio storto nell'anima: Riccardo era davvero gobbo, a causa di una scoliosi che gli aveva deformato la spina dorsale. Così palesa lo scheletro rinvenuto nel settembre scorso in un parcheggio a Leicester, il quale, in seguito ai test del carbonio 14, è risultato compatibile con l'esistenza storica di Riccardo. E che ora si parla di comporre e di seppellire con tutti gli onori. Insomma, adesso, oltre alla tragedia di Shakespeare, di Riccardo abbiamo anche i resti: l'uomo si è ricongiunto col suo mito.
Sia come sia, è stato suggestivo godere le crudeli gesta del diabolico Riccardo, e poi la sua caduta rovinosa e gloriosa. Il suo protagonista, Maurizio Donadoni, grandissimo attore teatrale, ha restituito appieno il fascino maledetto del personaggio e la sua suadente luciferina simpatia, credibile anche nella possanza fisica che lo rendeva simile ad un orco delle favole. Ma io, gustandomi incantata la sua vitalissima performance, ho ricordato un altro Riccardo, più misurato, sinuoso, fine ed elegante: quello ammirato da bambina in uno sceneggiato televisivo che era fiabesco e avventuroso piuttosto che cupo e macabro.
Eccolo qui, a colori invece che in bianco e nero, ma insomma proprio lui, serpentesco, infido, ammaliante, magnetico, Adalberto Maria Merli nei panni di un giovane Riccardo di Glouchester ne La freccia nera di Anton Giulio Majano.

Chissà se la memoria non m'inganna... Mi toccherà proprio rivedermela per appurarlo, quell'avvincente storia di cappa e spada. Per fortuna sono una collezionista e ho tutta la serie completa in DVD...


12 commenti:

  1. ricordo appena quando da bambino lo vedevo quello sceneggiato, l'ho completamente dimenticato e neanche ricordavo più che la vicenda si intrecciava con Riccardo III

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  2. sibila il vento la notte si appresta nella cupa foresta...ancora mi ricordo la sigla, ho anche il libro di Stevenson, quanto mi piaceva quello sceneggiato, ora mi seguo in streaming una serie tv che si chiama the white queen sulla guerra delle rose, non è male

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    1. Oh, sììììì!!! (E molte molte grazie della dritta sulla serie!!! ^_^ )

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  3. Purtroppo sarò costretto ad andare fuori tema, sia pure di poco, nel commentare questo tuo post così frenetico. Mi è venuto il fiatone per leggerlo dato che volevo seguire il tuo ritmo che peraltro ti è congeniale perché fa parte del tuo essere. Ho sentito parlare del Globe Theatre sin dalla sua nascita e, se non sbaglio, il primo diciamo così a praticarlo è stato Gigi Proietti. Ma ecco il fuori tema: fino al 2011 leggeva e commentava il mio blog una gran brava blogger la quale da quell'anno in poi non è più apparsa nella blogosfera. Culturalmente ed intellettualmente preparata molto più di me - le ero e ne sono lontano mille miglia - di sinistra, antiberlusconiana e nemica acerrima di beppegrullo,così lo chiamava nei suoi post, professoressa di liceo credo, quando mi lasciava un commento nei miei post mi chiamava 'Bardo'. Per curiosità ho fatto una piccola ricerca e ho letto questo: "i bardi erano personalità importanti. Erano cantori raminghi, giullari sì ma dotti, poiché narravano gesta e leggende di cose realmente accadute, ingigantendole. Il bardo era dunque un latore di notizie, il cui compito fondamentale era informare, raccontare cosa stesse succedendo in terre lontanissime e irraggiungibili per chi ascoltava." (fonte Wikipedia). E allora, tanto per finirla e non volendo fare l'ipocrita, io dico che esagerava e il tuo post lo dimostra ampiamente. Scusami Cri per la prolissità del mio inconcludente commento ma spero nel tuo perdono.

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    1. Uh, quanto mi avrebbe fatto piacere conoscerla e praticarla, questa professoressa... Peccato non sia più reperibile :(
      I bardi erano sì persone importanti! I trovatori, i cantastorie, erano quelli che tenevano viva la memoria dei popoli, tramandando leggende e racconti che costituivano parte essenziale dell'identità di una comunità. Shakespeare è il Grande Bardo perché è un bardo inarrivabile, il compendio di tutti i bardi di ogni tempo e ogni luogo della terra; ma tu non gli sei così distante. Lui raccontava storie, tu racconti storie; lui era un attore, tu sei un attore. Secondo me, a pensarci bene, vi somigliate anche nel viso: la barbetta, gli occhi vispi... Mi hai dato un'idea: per la tua figura minuta tu non sei un bardo grande, sei un bardo piccolo! E da oggi così ti chiamerò, per distinguerti da William: lui il Grande Bardo, tu il Piccolo Bardo!!!
      (Non ti scuso se non mi giuri che mi farai altri commenti prolissi come questo!!! :D )

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  4. Ma quanto mi piace questo tuo pezzo!?
    Ha proprio il ritmo adatto a ciò che descrive...ha ragione Aldo.
    Ho visto tanti anni fa Riccardo III ...una serata infrasettimanale...ero cotta di stanchezza ma fu bellissimo: inchiodata alla poltrona.
    La Freccia nera...ho il DVD, bisogna che me lo riveda: c'è Loretta Goggi, vero?

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    1. Yessss. E c'è pure un fantastico Arnoldo Foà, che, ho scoperto spigolando sul web, durante la messa in onda dello sceneggiato dovette andare di trasmissione in trasmissione in tivvù per cercare di dissipare negli spettatori la pessima impressione che faceva nei panni del suo personaggio, il vile e senza scrupoli sir Daniel Brackley... E c'è pure Aldo Reggiani, di una bellezza assoluta, pura e semplice :)
      (Sono tanto contenta che ti sia piaciuto! E sì che è un casotto peggio del solito :D )

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  5. Lo so che ti farò inorridire eppure, dopo aver letto il tuo appassionato riassunto di quella che è una storia da me vista in uno sceneggiato tanti ma tanti anni fa, proprio tanti perché credo avessi più o meno 10 anni e non me la ricordavo più, incredibilmente mi è tornata nitida, alla mente, la canzone della sigla di inizio di ogni puntata di quello sceneggiato. In particolare, c'era quel ritornello che diceva "...sibila il vento la notte si appresta e la cupa foresta minacciosa si fa..." che ora, a ripensarci, mi ricorda tanto l'altrettanto mitico canto partigiano "...fischia il vento e infuria la bufera, scarpe rotte e pur bisogna andar..."

    Però, ancor più chiaramente, ricordo quell'altro ritornello che faceva "la freccia nera fischiando si scaglia, è la sporca canaglia che il saluto ti dà...."

    Ora vado a cercare in rete se esiste perché mi è venuta voglia di ascoltarla tutta!

    Ciao Cri, ben trovata e buona serata.

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    1. La freccia nera è una di quelle sigle che non ti levi mai più dalla mente. Come si può? ;)
      Anch'io credevo di ricordarmi che fosse la sigla d'inizio, invece, porca l'oca, è quella finale! All'inizio c'è una melodia altrettanto grandiosa, anche se mancante di quelle parole formidabili (se davvero, com'è probabile, si sono ispirati al canto partigiano per comporle vuol dire che davvero quelli erano tempi migliori...), opera del bravissimo Riz Ortolani. In rete si trova eccome; ma non serve che cerchi, basta cliccare sul video che ho inserito ai piedi del post soprastante! :D

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  6. Questa splendida full immersion negli intrighi della ancora regnante famiglia reale britannica mi ha stordito, annichilito e debordato oltre la mia capacità di percezione mentale:)
    Ma quanto percepisco e mi divertono il pre-pensiero (quanto rimpiango in 'sto momento di essermene fregato a scuola dei cazzi e mazzi della monarchia pre Tudor...) e il primo pensiero (... e ora fanno i fichi con il british understatement. Ma mi facessero il piacere) che faccio miei.
    Davvero, mi sono sbellicata dalle risa.

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    1. Ahahahaha, sono deliziata al pensiero della tua risata ^_^
      (Lo so che sono debordante, mannaggia! Sarà anche l'essermi disabituata a scrivere su skype nottate intere, non riesco più a buttare giù i concetti in modo sintetico ed efficace. Mi pare di dover continuamente chiarire, precisare, ritoccare, aggiungere, di non poter tralasciare alcun dettaglio... Alfredo dice che non gli piace come scrivo, troppo manierata; ma è che in questa fase di passaggio della mia vita mi pare di non riuscire a farmi capire in modo soddisfacente, incisivo come vorrei. Edoardo, invece, più benevolo - rivisto ieri, finalmente, con gioia reciproca, a quanto sembra - mi fa osservare sempre, con l'amorevole ma ferma intenzione di aiutarmi, come dice lui, a compattarmi, come quando parlo, dando la stura alla mia incontenibile logorrea (e anche quando scrivo, con tutta evidenza) io sia una rutilante ansiogena esplosione pirotecnica che si disperde ovunque, per come apro talmente tante nuvole di parentesi su parentesi su ogni dettaglio laterale, secondario, precedente o conseguente al nucleo essenziale del mio pensiero, come se aspirassi a ricoprire l'intera vastità dell'infinito senza lasciarne fuori nemmeno un pezzettino :D )

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